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giovedì 19 ottobre 2017

Afghānistān: secondo Vietnam americano

… era il  3 luglio 1979 allorché Jimmy Carter, al tempo Presidente degli Stati Uniti d’America, firma la prima direttiva per gli aiuti segreti agli oppositori del regime filo sovietico di Kābul. Quello stesso giorno Robert Gates, allora Consigliere per la Sicurezza Nazionale, poi direttore della Cia, scrive al Presidente Carter: “abbiamo l’occasione di dare ai Sovietici il loro Vietnam”. Calcolo politico quanto mai preciso, infatti  il corso di quello stesso anno sarebbe stato preludio all’avanzata sovietica. 
Più di trentotto anni da allora e circa trenta da che si concluse per i Sovietici “il loro Vietnam”. Eppure sappiamo quanto l’invasione sovietica, tramutatasi in dieci anni di occupazione, sia stata, per assurdo, meno invasiva e distruttiva di quanto lo sia stata e lo sia la presenza americana in terra afghana. Ma, ab uno disce omnis, basta infatti guardare al primo atto per capire il tutto.
Per quel che concerne i sovietici basta guardare a quella notte del 26 dicembre del 1979, ai mezzi blindati delle truppe sovietiche di Breznev che attraversarono gli antichi confini afghani principiando lo scontro terrestre, uomo contro uomo. Per quel che concerne gli americani, basta guardare a quel 7 di ottobre del 2001, ai bombardieri B2Stealth, invisibili ad ogni radar, decollati dal Missouri (Usa) che in sole tre incursioni bombardarono Kābul, Kandāhār, Kunār, Farāh, Herāt, Mazār-i-Sharif. I motivi li conosciamo, quelli sovietici di conquista e laicizzazione del Paese, quelli americani di vendetta costruita a tavolino su di una menzogna il cui leitmotiv era: colpire Al Qaeda e le basi dei Taliban. Peccato che il capo di Al Qaeda, il noto Bin Laden, fosse o fosse stato, il che non cambia, un agente della Cia e che, esclusa Kandāhār e qualcosa a Kunār, i Taliban non avessero basi.
Eppure oggi 19 ottobre 2017, a qualche giorno dal sedicesimo anniversario di allora, malgrado le dichiarazioni del capo del Comando Centrale, Gen. Joseph Votel, vogliano farci credere in una escalation positiva degli Stati Uniti in Afghānistān, in un crescendo dovuto all’incremento di truppe americane terrestri sul territorio, sappiamo per certo che, così come l’Impero Britannico prima e l’Unione Sovietica poi, gli Stati Uniti d’America non hanno avuto e non hanno la meglio sulla resistenza afghana, gli Stati Uniti non vogliono arrendersi  al loro secondo Vietnam.
Il saperlo però è una ben magra soddisfazione, poiché mentre chi prima di loro si allontanò da quella terra, gli States, non vogliono accettare, tanto meno mostrare la sconfitta, tanto meno arrendersi ad essa, gli States continuano così la strategia di sempre sperando in un diverso risultato. E’ un misto di idiozia e pura follia, nonché la dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, di una degenerata e degenerante mania d’onnipotenza.
Intanto i Taliban, come da tempo andiamo dicendo, non sono più la macchina da guerra costruita dagli americani in Pakistan negli anni fine ’80/’90, sono, ripetiamo, per lo più mujaheddin nemici degli occupatori così come degli estremisti islamici fatti entrare nel paese dallo straniero e al suo soldo. I Taliban, ora come ora, nel Paese, sono gli unici reali avversari dei mercenari assoldati dalle truppe straniere per sterminare. Né interessa ai Taliban, questi Taliban, la feroce islamizzazione dell’Afghānistān, tanto meno interessa loro il jihad internazionale, tanto meno l’occidente e lo dimostra il fatto che mai attentato in occidente sia stato opera loro e se si dovesse verificare e dichiarare  loro, sarebbe mentire sulla matrice. Ma i media tralasciano questi passaggi mentre, puerilmente, si continua a blaterare su quell’11 settembre del 2001, dichiaratamente condannato dai Taliban di allora e di ora. Così, poggiando sul Governo di Ashraf Ghani, non a caso voluto dal Governo americano a capo del Paese e delegittimato agli occhi degli afghani dal suo dipendere economicamente e militarmente dagli States, gli States al delirio dell’inaccettabile disfatta, rispondono rafforzando, non solo la presenza di soldati americani tra le truppe governative di terra afghane, come si diceva, ma, dopo aver dichiarato: “rimosso ogni restrizione e ampliato il potere che ci impedivano di usare appieno la nostra potenza aerea”,  rafforzando l’azione bellica dei bombardieri, vile nota dell’esercito a comando Nato, e i cieli, un tempo tersi, che ammantano l’Afghānistān, indugiano nel farsi portatori di morte. Questa l’azione degli Stati Uniti di Trump, non dissimile da quella di Bush, non dissimile da quella di Obama. Per cui delle parole del Segretario alla Difesa James Mattis, pronunciate una decina di giorni fa, secondo cui sarà fatto tutto ciò che sia “umanamente possibile” per evitare le morti dei civili afghani, non sappiamo che farcene. Sono anch’esse menzogna. Pura menzogna così come sopra pura follia, anche perché di contro, alcuni esperti militari e politici statunitensi stanno dichiarando l’errore nel perseverare questa guerra a funzione esclusivamente geostrategica, questa presenza nella regione al fine di opporre resistenza a possibili espansioni di potenze confinanti o limitrofe.
E allora noi, partendo da quel 7 di ottobre del 2001, ricordiamo le morti innocenti riportando dati quanto mai in difetto se si pensa che solo nei primi sei mesi di quest’anno 2017 si sono registrate tra i civili 1.662 morti e 3.851, con un incremento del 23% rispetto allo scorso anno, per cui i dati riportati in seguito sono indicativi solo in minima parte ché di molti, di troppi, altre migliaia, non si sa né mai si saprà.
 Comunque ad oggi, ufficialmente, oltre 49mila vittime si sono avute per morte diretta, ovvero bombardamenti e similari, circa 360mila, sempre sottostimate, provocate dall’emergenza umanitaria dovuta al conflitto,  oltre 140mila tra soldati afghani e Taliban afghani, senza contare le migliaia di bambini nati deformi a causa dell’uranio arricchito e morti subito dopo il parto o nei primi mesi o anni o condannati ad una vita drammatica. Senza contare le migliaia di decessi infantili causati dalla povertà acuita dallo stesso conflitto. Senza contare le migliaia di donne, bambini e adolescenti distrutti dall’eroina diffusa e offerta dallo straniero, senza contare le centinaia di afghani uccisi, per lo più adolescenti, dalle torture della Cia in stanze segrete delle prigioni nel Paese, modalità questa non nuova, da tempo conosciuta, con l'unica differenza che solo ora, a distanza di anni, il britannico “The Guardian” ne fa denuncia costringendo Washington a renderla nota. Ed anche questo porta a chiederci e a  pensare sul perché ora la denuncia.
Ma, tornando alle statistiche, malgrado il difetto numerico, sono soltanto i morti nel corpo, ché a quelli nell’anima non bada più nessuno, a quei  fuoriusciti costretti a viaggi infernali verso Europa e Australia, esilio in cui la vita, in una qualche forma, si perde comunque.
E l’Italia in tutto questo? La sua missione? La guerra più lunga della sua storia? L’Italia cosa fa?
Se da un lato l’Italia, dopo l’attentato dello scorso maggio, diminuisce il personale presente all’Ambasciata Italiana di Kābul, diminuisce il personale della Cooperazione, diminuisce i militari della missione Resolute Support, tutte azioni dichiarate dalla Farnesina, Ministero Affari Esteri, ”misure cautelative”, dall’altro  mantiene il contingente di stanza ad Herāt, all’incirca un migliaio di uomini, e permette che combatta sul campo. L’Italia continua la sua vita da vassallo, e, in quest’assenza di dignità, può fregiarsi d’essere, in Afghānistān, seconda solo agli Stati Uniti d’America nell’appoggiare, se pur spesso soltanto con funzione di alleato, il che la priva di ulteriore dignità, il perpetrarsi di crimini contro l’umanità. E allora ci chiediamo: cosa farà l’Italia se gli Stati Uniti d’America renderanno permanente la loro presenza nel Paese come proposto e affermato da funzionari di Stato  d’oltre oceano? Continuerà l’Italia a coprire il suo ruolo servile?
Uno storico ha il dovere verso il mondo di osservare con distacco le vicende se pur di cronaca, quindi in questa pagina si afferma senza dubbio alcuno che gli Stati Uniti d’America, dal punto di vista militare bellico, hanno già rinnovato il loro Vietnam e che l'Italia dovrebbe trovare il coraggio di uscirne malgrado la fragilità in cui si è cacciata con il rafforzamento delle basi Nato sul suolo italiano e malgrado il suo essersi fatta trampolino di lancio per le missioni aeree belliche nelle regioni medio orientali.
A conferma della disfatta occidentale, tra l’altro, il fatto che le truppe americane siano uccise da soldati afghani che loro stessi addestrano, il che sottolinea sempre più quanto non siano i così detti Taliban a ribellarsi, ma Taliban stiano diventato un po’ tutti gli afghani patrioti che vogliono liberarsi dalla violenta presenza straniera, tanto che ora come ora il 50% del territorio afghano è in mano ai Taliban, proprio perché sostenuti o comunque tollerati da una larga fetta del popolo più che altro di etnia pashtun.
Concludiamo questa pagina scusandoci con il lettore per la lunghezza dello scritto, ma non prima d'aver sottolineato di non dimenticare il senso del riportato iniziale: sempre nella storia, a prescindere dal tempo impiegato, concetto di tempo che in quel costume ha un’ importanza davvero effimera nella misurazione, gli afghani hanno scacciato lo straniero, pur se, come si diceva, il recente straniero sia caratterizzato, in guerra, dalla viltà oltre che dall’ignoranza, e perseveri nella follia.
No, alcun dubbio circa il Vietnam, ora o in futuro non importa, il tempo misurato è illusione in Afghānistān.
 Marika Guerrini

immagine: scatto di Barat Alì Batoor (collezione privata)

martedì 3 ottobre 2017

dietro le quinte dell'Umanità contemporanea

... se ancora taluno permanga nel dubbio, un'indagine spassionata potrà dimostrargli come ogni lotta internazionale, che si manifesti in ribellione, sommossa popolare, terrorismo, guerra, ma anche povertà, migrazione, così come ogni subdola diplomazia, non sia dovuta che a pedine mosse da un unico avversario, un giocatore occulto, e neanche troppo, che fa ignorare le sue reali finalità nascoste, spesso, dietro la maschera umanitaria, in questo comprendendo anche il termine "democrazia".
Tutto è stato previsto nel programma di chi si sia prefisso di scatenare le nazioni civili, più o meno, le une contro le altre, di suscitare movimenti sovvertitori, di minare le basi degli Stati attraverso propaganda ugualitaria, di spingere i popoli agli armamenti e alle lotte intestine, di penetrare nelle masse con diverse forme di disgregazione e di corruzione. 
Ci si trova dinanzi ad un disegno diabolico, mi si passi l'aggettivo.
Ora, spingere l'umanità nel più bieco nonché nebuloso materialismo, tra l'altro non più localizzabile in evidenze e colorazioni politiche, ma forma di pensiero di ampia diffusione, renderla cieca a tal punto da spingerla all'autodistruzione con le proprie armi, non può che essere il sogno reietto di coloro che aspirino all'avvento di un mondo in cui ogni luce di ordine trascendente la materia, sia sommersa.
Per cominciare a farsi un'idea approssimativa di quel che agisce dietro le quinte, basterebbe cominciare col domandarsi su quelle forze dell'alta finanza che, la storia ci ha trasmesso, fossero anche dietro la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, le stesse forze che ritroviamo a manovrare la Rivoluzione Russa, che troviamo dietro al Bolscevismo, che ancor prima ritroviamo dietro il costituirsi degli Stati Uniti d'America e lungo il loro corso sino ad ora, che riconosciamo dietro le Lobby delle armi, della droga, della farmacologia, che riconosciamo dietro il formarsi e l'espandersi dell'economia cinese etc. Quelle forze che, appunto, agiscono e agitano le varie vicende della crisi economica dei nostri tempi come del suo placarsi,  possono essere individuate nelle loro molteplici azioni, negli effetti, in modo che se ne possa individuare un unico centro irradiatore? 
 Una volta posta la domanda, non è più l'immediata risposta che deve interessare, bensì deve interessare il ritrovamento dei caratteri comuni a queste forze della plutocrazia settaria, rapinatori in guanti gialli che tengono a che l'epoca presente si traduca in oscurità.
La sensazione, ma è più di una sensazione, nell'osservare la drammatica quotidianità nazionale ed internazionale, è che contro l'umanità si sia ordito un gigantesco complotto, per asservirla, disgregarla, distruggerla, abbrutirla.
Chi intenda ed approfondisca il senso di tutto ciò, non potrà non scorgere la bestia senza volto, non potrà non porsi, o educarsi a porsi, oltre le meschine contingenze e i sensuali attaccamenti alla vita, sì da defraudare la bestia di tutte le pochezze di cui si nutre per "regnare" sull'umanità indebolendola, servendosene, precipitandola così in un cruento caos di terrore.
Anche l'italiana questione dei vaccini rientra nel caos: indebolire l'uomo, non solo fisicamente, sin dalla primissima infanzia al fine di cui sopra. Ma non è di questo che vogliamo parlare, come non vogliamo trattare la questione, stavolta internazionale ed emblematica anch'essa, del concetto e significato di Gender dato in pasto educativo all'infanzia e all'adolescenza, il che equivale a dire: defraudare l'umanità futura della propria identità, mettere al bando, vedi Australia e non solo, l'armonia della natura nei sessi, in favore di una "patologia", in altri termini educare ad una patologia facendo sentire "malati" i "sani". Sì, lo so, il termine "patologia" si presta a suscitare tra i lettori anche disappunto e discordanza, ma non importa, l'argomento sarà ripreso in altra pagina, sì da poter distinguere, nell'evoluzione dell'umanità, l'uomo antico dal moderno e contemporaneo, in essa la trasformazione della coscienza, così come poter contemplare, sempre in essa, tradizione, costume, ritualità etc., tutto relativo vieppiù all'occidente. 
Come si diceva però la pagina che si sta tracciando non è sede idonea per tali complessità di pensiero, per ora sarà bene concentrarsi sul dietro le quinte di cui sopra, anche perché il filo conduttore non varia. Riflettere su quel pensiero materialista che, monco del senso di purità trascendente, volge esclusivamente al piano fisico anche quando ritiene superarlo, vedi spesso la Chiesa, facendosi così dimentico di volgere all'Infinito, all'immortalità, in tal guisa facendosi dimentico dell'evoluzione armonica dell'Umanità.
Marika Guerrini