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sabato 21 gennaio 2017

Palmira: cronistoria di un crimine contro l'Umanità

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maggio 2016: concerto nell'Anfiteatro

... era il 17 maggio del 2015, quando tracciammo la nostra prima pagina su Palmira. Quando riportammo in sintesi la sua antica storia, accompagnati dalla voce di Maanum Abdelkarim,  direttore governativo delle antichità in Siria, accompagnati dalla sua preoccupazione circa "la massiccia fornitura di armamenti al Daesh procurata dall'occidente", circa la possibilità di una catastrofe internazionale "se la furia dei miliziani jihadisti dovesse raggiungere e travolgere l'antica storia", queste le sue parole. 
oggi: proscenio del teatro romano e Tetrapilo 
Il tempo da allora è trascorso. Nel tempo, breve tempo,  il Daesh occupa Palmira. 
Ed è il luglio del 2015 quando Il suo Anfiteatro romano (II sec.d.C.) si sarebbe trasformato in patibolo per 25 militari governativi che sarebbero stati decapitati, come d'uso al Daesh. Poi sarebbe stata la volta del tempio di Bel poi del tempio di Bal Shamin poi delle tre torri funerarie (I sec.d.C.) poi di molte colonne lungo la via sacra. E sarebbe stato il tempo dello scempio dell'Arco di Trionfo, ma questo avrebbe avuto una riproduzione, a Londra, l'anno successivo, nell'aprile del 2016, a Trafalgar Square. Lì, i britannici avrebbero riprodotto, in due terzi rispetto alla grandezza originale, l'Arco di Trionfo di Palmira, avrebbero usato il marmo egiziano dell'Istituto di Archeologia Digitale (IDA) di Oxford e l'avrebbero fatto in ricordo  del valore storico del sito archeologico siriano. Poi, l'Arco riprodotto, o meglio il suo modello, sarebbe andato di città in città, in Europa ed oltre. Così, per solidarietà. Una buffa storia davvero, questa. Assomiglia alla diceria sul coccodrillo che mangia i propri figli e poi piange. O forse assomiglia a quell' ipocrisia, parte integrante il cammino storico "dell'estrema isola d'occidente abitata dai barbari", per dirla sempre con Jalaluddin Akbar, il grande imperatore Moghul, in risposta agli "aiuti" di Elisabetta I d'Inghilterra, in rifiuto. Eh, sì, che si era nel XVI secolo.
Tornando ai nostri tempi, la primavera dello scorso anno 2016, sarebbe stata la volta della vittoria delle truppe governative siriane e russe sul Daesh e Palmira sarebbe stata liberata. E' allora che abbiamo sperato. E' sapendo dello sminamento di 825 ettari di territorio e di migliaia e migliaia, pare 8500, di edifici e strutture dell'antica città, da parte dell'esercito russo, abbiamo sperato ancor di più. E ancor più dell'ancor di più l'abbiamo fatto quando ai primi di maggio dello stesso 2016, l'orchestra filarmonica del teatro Marinski di San Pietroburgo, ha suonato nell'Antico anfiteatro romano di Palmira. Lì, sulle splendide note di "Una preghiera per Palmira. La musica fa rivivere le antiche mura", questo il nome del concerto, davanti a centinaia e centinaia di persone: abitanti della moderna Palmira, soldati russi, siriani, rappresentanti dell'Unesco di vari paesi, tra cui Francia, Perù, Serbia, la stessa Siria ed altri, i mondi si sono uniti e il Daesh è scomparso anche dal ricordo, ed ha continuato a farlo sulle note dell'altro concerto a seguire, lì, sempre nell'antico Anfiteatro, stavolta sulle note della banda delle forze armate siriane, dell'orchestra e del coro nazionali. Lì, abbiamo sfiorato quasi la certezza della salvezza di Palmira. L'abbiamo creduto davvero. Ma è stata una meteora affievolitasi prima del Natale, lo scorso dicembre. Affievolitasi con la rioccupazione del sito archeologico da parte del Daesh, sperata comunque momentanea.
Oggi, due giorni fa, allo scadere di un mese circa dalla nuova invasione, l'Anfiteatro si è fatto di nuovo patibolo per dodici persone, quattro civili e otto soldati governativi, poi la distruzione del proscenio dell'Anfiteatro e del Tetrapilo, altro colonnato interno. Davanti a questo la cometa si è spenta. Del tutto.
E' una grande sconfitta non solo militare, non solo di Stato, sì, certo, le forze alleate di Bashar al-Assad sono state costrette alla ritirata in periferia. Certo Palmira ha importanza strategica, la riconquista da parte delle truppe governative e delle forze ad esse alleate, era stata grande vittoria contro il Daesh. Di certo per questo è stato fatto l'impossibile perché la vittoria non continuasse ad essere, sì che, con la recrudescenza della violenza del Daesh, sempre armato dall'occidente, si impedisse ad Assad di riportare tutta la Siria sotto il Governo legittimo. Ma non è solo questo, la sconfitta è simbolica anche ad un altro livello, più sottile. 
Il fatto è che le "esecuzioni" di testimonianze storiche dell'Umanità sono ben più gravi delle esecuzioni di esseri umani. E ribadiamo un nostro pensiero più volte espresso. Pensiero che nulla ha di cinico, benché lo si possa ritenere tale, pensiero che tiene conto  di determinate filosofie o teorie, come le si voglia chiamare, secondo cui l'anima dell'uomo trasmigra di vita in vita, reincarnazione, cosa che non accade agli oggetti poiché sprovvisti di anima, oggetti strumenti di trasmissione dei pensieri di uomini che furono, oggetti-impronta del pensiero e dell'azione di uomini di quel determinato, circoscritto tempo, irripetibile sulla terra. Questo aggrava l'effetto della loro distruzione. Lo aggrava per l'Umanità. La sua propria storia. La conoscenza di sé stessa. Così, a Palmira, si continua a frantumare la conoscenza. L'Umanità.
Marika Guerrini 

sabato 14 gennaio 2017

i colori della Russia e il grigio d'Europa sulle note di Dmitri Kisalev


 "... la bandiera rossa viene ammainata in silenzio, piegata e messa via. La bandiera era sparita. Ma dell'Unione Sovietica rimangono ancora molte cose, soprattutto, come sembra, cose non materiali. La cosa più importante, che non ha prezzo, per l'esperienza che regala all'umanità, è un enorme esperimento sociale che abbiamo fatto sulla nostra pelle. Il suo scopo era quello di creare il Paradiso in terra, in modo che tutti potessero essere felici. Ed è stato un grosso successo. Avremmo letteralmente spostate le montagne per creare una solida base al comunismo. Ancora oggi la nostra economia si basa su quelle fondamenta. E il nostro carattere ha ancora dei tratti sovietici a cui, tutto sommato, teniamo molto. Queste idee hanno anche giustificato i sacrifici fatti.
Un'idea che detta le regole di vita e il modo di pensare è sicuramente un'ideologia. Questo è permesso e quest'altro è proibito. Questo lo dobbiamo prendere in considerazione quello dobbiamo ignorarlo. Questo dobbiamo comunicarlo, quello no. E tutto questo viene imposto con il potere burocratico del partito e del governo. 
Come risultato ci eravamo cacciati talmente in un angolo, da dimenticarci quanti colori avesse il mondo e, alla fine, abbiamo messo da parte anche la realtà. L'Occidente così sviluppato e scintillante, era considerato decadente, mentre noi ci consideravamo i leaders.
Un forte argomento a nostro favore erano le indubbie vittorie tecnologiche, ad esempio la corsa allo spazio e l' energia nucleare.
Quando venne ammainata la bandiera rossa e il mondo si fece a colori, scoprimmo un modo nuovo e più luminoso di vedere il mondo.
Sto dicendo ora tutto questo per far capire che oggi l'esperienza dell'Unione Sovietica, che governava tramite l'ideologia per creare l'utopia, permette di capire fino in fondo la crisi dell'Unione Europea. Anche l'Unione Europea è un grande esperimento sociale, pianificato in modo da rendere tutti felici, e questo è il genere di esperimento che, sappiamo, richiede un'ideologia. Così come aveva fatto l'Unione Sovietica, ad un certo punto ha iniziato a mascherare i colori, la realtà, le risposte si sono conformate all'ideologia e il sistema ha perso la sua flessibilità. La macchinosa ideologia europea, che non è tanto diversa da quella dell'Unione Sovietica, è diventata fin troppo familiare. Vai, guarda, prova, sappi. Naturalmente ci sono anche delle differenze, ma le cose essenziali sono le stesse. E probabilmente questa somiglianza è più facile che la capiscano i Russi che gli Europei occidentali che sono nuovi a tutto ciò, in questo senso, ci siamo scambiati di posto con l'Occidente, non abbiamo paura delle opinioni diverse, della libertà di parola, mentre l'Unione Europea ne è terrorizzata, ( per essa) pensare e scrivere dovrebbe rimanere nei canoni del politicamente corretto.
L'Europarlamento, a sua volta, approva bizzarre soluzioni contro la propaganda russa. Noi siamo per la libertà del commercio mondiale e l'Occidente impone le sanzioni, le quote e chiude le unioni sindacali. Noi siamo per la libertà di spostamento e l'Unione Europea impone visti e sanzioni. Adesso siamo noi quelli che si oppongono all'esportazione delle rivoluzioni e dei colpi di Stato invece l'Unione Europea se ne stava in pace con se stessa mentre era complice del golpe in Ucraina.
Adesso siamo noi quelli contro i fanatici e gli ultras politici, mentre l'Occidente coccola quelli di Jabath al-Nusra. Ora siamo noi quelli che rispettano la Chiesa e le religioni tradizionali, mentre l'Unione Europea è per un altro, immorale esperimento. ora siamo noi quelli che pensano che la difesa vada attuata con regole civili, mentre l'Occidente spinge alla guerra, come se le armi e i budget militari mantenessero in piedi tutto il sistema. Non è così. Proprio come non lo era con l'Unione Sovietica. 
Ora siamo noi quelli che vedono tutte le sfumature del mondo, mentre l'Unione Europea ha un problema perché la Russia non rientra assolutamente nella sua visione del mondo asservita all'ideologia.
E ora che tutto questo non funzione più per l'Unione Europea, quando la realtà policroma viene ignorata proprio come lo era stata nelle ultime fasi dell'Unione Sovietica. E quando si dicono sempre più bugie, noi sappiamo in che direzione stiamo andando.
Sarebbe bello se l'esperienza sovietica potesse essere un monito, non soltanto per noi".

Parole di Dmitri Kisalev, parole recenti, rese note da Pandora Tv. Propaganda filorussa è quel che nell'immediato si è portati a pensare, così, all'inizio, poi no, sono parole di verità, di grande obiettività, parole ad esprimere pensieri lineari.
Quando fu, nel 1991 che le tre Repubbliche Sovietiche, Ucraina, Bielorussia e Russia, sancirono la fine ufficiale dell'Unione Sovietica, l'animo, il nostro, si senti come dissetato ad una fonte di acqua pura. Da sempre ci era stato chiaro il monocolore sovietico  a cui Kisalev si riferisce nel discorso di cui sopra. Da sempre avevamo vissuto, se pur solo con l'immaginazione, la diffusione della cultura sovietica materialista, formatrice della società, quindi di una grande fetta dell'umanità, come una cultura automatizzata, sistematizzata per essere propinata fuori da qualsivoglia attività conoscitiva di tipo individuale e, ancor più, volta alla trascendenza. Infatti, cancellando la distinzione dei valori e determinando un modello unico, viene a cadere anche ogni differenziazione etica, assente l'elemento etico, in questo modo i valori vengono stabiliti solo in base alla materia e di certo non in base a ciò che la supera.
Così facendo si rinuncia alla moralità anche da parte di chi sia più consapevole rispetto agli altri, cosa che, espandendosi, spiega poi la metodica decadenza delle etiche professionali e il dilagare della criminalità ad ogni livello e campo.
E' questo di cui abbiamo accusato il pensiero sovietico per più di settant'anni, è questo che ora sta vivendo, ma preferiamo dire attraversando per un auspicio alla transitorietà, l'Occidente, è questo errore che sta perpetrando l'Europa, di cui è responsabile molto più che il lembo estremo di questa parte del pianeta, per l'europea peculiarità storico-culturale che l'estremo Occidente non possiede se non per importazione, trasferito riflesso o emulazione.
Ma l'Europa ha abbandonato la "policromia" mentre la Russia, il suo popolo, se l'è conquistata  sulla propria "pelle". Tale il motivo-fulcro che sta portando l'Occidente al tramonto e la Russia all'aurora. La visione di Dmitri Kisalev, così come i suoi pensieri, vanno apprezzati in quanto oggettivi. C'è solo un punto su cui dissentiamo dal giornalista russo, dissenso non senza rammarico e apprezzamento per la correttezza di Kisalev, è il punto dell'ideologia. L'Occidente, a differenza dell'Unione Sovietica, e questo per chi scrive è incredibile ad affermarsi, ha perso persino l'ideologia che delle idee è uno smorto riflesso. L'Europa e l'Occidente al di qua della linea russa non ha altra ideologia che non sia quella del tallero, ovvero l'assoluta materia. E' questo un grande cruccio per chi ha occhi per vedere e orecchie per intendere. L'Europa, con la propria pseudo Unione asservita, è al massimo storico esprimente il pensiero materialista camuffato da Democrazia.  Lo dimostra la sua immoralità giunta al punto di dissacrare il sacro, per sacro intendendo anche valori quali dignità individuale, senso della famiglia, rispetto dell'infanzia e dell'adolescenza, ovvero il futuro, della loro struttura interiore che presuppone una trascendenza, del formarsi della loro coscienza. Ma questo cade sotto il nome "libertà" come nella teoria del gender, essendo invece violenza che altro non potrà generare che violenza. 
No, qui, ora, da noi, non c'è alcuna ideologia, qui il sacro in quanto "religioni tradizionali" non viene proibito, vietato come nell'allora Unione Sovietica, le chiese non vengono chiuse, qui il sacro di dissacra ogni giorno umanizzandolo, fingendo l'osservanza dell'elemento trascendente, in realtà dopo averlo livellato all'umano, soddisfacendo così le umane esigenze. Cosa ben peggiore che il divieto e persino la persecuzione, se non altro perché entrambi ne riconoscevano comunque, se pur negata, l'esistenza tanto da temerne  diffusione e affermazione. 
Cosa ancor peggiore in Occidente quest'assoluta assenza di policromia. Questa presenza di grigio. Lei, signor Kisalev dice: "Sarebbe bello se l'esperienza sovietica potesse essere un monito, non soltanto per noi". Sì, sarebbe bello!
Marika Guerrini

venerdì 6 gennaio 2017

" la leggenda del sogno" il suono che parla all'uomo d'occidente e d'oriente

... ed ecco la leggenda che ci narra del viaggio, in sogno, di Olaf Asterson, durante le tredici notti che dalla vigilia di Natale giungono al giorno dell'Epifania, il giorno della Manifestazione.
Attraverso il suo cammino notturno, che si fa cammino di conoscenza, ci viene incontro il cammino dell'uomo dalle origini. Ascoltiamo qualche stralcio del poema:



 " Ascolta il canto mio!
Ti voglio cantare 
di un giovanetto lesto.

Era Olaf Asteson,
che un tempo dormì così a lungo.
Di lui ti voglio cantare.                                  

S'addormentò la vigilia di Natale.
Un forte sonno subito l'avvolse,
e non si poteva svegliare,
prima che al tredicesimo giorno...

prima che l'uccello stendesse le ali...

prima che al tredicesimo giorno
il sole splendesse sui monti.
Sellò poi il cavallo suo svelto...

- Mi coricai la vigilia di Natale, 
un forte sonno subito m'avvolse,
e non mi potevo svegliare
prima che al tredicesimo giorno...

Chiara brillava la luna 
e le vie s'ampliavano a distesa.

Innalzato sino alle nubi del cielo, 
sbattuto poi in torbidi pantani,
ho visto le fiamme dell'inferno
e la luce del cielo...

Viaggiai nel fondo della terra,
dove scrosciano tremende correnti di dèi.
Non fui capace di guardarle,
ma lo scrosciare lo potei udire.

Il mio cavallo nero non nitriva,
e i miei cani non abbaiavano, 
e neppure cantava l'uccello del mattino,
era un prodigio unico ovunque...

Il cane morde davvero,
e il serpente vuole pungere,
il toro minaccia potente!
Non lasciano passare il ponte
 a nessuno che non vuol onorare la verità!...

Dimorai in altri mondi
per la lunghezza di molte notti;
e solo Dio può sapere 
quanta ne vidi di miseria d'anima...

Potei vedere un giovane uomo,
aveva ucciso un fanciullo:
ora doveva portarlo sulle sue proprie braccia,
per sempre!...

Vidi anche un uomo vecchio,
indossava un mantello come di piombo;
era così punito
perché visse in avarizia sulla terra...

E vennero fuori uomini 
che indossavano stoffe di fuoco;
slealtà pesa sulle loro povere anime...

Anche bambini potei vedere...

E mi venne imposto 
di avvicinarmi a quella casa,
in cui streghe dovrebbero fare
 un lavoro nel sangue,
che le infuri nella vita...

Da nord, in orde selvagge,
malvagi spiriti giunsero a cavallo
guidati dal signore delle tenebre...

davanti, lui, cavalcava sul suo nero puledro...

Beato chi nella vita terrena
ha porto pane ai poveri!
Non possono ferirlo i cani,
 in quel mondo...

Ecco parla l'ago della bilancia
e la verità dei mondi risuona...

Beato chi nella vita terrena 
ha porto grano ai poveri!
Non può minacciarlo
l'aguzzo corno del toro...

Beato chi nella vita terrena
porge abiti ai poveri!
Non lo possono congelare 
le masse di ghiaccio a Brooksvalìn-.

Gente giovane e anche vecchia 
ascoltava attenta le parole
che Olaf pronunciò dei suoi sogni.
Dormisti proprio a lungo...
Ora destati Olaf Asterson! "


Così parla la leggenda di Olaf Asterson. Così, attraversando con Olaf le sfere in cui  l'essere umano vive le proprie esperienze, "la leggenda del sogno" si fa simbolo dell'origine divina dell'uomo, in tal guisa par che suggerisca: Uomo, puoi trovare solo in te le forze che, nel vero senso della parola, ti doneranno la pace dell'anima, e ancora: altrimenti, in assenza della pace dell'anima, alcun tipo di pace può realizzarsi al mondo.

Marika Guerrini