
Sì, è il cuneo baluchi quello, il cuneo da sgomberare, il ricco cuneo da sfruttare, il cuneo postazione risorsa passaggio. E occiriente lo sa. Ne ha parlato e parlato e ne parla e continuerà a farlo e a ripetere continuerà. E lo sanno i suoi lettori. E chi vuol saperlo, chi non si volta dall'altro lato, lo sa. Alla nausea lo sa.
Ma sì, è vero, è il cuneo baluchi quello. Il cuneo in cui si sta eliminando un popolo come fosse mai stato. Chi, cosa sia a pensarlo, progettarlo volerlo deciderlo se n'è già parlato in queste nostre pagine, ma non fa differenza. Non l'ha mai fatta e non la fa ora, se pur si dica, ora, che sia stata azione della Lashkar-e-Jhangvi, in urdu لشکر جھنگوی un'organizzazione "terroristica", un'altra conosciuta. L'azione, la mano scoperta. Ma il fatto è che chiunque sia o non sia, il gioco è lo stesso, sempre, il fruitore o fruitori del gioco, lo stesso, gli stessi, sempre. E nulla cambia che si palesi o meno sulla scena del crimine la sembianza.
Il dubbio, in procinto di farsi certezza, è che la salvezza del Popolo Hazara non interessi nessuno, la salvezza della comunità hazara di Quetta ancor meno interessi qualcuno. Il fatto è che, in aggiunta alle manovre geopolitiche che ci sono note, non si perdoni a questa comunità la struttura indipendente formatasi nel tempo quale città nella città. Eppure il suo tempo è lungo, è da che il Pakistan non aveva confini di Stato e l'India era una. No, non si perdona alla comunità hazara di Quetta l'indipendenza, l'attuarsi dell'autosufficienza quale implicito desiderio di libertà. Lo stesso che si concretizza nella serietà delle sue scuole d'ogni grado, nell'ospedale, nei suoi professionisti d'ogni campo e livello. Si temono i suoi attivisti e l'emancipazione delle sue donne. Non si perdona alla comunità di vivere tutto questo in legalità e una certa spregiudicatezza e modernità rispetto alle altre etnie, pashtun compresi. Sì, potenziale pericoloso questa comunità, per molti. Troppi. Ora. Lì. In quell'internazionale dedalo di intrighi, tradimenti e interessi. Mentre il genocidio continua.
Marika Guerrini
foto Barat Alì Batoor
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