Aleksandr Dugin |
Aleksander Dugin, noto politologo e filosofo russo, due anni fa, dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti fu iscritto nell'elenco dei cittadini russi sotto sanzioni, è colui che, lo scorso anno, molti di voi lettori lo ricorderanno, fu cacciato dalla Grecia, fermato poi a Salonicco, in aeroporto, dopo di che gli fu comunicato il divieto di ingresso su suolo europeo. E' anche, dicunt, il mentore di Putin, ma questo lo lasciamo a lui. Ora scorriamo la sintesi di quel che avevo tracciato ieri sera, prima di leggere l'intervista a Dugin.
Avevo appena stilato una pagina che trattava del triangolo strategico che copre una vasta area dell'Asia, triangolo di recente formazione, i cui lati sono Russia, Iran e Cina, la cui area è Afghanistan Pakistan, India e Turchia. Questo triangolo sta cambiando la polarità dell'Ordine Mondiale che, da unipolare con protagonisti Stati Uniti ed Europa, si sta trasformando in multipolare, con protagonisti Paesi dell'area triangolare di cui sopra. Avevo appena ricordato l'incontro di Astena ( Kazakistan), ultimi giorni dello scorso gennaio, incontro voluto da Russia, Iran e Turchia, al fine della creazione di un meccanismo congiunto atto a monitorare la tregua in Siria, per trovare una soluzione pacifica "costringendo" l'Onu a far attuare quanto da se stesso disposto nel Consiglio di Sicurezza: "la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale" della Siria. Avevo appena scritto circa gli sforzi di Russia e Cina per rendere possibile l'accordo tra Afghanistan e Pakistan, malgrado continuamente sabotato dalle forze occidentali presenti sul territorio e dal così detto Daesh. Appena finito di scrivere sulle difficoltà di avvicinare l'India al Pakistan dati gli storici attriti e l'eterna questione Kashmir, ma anche delle positive possibilità in merito e in corso, nonché degli accordi tra Russia e India. Avevo anche scritto circa il positivo ruolo strategico dell'Iran, riconosciuto tale da tutti i paesi dell'area triangolare con il pieno supporto economico cinese e militare russo, cooperazione che fa sempre più pensare alla possibilità di creazione dell'Eurasia e di uno sviluppo congiunto e paritetico al suo interno, cosa che terrorizza un certo occidente.
Volutamente non avevo segnato parola sul recente fatto del ponte di Westminster, né sulle "rivolte" russe, ritenendo oramai degradante una trattazione di accadimenti dall'ovvio significato, ovvia spiegazione, e neppure avevo scritto sul "revival" dell'11 settembre 2001, tanto meno delle foto pubblicate a sedici anni di distanza con il pacchiano intento di avallare il già detto, giustificare la guerra infinita nel paese afghano e sue diramazioni tutte, dall'Iraq alla Libia alla Siria, tutte le infestazioni del costruito Daesh eccetera eccetera, primavere colorate comprese. Cosa però, questa del revival, che, poiché non tutti sono "narcotizzati" dall'estenuante falsità che da anni si propina al mondo diffusa, a grandi manciate, dai media che ogni giorno fanno sparire la verità tra chiacchiere sulla guerra di religione, contrasto con l'occidente e così via, sta vacillando non poco, andando ad avallare esattamente il contrario di quel che si vorrebbe. Ma avevo scritto invece, perché mi era piaciuto molto, dell'aneddoto pronunciato dal generale Hoss Dehqa, Ministro della Difesa dell'Iran, in risposta al generale Joseph Votel comandante del Centcom (Us Central Comand) le cui parole, quelle americane, suonano così: " L'Iran è la più grande minaccia a lungo termine per la stabilità del Medioriente... bisogna usare strumenti militari contro l'Iran..." mentre la risposta di Dehqa con l'aneddoto suona in quest'altro modo:" Cosa ci fanno gli Stati Uniti nel Golfo Persico, è meglio che lascino la regione e non infastidiscono le nazioni... Un ladro armato ed ignorante entra in casa di qualcuno e pretende di essere accolto con il red carpet. E' accettabile? Si tratta di un esempio della barbarie del 21esimo secolo".
Dopo questi argomenti ero passata all'Europa, e, per l'ennesima volta mi ero soffermata sulla sua attuale condizione, sul pericolo del tramonto, sui perché profondi di cui prendere coscienza. Avevo poi intenzione di trattare lo spinoso argomento delle varie Ong umanitarie, ma prima di questo, proprio quando ero sull'Europa, mi è stata segnalata l'intervista rilasciata da Aeksandr Dugin al Foglio, quindi ho interrotto la pagina ed ora vi riporto l'intervista:
" Quanto è vicino a Putin? “E’ difficile rispondere, non sono così vicino al presidente come pensano alcuni, ma molte idee che ho espresso in filosofia, in politica, hanno molto influenzato Putin”, ci dice Dugin. “Non bisogna esagerare, anche se è vero che c’è stata un’influenza autentica delle mie idee sul presidente. Le idee hanno un proprio destino, e possono influenzare la logica della politica e della storia. Le idee sono enti viventi e possono trovare molti modi per arrivare alla gente. Il problema con l’occidente è proprio questo, è che non crede più nelle idee, c’è un mondo spirituale dove vivono le idee e che l’occidente non riconosce più”.
Ad
Aleksandr Dugin chiediamo dove nasca la sua avversione culturale per l’Europa
che tanto sembra aver ispirato Putin.
“Oggi
l’Europa occidentale sta nella trappola della modernità e della
postmodernità, il
progetto della modernizzazione liberale va verso la liberazione
dell’individuo da tutti i vincoli con la società, con la tradizione spirituale,
con la famiglia, con l’umanesimo stesso. Questo liberalismo libera l’individuo da ogni vincolo.
Lo libera anche dal suo gender e un giorno anche dalla sua natura umana. Il senso della politica oggi è questo
progetto di liberazione. I dirigenti europei non possono arrestare questo
processo ma possono solamente continuare: più immigrati, più femminismo, più
società aperta, più gender, questa è la linea che non si discute per le élite
europee. E non possono
cambiare il corso ma più passa il tempo e più la gente si trova in disaccordo.
La risposta è la reazione che cresce in Europa e che le élite vogliono
fermare, demonizzandola.
La realtà non corrisponde più al loro progetto. Le élite europee sono
ideologicamente orientate verso il liberalismo ideologico”.
A
Mosca, la vittoria di Donald Trump è stata accolta con favore, per usare un
eufemismo.
“Trump
negli Stati Uniti ha preso il potere cambiando un po’ questa situazione, e
l’Europa si trova oggi isolata”, continua Dugin. “La Russia oggi è il nemico
numero uno dell’Europa perché il nostro presidente non condivide questa
ideologia postmoderna liberal. Siamo nella guerra ideologica, ma stavolta
non è fra comunismo e capitalismo, ma fra élite liberal politicamente corrette,
l’aristocrazia globalista, e contro chi non condivide questa ideologia, come la
Russia, ma anche Trump.
L’Europa occidentale è decadente, perde tutta l’identità e questa non è la conseguenza di
processi naturali, ma ideologici. Le élite liberal vogliono che l’Europa
perda la propria identità,
con la politica dell’immigrazione e del gender. L’Europa perde quindi potere,
la possibilità di autoaffermarsi, la sua natura interiore. L’Europa è molto
debole, nel senso dell’intelletto, è culturalmente debole. Basta vedere come i
giornalisti e i circoli culturali discutono dei problemi dell’Europa, io non la riconosco più questa
Europa. Il pensiero sta al livello più basso del possibile. L’Europa era la patria del logos,
dell’intelletto, del pensiero, e oggi è una caricatura di se stessa. L’Europa è
debole spiritualmente e mentalmente. Non è possibile curarla, perché le élite
politiche non lo lasceranno fare. L’Europa sarà sempre più contraddittoria, sempre più idiota. I
russi devono salvare l’Europa dalle élite liberal che la stanno distruggendo”.
“Irrisolta
la questione ucraina” Ma la Russia non dovrebbe aspirare ad avvicinarsi
all’Europa, come sembrava dopo il crollo del comunismo?
“La
Russia è una civiltà a sé, cristiana ortodossa. Ci sono aspetti simili fra
Europa e Russia. Ma dopo il crollo del comunismo, quando la Russia si è
avvicinata all’occidente, abbiamo capito che l’Europa non era più se stessa,
che era una parodia della libertà, che era decadente e postmoderna, che versava
nella decomposizione totale. Questo occidente non ci serviva più come esempio da seguire,
per cui abbiamo cercato un’ispirazione nell’identità russa, e abbiamo trovato
che questa differenza è fra cattolicesimo e ortodossia, fra protestantesimo e
ortodossia, noi russi siamo ereditari della tradizione romana, greca,
bizantina, siamo fedeli allo spirito cristiano antico dell’Europa che ha perso
ogni legame con questa tradizione. La Russia può essere un punto di appoggio
per la restaurazione europea, siamo più europei noi russi di questi europei. Siamo cristiani, siamo eredi della
filosofia greca”.
Al
centro del pensiero di Dugin, accanto alla lotta al liberalismo, è l’Eurasia, a
giustificazione dell’ambizione di Mosca di ritornare nelle terre ex sovietiche,
dal Baltico al mar Nero, di restaurare il dominio sulle popolazioni non russe,
arrivando a stabilire perfino un protettorato sull’Unione europea.
“I
paesi vicini alla Russia erano costruzioni artificiali dopo il crollo
dell’Unione sovietica e non esistevano prima del comunismo”, dice Dugin al
Foglio. “Sono il risultato del crollo comunista. Erano invece parte di una
civiltà euroasiatica e dell’impero russo prerivoluzionario. Non c’è
aggressione di Putin, ma restaurazione di una civiltà russa che si era
dissolta. Queste
accuse sono il risultato della paura che la Russia si riaffermi come potere
indipendente e che voglia difendere la propria identità. L’Ucraina, la Georgia,
la Crimea, hanno fatto tanti errori contro la Russia e aggredito le minoranze
russe che vivono in quei paesi”.
Ma
le avete invase.
“La
Russia con grande potere ha risposto alle violazioni dei diritti georgiani,
osseti, ucraini, abkhazi, crimei. L’Europa non può comprendere l’atto
politico per eccellenza, la sovranità, perché essa stessa ha perso il controllo
della propria sovranità.
Trump ha cominciato a cambiare la situazione negli Stati Uniti e ha ricordato
che la sovranità è un valore e noi russi con Putin abbiamo ricordato questo al
mondo prima di Trump”. La Russia quindi metterà gli occhi anche sui paesi della
Nato al proprio confine, la questione di Kaliningrad, ex Koenigsberg, la patria
di Kant, il cuneo fra est e ovest? “Geopoliticamente, i paesi baltici non
rientrano nella sfera di interesse dei russi, con la Georgia siamo in un
momento di stabilità, il problema resta con l’Ucraina, perché la situazione non
è pacifica, non abbiamo liberato i territori dove l’identità pro russa è
dominante, dove è vittima di un misto di neonazisti e neoliberali. L’Ucraina
resterà il problema numero uno, ma con Trump c’è la possibilità di uscire dalla
logica della guerra”.
Europa
e islam. Putin si vanta di aver costruito un concordato con l’islam in Russia,
mentre l’Europa è sotto attacco islamista.
“Il
problema non è con l’islam, ma le élite hanno fatto entrare milioni di
musulmani, senza integrarli perché c’è un vuoto senza identità. In questo liberalismo non c’è più assimilazione culturale, gli
europei non possono proporre ai migranti un sistema di valori, ma solo la
corruzione morale.
Questa politica suicida europea non può essere accettata dai migranti
musulmani. E l’Europa si impegna per porre i musulmani, soprattutto i fanatici
fondamentalisti, continuando a distruggere l’Europa: islamisti da un lato
distruggono l’Europa e dall’altro ci pensano le élite liberal. L’ideologia
wahabita e dello Stato islamico è il problema, non l’islam tradizionale che è
vittima del fanatismo islamista. Senza questa politica dell’immigrazione,
l’islam che esiste nelle sue terre non rappresenterebbe un rischio per
l’Europa”. “Putin è forte, ma non lascia eredi”.
Da tre
anni, la Russia ha costruito l’immagine di un paese che adotta politiche
opposte a quelle dell’Europa.
“I
matrimoni gay e l’Lgbt sono questioni politiche, non morali. Non a caso l’ideologia
liberale vuole destrutturare l’idea di uomo e donna. Putin ha compreso questo molto bene e
ha cominciato a reagire contro questa visione che distrugge la società. Questo
non è il problema della scelta personale e individuale, non ci sono leggi
contro l’omosessualità, ma leggi contro la propaganda di questa ideologia gay
che distrugge l’identità collettiva, che distrugge le famiglie, che distrugge
la sovranità dello stato cercando di cambiare la società civile. Non è una
questione morale o psicologica, ma politica”.
Dugin
è considerato un grande sostenitore di Putin, ma qui ne rivela i limiti.
“La
storia è sempre aperta, non possiamo dire cosa sarà della Russia. Per creare un
futuro forte e sano per la Russia dobbiamo fare molti sforzi, niente è
garantito, ci sono molte sfide per la Russia e Putin è riuscito a rispondere a
molte di queste, vincendo. Il problema del nostro paese consiste nella nostra
forza e debolezza, Putin garantisce alla Russia la conservazione della
sovranità e dell’identità, il ritorno sulla scena della grande Russia, ma siamo
anche deboli, perché Putin rappresenta se stesso, non è riuscito a creare una
eredità che possa garantire la sopravvivenza di questa idea della Russia. Finché
c’è Putin, la Russia ha speranza di essere forte, ma Putin è un problema perché
non ha istituzionalizzato la sua linea di pensiero. La Russia oggi è
Putin-centrica”.
Dunque,
cosa vede in serbo per l’Europa?
“Sono
un seguace di René Guenon, che ha identificato la crisi della società occidentale europea
ben prima del XXI secolo. La forma di degradazione spirituale dell’Europa è
cominciata con il modernismo, la perdita dell’identità cristiana, ma è arrivato al culmine
negli anni Novanta, quando tutte le istituzioni vennero plasmate dal liberismo
di destra in economia e dal liberalismo di sinistra nella cultura.
L’approvazione dei matrimoni gay mi hanno fatto capire verso dove stava andando
l’Europa. Si arriverà presto al momento finale, dopo ci sarà il caos, la
guerra civile, la distruzione. Forse è troppo tardi per ribaltare la situazione”.
Marika Guerrini
http://intersectionproject.eu/article/society/new-russian-renaissance
RispondiEliminaGrazie del bell'articolo segnalato, è nel suo importante contenuto il motivo, consapevole in alcuni inconscio in altri, che induce a demonizzare e mentire.
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