lunedì 11 settembre 2023

Oggi 11 settembre 2001

...  la medaglia ha sempre due volti. 11 settembre 2001:


" Ore 15, minuto più, meno. Cammino in una via di Trastevere, qui, verso San Cosimato. La mia zona un po' sì, un po' no. Sono uscita da casa che erano le 14,45... La via deserta è calda, piacevole. Qualche folata di aria settembrina scompiglia i capelli all'incrocio dei vicoli... Ho la mente appesantita, il cuore. L'ultimo saluto a una speranza è di due giorni fa. Saluto ad una terra che amo.. Aquiloni non volano più in quella terra.... Avevo sperato in una liberazione da parte di Massoud *....gli è stato impedito. Il capitolo è stato chiuso due giorni fa. Con l'assassinio. E la menzogna ha firmato false identità agli attentatori. E il cuore è pesante. Ora. La speranza è coperta da un drappo verde. Lontano. Nel Panjshir, in Afghanistan. Per chi ancora non avesse capito. Ancora non sapesse, non ricordasse, non volesse.... " Poi il racconto nel libro entra nel vivo: 

"Un ristorante qui, a Trastevere, l'esterno di esso e tavoli rigorosamente vestiti di bianco, rigorosamente vuoti. Qualcuno viene fuori dal locale, va verso un tavolo.... poggia su quel tavolo una piccola radio portatile....E' accesa....Sono lì, sto passando a pochi centimetri...Dalla radio giunge un frastuono a più voci. Indistinto. Non si capisce. Il volume è piuttosto alto. Rallento. Distinguo rumori, sirene. una voce ansima, sovrasta i rumori, prova a farlo. Si scusa per il disagio, la cattiva ricezione. Non comprendo il motivo. Mi fermo. New York colpita, Twin Towers, paura, ecco. Parole scollegata in un contesto sconosciuto. Ancora non capisco. penso ad un racconto radiofonico. Di quelli che danno a volte sulla Rai. Sorrido. cammino. La voce c'è di nuovo, continua nell'affanno. Retrocedo di qualche passo. Affanno, voce, rumori, sirene, troppo realistico. Tutto troppo. Sospetto. Penso: reale. No, non è possibile. Ma ci credo. Subito. L'atmosfera è ferma. Intorno silenzio, alcuna voce che non sia della radio. la piazza mi si apre davanti. C'è un bar non distante, lo so, lo conosco. Vado verso il bar. Alcune persone all'interno, il capo verso l'alto: guardano. In alto su di una staffa a parete un televisore acceso. " A questo punto del libro giungono le immagini che accompagneranno i futuri pensieri:

"Una delle Torri Gemelle di New York ha un aereo in un fianco, si vede la coda. Fumo nero fuoriesce dallo stesso fianco. L'immagine va a ripetizione. Sembrano corpi umani. Mi guardo intorno. Immobile nella sua postazione il barman ha un bicchiere vuoto in una mano. Nell'altra una fetta di limone all'estremità di un coltello. Lo sguardo allo schermo. Ho certezza delle immagini: sono reali, è una diretta. E' accaduto. Le parole dell'inviato neppure le sento, solo le immagini. Nei pochi passi tra la radio e il bar ho pensato: se è vero quel che sospetto d'aver capito, ecco perché l'assassinio di Massoud l'altro ieri. E: è la stessa matrice. Lo schermo sta confermando i miei pensieri.... S'interrompe il replay, cambia il vociare, urla ancora in diretta, altra torre, altro aereo, altra facciata. Stessa dinamica. Ci guardiamo, il barman, le quattro o cinque persone, io. Nello scorrere dello sguardo scorgo due persone in più, alle mie spalle.... sono americani... si sente dalla lingua bisbigliata tra loro. Nessun altro parla, bisbiglia. Sono dell'Accademia Americana, forse, la sede romana di studi e ricerca sita sul colle che si alza da qui, da Trastevere.... Sguardi corrono tra noi. Muti. Poi il crollo, sul video in tempo reale. Le torri si sono afflosciate su se stesse. Hanno ceduto. il simbolo economico, della potenza, la modernità della nostra civiltà è crollato su se stesso.... Ed io non ho provato nulla. A quel crollo, quel vuoto, quel ground zero, come l'hanno chiamato, lo chiamano. Non ho provato nulla.... Alcun pensiero che non fosse silenzio. Poi sono uscita dal bar.... era stato un film. Come fosse un film. Ancora un film. Di quelli visti, rivisti, sui disastri, le sciagure, le catastrofi. Naturali o provocate, dagli uomini o dagli dei. Ce n'è una vasta gamma. Tutti hollywoodiani o di imitazione. E tutti finiscono con gli eroi, l'inno nazionale, la speranza che aleggia sulle macerie del giorno dopo. The day after... Questo il the end. Sempre, la fine....E' la fiaba americana, questa. malate fantasie, bisogno di dimostrare a se stessi la pionieristica capacità di sopravvivenza. Possibile tutto nel manuale dei boy scout." A questo punto, nel testo l'intuizione sul futuro: 

" Ho pensato all'Afghanistan: andranno in Afghanistan. E ho visto.... E ho pianto....Un enorme ground zero. Molto, molto più grande del grande foro newyorkese. Un ground zero quotidiano, d'ogni alba, d'ogni tramonto.... Tanti ground zero disseminati lungo il tempo a venire, a breve. E lo spazio....Questo ho visto. Sarebbe stato. E' stato. Continua ad essere. E'. Cosa si sarebbe addotto al mondo, quale motivazione o menzogna, non avrebbe avuto alcuna importanza. Il mondo avrebbe creduto.... Quel giorno delle Twin Towers ho pregato. Forse. "

Gli attimi di racconto si fermano qui, questi volevamo ricordare, riprendere da uno dei libri di chi scrive. Oggi lunedì 11 settembre 2023.

Marika Guerrini

Nota  

* Ahmad Shah Massoud, Ministro della Difesa Stato Islamico dell'Afghanistan, Governo Legittimo Rabbani-Massoud (1992-2001)

lunedì 10 luglio 2023

Eco assordante delle bombe a grappolo e sue emanazioni

 ... c'è una pagina in "Afghanistan passato e presente" *1, nel corpo dell'undicesimo capitolo, lì, la Storia del paese, quella con la S maiuscola, apertasi millenni prima dell'anno zero, dopo aver attraversato, spesso celata nell'ombra di altro nome, secoli e secoli di grandiosità, aver vissuto imperi e regni, conseguito vittorie persino sull'Impero Britannico, aver conquistato con il trattato di Rawalpindi indipendenza e modernità, si ritrova a sprofondare nella notte della sua stessa vita e lei, la Storia di quella terra si farà storia di altri sulla propria terra. Causa ad oggi nota al mondo: la menzogna. Quest'ultima, partorita in seno all'estremo occidente, verrà attuata all'insegna del Grande Gioco afghano, la vecchia strategia colonialista di kiplinghiana memoria, che vuole l'attore, interprete principale e autore, nascondersi dietro comparse selezionate con cura. Così la Storia di quella terra ha visto l'annullarsi d'ogni antica gloria che, pur fattasi, malgrado occupazioni e avversità,  memoria e traccia di un cammino verso il futuro, si troverà a percorrere un'unica via, ad affondare nella bianca polvere del deserto. E il mondo? Il mondo dopo qualche fiato, dimentico, volgerà altrove lo sguardo senza avvedersi che ogni seguente e presente bellico, benché altrove, benché distante, affonda le sue radici nella strategia usata dallo straniero in quella terra solo geograficamente lontana. Lì, in quell'esperienza  lo straniero affila le armi, fisiche e non, da lì trae tattica e strategia, annullando in essa il percorso evolutivo d'un popolo, sovrano diritto d'ogni popolo. Ma resterà la Storia a ricordarlo, quella che alberga nella memoria del suo stesso genio, e questo a noi basta.
 Ora però è tempo di aprire il libro, andare all'undicesimo capitolo, alla sua pagina e corrispondere al titolo della pagina che si va tracciando.

" In Afghanistan l'occidente ha violato tutti i diritti umani, civili, molti di quelli legislativi, è venuto meno alle dichiarazioni dell'ONU e, oltremodo, ha violato i doveri etici. Seguendo le regole del Grande Gioco, e non per le Twin Towers che siamo certi ne facessero parte, l'occidente, in questo caso Usa e Gran Bretagna, ha tenuto ben presente l'esperienza dell'Armata Rossa che, combattendo sul suolo, aveva dovuto cedere, quindi, preventivamente ha zittito il capo carismatico Massoud, ed ha evitato persino l'ultima lealtà di un combattimento al suolo iniziando con un "intervento chirurgico": bombardamento e invio di "aiuti umanitari". In realtà gli "aiuti umanitari" che venivano paracadutati, avevano, non a caso, gli stessi involucri di plastica gialla delle micidiali bombe a grappolo, il che impediva alla popolazione la distinzione. Sono saltati in aria migliaia di civili, più che altro bambini affamati che, scambiandoli per viveri, perché questo veniva annunciato dagli altoparlanti, si precipitavano a raccoglierli e, per sopravvivere, morivano... Anche i Taliban, in meno di un mese, da 25.000 unità furono ridotti a 10.000, caddero infatti sotto i bombardamenti... fiaccati, furono costretti alla resa...". 

Questo è stato allora, a guida dell'Afghanistan era il Governo Legittimo Rabbani -Massoud nato da libere elezioni (1992-2001)  dopo di allora, dall'ottobre del 2001 in poi, lo straniero, man mano, usando sempre la stessa strategia, ha rafforzato le truppe dei Taliban a proprio uso e consumo  ancor più che nel primo momento destabilizzante il paese, 1996, luogo Kandahar.

Ma, restando alle Cluster Bombs, nome originario delle bombe a grappolo, di recente, per quel caso che non esiste, ho incontrato un giovane uomo afghano, al tempo bambino. E' stato  un brevissimo incontro in un giorno di pioggia, come se il cielo non reggesse il dolore e si sciogliesse in pianto. Poi nulla, silenzio, non ho più visto il giovane uomo né so dove ora sia. Ma quel giorno ha raccontato cose che nessuno vuol sentire, ancor meno ricordare. Cose che neppure chi scrive, se pur avvezzo alle tragiche conseguenze di quella guerra, vorrebbe sentire, racconti le cui immagini non si vogliono ripercorrere, ancor meno narrare. Basti sapere che i segni di quegli ordigni sono sul corpo di Hussein, nome fittizio, come su migliaia di altri se pur diversi o simili. Sono lì, evidenti in un piede che non c'è più, un piede assente. Ma non allora, non nei primi anni di guerra, accadde la perdita, bensì tre anni fa, per esplosione di uno di quegli ordigni in un campo un tempo coltivato, ora misero e spoglio, fatto di ciuffi d'erba sparsi. Esplosione causata dall'inconsapevole scontro di un piede con un ciuffo d'erba apparentemente innocuo.

Le Cluster Bombs, infatti, non formando corpo unico, malgrado il lancio e l'impatto con il suolo, nello spargersi, possono restare inesplose anche per anni, dipende dalle condizioni del suolo, dalla vegetazione se più o meno fitta, e così via. Hussein, si è trovato a passare di lì tre anni fa e, all'improvviso: esplosione, indicibile dolore, perdita dei sensi. Ma la vita che si muove secondo saggezza, ha voluto tenere Hussein con sé e l'espandersi del boato, ha allertato dei passanti poi accorsi. L'eco però è rimasta, incisa, assordante, a ricordare. 

Gli Stati Uniti, tranne che negli ultimi tempi della loro presenza in Afghanistan, non hanno mai smesso di usare le Cluster Bombs, così come altri ordigni di simile portata, anche dopo il 2008, malgrado la Convenzione di Oslo avesse stabilito  (maggio 2008) il divieto assoluto non soltanto dell'uso, ma della produzione ed anche di un eventuale trasferimento. Più di centoventi paesi hanno nel tempo firmato e poi ratificato l'accordo, Italia inclusa. Non l'hanno mai fatto Stati Uniti, Russia, India, Brasile, Israele, Cina e Pakistan.  Ed ora il robot tenuto a capo degli Stati Uniti, ha firmato, suo malgrado, dice, per il bene ucraino, dice, un permesso speciale di invio di bombe a grappolo all'Ucraina, alla mercé di quella teatrale comparsa, selezionata con cura e posta, come da copione, ad apparente guida del paese baltico. Assoluta pericolosa follia! 

Per ora noi ci fermiamo qui. Si lascia alla riflessione del lettore la costruzione della trama e dell'ordito nell'elaborare i fatti lontani, vicini, attuali e contingenti. Trama e ordito come in un grande fiorato tappeto afghano. 

Marika Guerrini

Note 

* Marika Guerrini , Afghanistan passato e presente, -Storia- Jouvence - Milano 2014


giovedì 6 aprile 2023

Migranti: the trail of tears

 




la grande illusione
 ... da "RossoAcero" * 1

"...Scrivo e sono qui, lontana dalla casa romana, nell'angolo di un'Italia del sud... Sono qui, in un'altra casa, altra stanza, altro tavolo dietro ad un'altra vetrata... Un costone separa me e le mie pagine dal mare, poi strapiomba tra vortici e gorghi. E' autunno. E' quasi il tramonto. C'è la mareggiata. Da stamattina soffia il maestrale, anzi da tre giorni. Ora, entrato da un quadrato della vetrata assente di vetro, sta provando a scompigliare i fogli pressati dai ciottoli. Due pile. Fogli segnati in una, in attesa di segno nell'altra. In attesa di divenire racconto.
Il mare ha levigato questi ciottoli. Ci sono sempre ciottoli, pietre, frammenti di roccia, minerali, fossili, sempre dove io sono, ma quasi mai fanno mostra di sé, si rendono utili. Sempre da sempre, dove io sono, tengono ferme le cose. Siano libri, porte, finestre o fogli, appunto. Perché non si inclinino, non sbattano, non volino. Come farebbero questi fogli scritti e non, che volerebbero con le immagini di Melì, di un ragazzo dai capelli lunghi e neri e lisci, di un padre perduto troppo presto. Volerebbero con le cattedrali di Istanbul, il sogno americano, l'Afghanistan, gli stralci d'una certa storia, le leggende in essa, le tue parole. E le parole sulle tue parole... E mentre i ciottoli salvano le cose vicine e lontane, il maestrale con la mareggiata va placandosi nel tramonto.
E' fuori stagione, m'ha detto stamattina un pescatore a proposito del maestrale e: quann ca' stà o' maestral'e, signò, là ce stà o' viento cauro, o' scirocco.*2 Ha detto anche. 
Il suo qua, il là, sono le coste dell'Africa, Oriana, come fosse all'altro capo del golfo. Eppure Totonno o'capitano, come qui lo chiamano per via dei suoi trascorsi di viaggio sui mercantili, il mare lo conosce tutto. Odore, sapore, movimento, bellezza, insidia. Conosce tutti i suoi venti ed i chilometri che percorrono. Conosce la loro intensità, l'origine, la direzione, la forza e la debolezza. Li riconosce al primo soffio, ancor prima del primo soffio. Conosce l'ampiezza di questo mare, le tempeste e la calma.
 O' viento s' fa' o' stesso signo' , e quann'è accussì fort, chill' povere cristian' morn'.*3
Cristiani per Totonno o' capitano vuol dire persone. E' ai migranti che si riferisce, ai naufragi che da tempo popolano questo mare con i corpi dei figli di Allah. Ai naufragi che saranno. E' che, nella semplicità di Totonno, Oriana, quelli che tu chiami figli di Allah, sono poveri e cristiani. Come lui.
Ora tutto s'è placato, il vento, il mare, ora che l'ultimo raggio di sole s'è allungato sull'acqua. E upupe incoronate beccano sul costone non so cosa. 
E' silenzio. Sospensione. Poi il vespro, le campane. Qui come sull'altra sponda il muezzin. Stesso silenzio, stessa sospensione. Chissà se Totonno lo sa o ne ha ricordo, del muezzin, dei deserti, della preghiera oltre il mare di entrambi. Il mare lungo le terre dei disordini che saranno. Poi. A rompere i silenzi. Poi. Teme. Bisbiglia Cassandra." *3  

Parole tratte da un romanzo, parole segnate che era il 2012. Parole date al mondo l'anno successivo con la loro prima edizione. Parole a suscitare immagini vicine e lontane dal loro primo suono, primo segno, eppure parole attuali ché diverse non potrebbero essere. I migranti. Mondi pregni di vite in transito. Mondi di storie trascinate per monti e valli alla ricerca di un sé lasciato alle spalle. Mondi in balìa di flutti. Chi è l'Oriana a cui lo scrittore si rapporta? E' Oriana Fallaci sensibile giornalista così come scrittore, malgrado al fine infettata dalla patologia di quella terra che chiamiamo America, come fosse la sola ad essere tale e non soltanto parte delle Americhe. Prima dell'incontro con Totonno o' capitano, infatti, chi ha dato vita al comporsi del romanzo, ricorda ad Oriana la rabbia e l'orgoglio a cui la giornalista aveva dato errato indirizzo: rabbia verso la terra afghana, orgoglio per gli Stati Uniti d'America. Ed è per questo che riporta le sue parole denominanti figli di Allah i popoli musulmani, di cui la Fallaci aveva compreso ben poco o forse nulla. Così, nello snodarsi delle parole, nel raccontare ad Oriana la vera America attraverso la storia dei nativi, attraverso ricordi di famiglia con la vita di Melì, madre di sua madre ed il padre di lei, Joseph, entrambi figli legittimi di quell'America a cui la Fallaci canta gloriosi peana, con l'evocare la profetessa Cassandra, la visione futura delle cose del mondo che si sarebbe attraversato, il suo vaticinio, chi narra giunge a Totonno che con semplicità e sottile verità risponde all'ipocrisia dei quesiti irrisolti ancora oggi. In questi nostri giorni. 
In tal guisa si evidenzia da centinaia di anni, benché in tempi e luoghi sempre diversi, il fenomeno delle migrazioni forzate ad opera, diretta o trasversale, della strategia "americana", l'annientamento altrui a favore d'una propria mondiale, o quasi, supremazia. C'è qualcosa però che non va dimenticata, l'origine britannica della strategia che, all'inizio della tuttora adolescente storia degli Stati Uniti d'America, tracciò il "Cammino delle lacrime", "The trail of tears" con la persecuzione dei popoli nativi, unici figli realmente legittimi di quella terra.
Quanti cammini intrisi di lacrime saranno ancora da percorrere prima che venga permesso alla consapevolezza di afferrare le redini dei popoli?

 Marika Guerrini

Note

* 1) Marika Guerrini, RossoAcero, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, 2013 
         
* 2) Trad. dal dialetto cilentano: Quando qua c'è il maestrale, signora, là c'è il  vento caldo, lo
     scirocco .
            
* 3) Trad. dal dialetto cilentano: Il vento è lo stesso, signora, e quando è così forte quei poveri 
      cristiani muoiono.



domenica 15 gennaio 2023

Iran: "Memoires" le origini del malessere iraniano


... " Nous avion quitté Téhéran par un vent glacial... ce 16 janvier 1979..." (1). Questa immagine mi ha introdotta al libro " Mémoires", éditions XO Paris, 2003. Autore S. A. I. Farah Pahlavi, nata Diba. 

E' avvenuto vent'anni or sono. La notizia dell'esistenza di "Mémoires" mi era giunta a poco più di un mese dall'uscita editoriale, avevo ordinato il libro alla casa editrice, mi era stato consegnato in una settimana. Liberato dall'involucro di carta l'avevo aperto a caso e, per quel caso che non esiste, mi ero trovata a pagina 295 sulle parole di cui sopra in una sferzata di vento glaciale. Prime parole della quarta parte del testo. Inizio della fine. Così, il soffio gelido di quel vento immaginato a raggelare l'animo più che i volti all'aeroporto di Téhéran, aveva raggelato il mio respiro riportandomi alla mente un'altra immagine, quella di un uomo il cui ultimo gesto, prima di imboccare la scaletta dell'aereo, era stato chinarsi, raccogliere un pugno di terra e deporla in tasca. Quell'uomo era lo Shah Reza Pahlavi e quel gesto sarebbe stato l'ultimo compiuto nella sua terra. La visione del ricordo aveva acuito in me ancor più il gelido soffio immaginato, mostrato ancor più lo straziante dolore del Sovrano. 

Da allora, da quell'immediata lettura allargatasi poi a tutto il testo, fino alla scorsa settimana, il volto di Farah Pahlavi, impresso sulla copertina, avrebbe occupato per circa vent'anni la prima fila di uno scaffale nella libreria del mio studio, ora è qui al mio fianco, sulla scrivania, il suo volto è nascosto, il libro aperto mostra la dedica dell'autrice: A' la memoire de tous ceux qui ont été assassinés par l'obscurantisme. A' la memoire de tous ceux qui ont donné leur vie pour l'integrité de l'Iran. Au peuple iranien. A' mes enfants. Pour l'amour de mon roi." (2)

Ho vissuto in Iran in tempi inizialmente non sospetti fattisi poi sospetti, tempi in cui i prodromi di quella che sarebbe stata la fine del Regno, si sarebbero fatti sempre più evidenti a partire dalle università in cui l'iniziale subdolo volantinaggio contro lo Shah, si sarebbe fatto sempre più palese. 

Ho vissuto in Iran in quei tempi, a Mashhad, ho vissuto i prodromi all'ombra della grande moschea dedicata all'Imam Hussein, ho vissuto nelle strade su cui quotidianamente centinaia di pellegrini si riversavano ad onorare il Santo in quella città santa, ho camminato tra la gente indossando jeans e T-shirt, accanto a donne anziane alcune con indosso il chador, accanto a giovani donne che il chador avevano dimenticato. Ho vissuto in quell'oriente mentre tra gli studenti, al maschile o femminile che fossero, volantini passavano di mano in mano a sobillare gli animi istillando il morbo della Rivoluzione. Ma suoni vocali quali libertà, modernizzazione, potere al popolo, auspicanti una successione del clero al Governo in atto, avevano un amaro sapore, qualcosa stonava alle orecchie, ai pensieri, alle riflessioni di ventenni studenti stranieri, presenti in quel paese a ricercarne l'antica storia, la letteratura, l'arte, ed ancor prima, gli antichi imperi. E stonavano ancor più vivendo tra la gente del popolo, percependo il loro amore per lo Shah Reza e la Shahi Farah, amore espresso con semplicità, malgrado svariate pecche compiute da parenti dello Shah e dalla Savak, la polizia segreta di Stato che spesso, troppo spesso, fosse per quell'estremizzare che caratterizza il dna iraniano, fosse per eccesso di zelo o, come accadde poi, per tradimento nei confronti del Sovrano, usavano violenza facendo credere che l'ordine venisse dall'alto, risultasse lui il mandante. "...la police agissait parfois sans aucun discernement...j'en parlai au roi, qui démit le chef de la police nationale..."(3) 

Frequenti episodi in tal senso si susseguivano quasi quotidiani, ma l'azione punitiva del Sovrano veniva taciuta. Sì, complotti su complotti si susseguirono sotto il cielo iraniano del tempo. Scriverà lo Shah nel suo diario: "L'erreur que j'ai faite c'est de n'avoir pas utilisé nos propres médias pour lutter contre cette intoxication incessante."(4)  

Eppure il popolo semplice, quando si sentiva libero da qualsivoglia costrizione, esprimeva amore per quel Sovrano che aveva principiato riforme su riforme, quali libertà di velo per le donne, frequenza di scuole d'ogni ordine e grado, borse di studio elargite per paesi esteri, modernizzazione della tecnologia, evoluzione in campo medico sanitario e persino l'esilio per esponenti del clero che perseguivano l'ortodossia attaccando ogni riforma e più di tutto l'emancipazione femminile. Tra questi l'àyatollàh  Ruhollāh Khomeyni. 

Certo, non si trasforma un paese in un anno né in due e neppure in dieci, tanto più se la cultura è antica e i fanatismi religiosi agiscono sulle genti, così che, per ovvie ragioni, quel mondo non possa fare altro che muoversi avanzando e retrocedendo. Malgrado ciò era lampante che tutto fosse stato avviato per la trasformazione, l'emancipazione, la modernizzazione, checché se ne sia detto e scritto nel nostro malato occidente e si continui a farlo: " Le plus incompréhensible était que tout ce que la monarchie avait fait de positif pour l'Iran était décrit d'un seul coup comme négatif par les médias occidentaux.." (5) 

C'era però qualcosa che il popolo semplice rimproverava al Sovrano: la scarsa severità verso gli oppositori, verso l'ortodossia del clero, verso le azioni della Savak e dei giovani ribelli. Ma allo stesso tempo l'antica saggezza del popolo semplice, faceva sì che la comprensione per le enormi difficoltà in cui versava lo Shah nell'attuare la trasformazione della società, vivesse comunque. E proprio questa comprensione sarebbe stata poi attaccata e recisa usando la religione quale arma sul popolo semplice, mentre sui giovani si sarebbe usata la falsa promessa dell’ideale democratico.

Certes, je n'attends pas de la jeunesse qu'elle se montre conservatrice. Dans tout le pays, elle se porte vers les idéaux qui lui paraissent les plus généreux. Au nom de la justice, on peut lui faire faire des grandes choses. Mais aussi les pires." (6)  Parole di Reza Shah pensando e scrivendo dei giovani manipolati da coloro che stavano preparando la fine del Regno ed il rientro di Khomeyni che avrebbe usato la religione facendola passare attraverso i giusti ed innati ideali dei giovani. A proposito della manipolazione e l'uso, in qualche riga precedente, ancora lo Shah: " Il leur fallait des troupes; ils les trouvérent dans les universités et, bientòt, jusque dans les écoles. Avec succés, malheureusement." (7)

Lo Shah da tempo, pur consapevole delle avversità intestine, delle manovre avverse del clero, aveva deciso per una democratizzazione della società, una liberalizzazione del regime, di continuare a regnare ancora per poco tempo, il necessario per la formazione del figlio alla successione, nel frattempo governare secondo la Costituzione accordando al paese tutte le libertà necessarie al formarsi di una democrazia. Ma gli oppositori, gli intellettuali e i giornalisti che poi avrebbero inneggiato ed appoggiato i mullah e Khomeyni, continuarono ad agire come se lui affermasse il contrario. Non poche furono le modalità di menzogna, tra cui: " Le cynisme des agitateurs ne connuut pas de limites, On m'a rapporté le cas de gens décédés de mort naturelle, de maladie ou qui avaient péri dans un accident et donc le corps avaient été récuperés... hissés sur les épaules de quelques meneurs qui s'en allaient les promener à travers la ville vociférant: Voilà une victime du regime! ..."(8)  

Ancora da un diario dello Shah, che, dimagrito e silenzioso, con l'avanzare delle rivolte spesso diceva come a se stesso: Mais pourquoi ? Pourquoi?  Ma perché? Perché? non comprendendo perché un popolo con il quale per lungo tempo si era sentito in comunione avesse ceduto ad uno oscurantismo religioso.

 

Reza Shah ama il suo popolo, mi disse un giorno Leylamentre, sua ospite, me ne stavo accovacciata su di un kilim sorseggiando del tè rosso e seguendo in tv la visita della Shahi ad una scuola di Tabriz. In quell'occasione mi avrebbe mostrato con orgoglio vecchie foto di quando, bambina, aveva incontrato lo Shah in visita alla scuola di Mashhad da lei frequentata. Era una donna semplice Leyla, il marito faceva il taxista, la sua bambina si chiamava Shirin, aveva sei anni. A Shirin parlavo in italiano perché lo imparasse, lei rispondeva in persiano perché lo imparassi. La loro casa confinava con quella di noi quattro studenti italiani, i nostri giardini erano invisibili l'uno all'altro per via dell'alto muro di cinta che li circondava, ma si udiva lo zampillio delle piccole fontane circolari sì che un perenne saluto. Era una donna semplice Leyla con l'acutezza antica d'una terra antica non ancora contaminata da mode d'occidente. 

Ma, ecco, mi sono lasciata andare al ricordo personale, mi scuso con il lettore per l'inopportuna debolezza, intanto è giunto il tempo di chiudere questa densa pagina, lasciamo la parola a "Memoires", all'ultima sovrana di quella terra tornata all'attualità, sovrana Farah Pahlavi, benché in esilio, perché non c'è rivoluzione che possa cancellare la sovranità, al contrario la sovranità può placare una rivoluzione quando e se non venga tradita. 

Notre arrivée à la Maison Blanche fut un moment difficile. Des manifestants s'étaient massés derriér les cordons de sécurité, certain pour nous applaudir, d'autres pour nous insulter..."  così, mentre Reza Shah e Carter in presenza di giornalisti e personalità, ebbero il primo scambio di parole "...de violentes bagarres éclaterént entre les manifestants de sort que la police dut intervenir... je me dis en moi-meme qu'au temps de Richard Nixon jamais les manifestants n'auraient été autorisés à s'approcher si prés de nous...C'est au cours de ce voyage officiel que je découvris avec stupéfaction le portrait d'un de nos religieux agité par un groupe d'étudiants..." (9) e poi ancora: “ ...l’opposition iranienne avait vu en Carter un allié pour ses combats de demain, et le vent de revendications n’aurait sans doute pas soufflé avec cet force si un autre homme avait accédé à la Maison Blanche...” (10)   

La pagina si chiude qui, sulle parole tratte dalla visita ufficiale di Reza Shah e la Shahi Farah alla Casa Bianca, Stati Uniti, novembre 1977, presidente il democratico Jimmy Carter.

Il ritratto issato e agitato dinanzi alla Casa Bianca da studenti iraniani era quello di Rudollàh Khomeyni.

Non c'è altro da dire.

 Marika Guerrini

 

NOTE di traduzione

 !) “Abbiamo lasciato Téhéran con un vento glaciale... questo 6 gennaio 1979”;

2) “Alla memoria di tutti coloro che sono stati assassinati a causa dell’oscurantismo. Alla memoria di tutti coloro che hanno dato la loro vita per l’integrità dell’Iran. Al popolo iraniano. Ai miei figli. Per l’amore del mio Re”;

3) “La polizia agisce senza alcun discernimento”;

4) “L’errore che ho fatto è non aver utilizzato i nostri media per lottare contro questa incessante intossicazione”;

5) “La cosa più incomprensibile era che tutto ciò che la Monarchia aveva fatto di positivo per l’Iran veniva immediatamente descritto come negativo dai media occidentali”;

6) “Certo non mi aspetto dalla gioventù che sia conservatrice. In tutti i paesi ella mira a quegli ideali che sembrano più grandi. In nome della giustizia si possono far compiere alla gioventù grandi cose. Così come dei disastri”;

7) “Avevano bisogno di truppe, le hanno trovate nelle università e ben presto anche nelle scuole. Con successo, malauguratamente”;

8) “Il cinismo degli agitatori non ha limiti. Mi è stato riferito di gente deceduta di morte naturale, di malattia o che sono morti in un incidente, dopo di che il corpo è stato recuperato... issato in spalla da qualche capo (rivoluzionario) che si è messo a camminare per la città urlando: ecco una vittima del regime!” ;

9) “Il nostro arrivo alla Casa Bianca fu un momento difficile. Manifestanti si erano ammassati lungo i cordoni di sicurezza, alcuni per applaudire altri per insultarci... violente risse scoppiarono tra i manifestanti, tanto che dovette intervenire la polizia... io dissi a e stessa che al tempo di Richard Nixon i manifestanti non sarebbero mai stati autorizzati ad avvicinarsi a noi... Fu durante questo viaggio ufficiale che scoprii, con stupore, il ritratto di uno dei nostri religiosi che veniva agitato da un gruppo di studenti...”.

10) “...l’opposizione iraniana aveva visto in Carter un alleato per le sue battaglie future e il vento delle rivendicazioni non sarebbe esploso con quella forza se un altro uomo fosse stato alla Casa Bianca”.

 





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sabato 12 novembre 2022

Russia Ucraina Europa tutto chiaro e prevedibile da tempo

 ... occiriente in uno sguardo retrospettivo proteso verso l'attualità, ripropone due sue pagine stilate rispettivamente il 15 febbraio 2015 con titolo: "Ucraina: quando decide la paura" e il 14 giugno 2015 con titolo: "Usa Russia Europa aggiornamento di un'analisi banale e complessa". Qualche nome è cambiato, cambiata anche qualche realtà storico-politica e geografica, ma sono orpelli rispetto alla sostanza che non è variata e non varia, anzi si aggrava ed estende sempre più. Sempre più infida e menzognera. Ma diamo spazio all'eloquente sguardo retrospettivo. Grazie.

 


Prima pagina -15 febbraio 2015-

 "Ucraina: quando decide la paura"

...non è dato sapere ora se la situazione ucraina infiammerà l'Europa, non è dato sapere se la tregua firmata a Minsk verrà attesa, è dato sapere di una dichiarazione: " Aderiremo alle disposizioni del documento di Minsk, ma se l'accordo non verrà rispettato reagiremo", è dato sapere che le parole sono di Denis Pushilin, un filorusso, uno dei ribelli, un loro negoziatore. E' dato sapere che siamo nella tregua, nella possibilità. E' dato sapere, ma si preferirebbe sbagliare, che i soldati ucraini o chi per loro tra i tanti mercenari che hanno preso a popolare e popolano quella terra dai giorni della deposizione di Janukovyc, procureranno l'incidente sì che i ribelli (filorussi) rispondano e a loro venga addossata la colpa, come da tempo accade in quei luoghi. Ed è dato sapere di un documento, uno americano, uno stilato e approvato dal Senato degli States la scorsa primavera, depositato ch'era il 22 di maggio del 2014, in cui si dà per scontato e avvenuto tutto ciò che si è vissuto e si sta vivendo in questi giorni. E' questo che è dato sapere, e poiché l'ultimo elemento che ci è dato di sapere riguarda i pronostici-trama di quell'estremo occidente ubicato oltre oceano, abbiamo deciso di riportarlo, sì che chi non abbia avuto modo di conoscerlo potrà farlo. Ecco il documento articolato in tre punti e fedele all'originale:



1) Rafforzamento della Nato. 
Incrementare le forze Nato nei paesi Baltici e in Polonia incrementando il numero di soldati e la quantità degli armamenti nonché incrementare su tutta l'Europa orientale il sistema missilistico già presente, sistema contenuto nel "Ballistic Missile Defence" (Bmd);

2) Azione Deterrente. 
Washington deve agire sull'Ue per velocizzare l'ingresso dell'Ucraina nell'Unione, non solo, ma gli Usa compiranno un'azione di condizionamento circa la Russia al G8 e alla Banca Mondiale ( ricordiamo) se la Federazione non agirà secondo i "canoni delle società democratiche", e ancora l'applicazione delle sanzioni non solo alla Russia in quanto Governo, ma a cittadini russi, a società e organizzazioni russe all'estero (Usa). Dulcis in fundo, e questo vanifica ogni dubbio sulle Ong americane e accoliti, se mai ci fosse stato, incrementare le Ong, "umanitarie" appunto, in realtà spesso covo di spie, sì che possano "migliorare la governance democratica nella Federazione Russa;

3) Difesa dell'Ucraina e degli Altri Paesi Euroasiatici.
 Rifornire di armi "su richiesta" i governi minacciati, riconoscere l'Ucraina, la Georgie e la Moldavia quali "Major Non-Nato Ally" ovvero maggiori alleati non facenti parte della Nato,  intanto, per allargare il supporto militare, stipulare accordi bilaterali con Serbia, Bosnia, Kosovo e Azerbaigian. Fare richiesta alla banca Mondiale e a quella Europea, affinché autorizzino gli Usa a partecipare allo sviluppo energetico in Ucraina, in Moldavia e in Georgia. Provvedere a finanziare l'emittente radiotelevisiva americana The Voice of America, affinché in lingua russa si rivolga ai paesi ex-sovietici e ai paesi baltici per diffondere "conoscenza" sui fatti di aggressione di cui sopra.

Il commento al documento è superfluo, così come sottolineare la criminalità avventuriera dei governi Usa, quel che non lo è invece è un attimo di riflessione sul sentimento profondo che muove gli States lungo la loro storia, sentimento che ultimamente, inteso ultimi anni, ha preso sempre più corpo, quasi a farsi materia e in spoglie di solida materia, si è espanso su gran parte del pianeta, ovunque gli States si siano recati e si rechino che sia per interessata "amicizia" o per guerra: la paura.
La paura fa ormai parte del DNA degli States e il motivo di essa si evidenzia da sé oltre l'apparenza delle cose: la materia, materia e paura si muovono all'unisono, da sempre, come a scaturire vicendevolmente l'una dall'altra. 
Gli Usa, dal sorgere della loro storia, quella che per esistere ha distrutto l'altrui, ha   disseminato sul continente infinite trails of tears, ha compiuto il più grande genocidio che si ricordi nelle persone dei nativi americani, quella che, con lo stesso spirito, s'è mossa e si muove all'occupazione di terre straniere, ché conquista non è mai stata né sarà, ovunque sia profitto, hanno consacrato la loro vita al dio danaro quindi alla materia più sofisticata, la materia che compra la materia. E' la loro storia, la loro filosofia di vita, imbastita di retorica spesso raffinata, imbastita di bei propositi, belle intenzioni, ed Hollywood con il suo mondo di falsa bellezza, in cui i suicidi da sempre si susseguono e moltiplicano, ne è emblema, così come lo sono le centinaia di suicidi tra i soldati, che, svuotati del loro essere più profondo, annullati quali individui, privati della dignità d'essere uomini, infarciti di belle parole sulla nazione, la democrazia, il soccorso ai popoli, vengono catapultati lì dove la materia si frantuma per annullarsi dinanzi alla miseria, al dolore, alla morte. Questo sono gli States, questo sanno fare. Ed è storicamente interessante notare come oggi, ora, al di là di ogni interesse di supremazia finanziaria, geopolitica, territoriale, al di là di ogni dominio, gli States si accaniscano nel desiderio di annientare la Russia spinti dalla sottile paura della non materia, perché questo la Russia sta loro contrapponendo.
La Russia degli ultimi tempi, ha scelto di non basare la propria forza sul potere economico, ha scelto valori più profondi che traspaiono anche dalla coesione del proprio popolo così come da certe decisioni sociali contro corrente ma attente al rispetto dell'infanzia, e così via. In questo suo tempo post sovietico, la lancetta dei valori, in Russia, lentamente ma costantemente, si è spostata dalla materia alla non materia, questo, in maniera inconsapevole ai più, è alla base dell'accanimento statunitense, alla base della loro paura, del loro non controllo. In realtà l'amministrazione a nome Obama s'è fatta emblema della parte più profonda della storia degli Stati Uniti perché ha esasperato ed esaspera le caratteristiche che hanno fatto di quella terra il paese della Materia con la M maiuscola. Persino il vecchio pensiero materialista sovietico impallidisce dinanzi alla portata di ciò che muove e si muove negli States, e si ravvisa, e sottolinea come e quanto gli States temano tutto ciò che non possono omologare a se stessi, quindi controllare. Ma controllare dal di fuori si può solo la materia, che sia con danaro, armi o menzogna, e la Russia di questi ultimi tempi è incontrollabile per gli States. Nell'ottica degli States quest'elemento che si sprigiona dalla Russia, è molto più pericoloso di qualunque altro pericolo possa venire da qualsiasi altro paese, perché sfugge al controllo della materia, al loro controllo e... li esaspera, esaspera in loro la paura. Questa la realtà di fondo, la sottile, invisibile verità di fondo che si sta vivendo.

Seconda pagina -14 giugno 2015-

"Usa Russia Europa: aggiornamento di un'analisi banale e complessa"

 ..all'accordo di Minsk, quello scaduto il 19 settembre del 2014, avevamo creduto, in un primo tempo, ma avevamo creduto, il secondo accordo partito alla mezzanotte del 15 febbraio 2015, se non ci fosse ricordato, non lo ricorderemmo e non ci crediamo. 

I presupposti per un secondo fallimento ci sono tutti e tutti gli stessi del primo round, così, quando al G7 abbiamo sentito Obama affermare: "Putin sta portando il suo paese alla rovina nello sforzo di creare i fasti dell'impero sovietico", " Putin sta scegliendo di mandare in pezzi l'economia russa" e via dicendo per arrivare a: "La Russia sta ancora violando gli accordi sull'Ucraina e se sarà necessario inaspriremo le sanzioni" seguito, a questo punto, dalla Merkel e dal fanalino di coda Renzi, tutto  per noi è rimasto nella normalità, alcuna nuova. Ma poiché le cose dette e ridette si dimenticano per assuefazione all'idea o per noia, ripercorriamo in un arco i fatti.
Le autorità ucraine non hanno mai rispettato i punti dell'accordo, questo però non ci deve meravigliare, dato che il motivo d'esistere dell'attuale Governo ucraino, la sua formazione in seguito al colpo di Stato appoggiato dagli americani, ha avuto ed ha l'obiettivo di destabilizzare la Russia, quindi il Governo ucraino farà sempre sì che Minsk non venga rispettato, perseguirà sempre una strategia atta a provocare l'azione o la reazione dei separatisti, che sono tali a prescindere dalla presenza russa, checché affermino alcuni media italiani ed europei.  Questa dinamica di fatti è cosa che tutti conoscono, è il classico mercato di Pulcinella in cui il segreto passa di bocca in bocca, ma, continuiamo. Perché la faccenda risulti ancor più chiara, portiamo l'attenzione su di un'unica voce dell'accordo di Minsk, la quarta delle tredici presenti, voce focale da cui si diramano tutti i punti, siano essi amministrativi economici, politici e o militari: "Modalità temporanea dell'amministrazione locale nelle repubbliche di Donesk e di Lugansk", questa la voce. Il suo perché è nel Diritto all'autodeterminazione delle repubbliche di Donesk e Lugansk, con le rispettive sfaccettature: 
1) autodeterminazione linguistica, non dimentichiamo che l'80% dei cittadini in queste due repubbliche è russofona come in Crimea, quindi questione di identità storica;       
 2) autonomia nello sviluppo economico, sociale e culturale; 
3) libertà di collaborazione con le regioni russe; 
4) Istituzione di una milizia nazionale in accordo con il governo centrale;
5) abolizione di sanzioni, discriminazioni e persecuzione delle persone coinvolte negli attuali eventi, ovvero i separatisti.
Non a caso questa è stata una voce ballerina, approvata inizialmente da Poroshenko poi da lui ritirata perché: "i ribelli non hanno rispettato le condizioni", per essere sempre da Poroshenko riproposta con clausola, ovviamente la stessa: rispetto di Minsk.
A questo teatrino se ne aggiungono altri come il su citato G7 di Elmau, ma sappiamo benissimo, esperienza insegna, quanto questo teatrino altro non sia che il ripetersi di precedenti in altro loco, dalle false Primavere Arabe a  Saddam Hussain a Mohammar Gheddafi, alla destabilizzazione dell'Egitto e aree limitrofe, all'attuale azione sulla e nella Siria di al-Assad, dal permesso di aggregazione e armamento dell'Isis, all'azione sull'Iran,  benché qui si agisca con circospezione perché gli Usa non capiscono l'Iran, lo temono da che provocarono la caduta del sovrano Reza Pahlavi e l'avvento degli Ayatollah, ma di questo parleremo in altra pagina, in sintesi il calderone è sempre lo stesso, i motivi egemonici sono sempre gli stessi, e in questo calderone tra le cui conseguenze è da annoverarsi anche l'incubo della folla migratoria, da tempo si vorrebbe far entrare la Russia, anima orientale d'Europa, azzoppando a ruota anche il Brics, con esso le numerose intese in vari campi, compreso il militare, tra Russia e paesi che lo compongono. 

Che gli Usa siano in caduta libera e in quanto tali ancor più pericolosi, non v'è dubbio. Fino a quando la Russia di Putin potrà arginare il riscaldarsi di una guerra, quel che in fin dei conti sta facendo mentre gli Usa,  escludendo le sequenze storico-antropologiche di cui sono incapaci, hanno sbagliato il conto, non lo sappiamo, quel che sappiamo è che gli Usa con il colpo di Stato ucraino e i seguenti fatti, attribuendo all'antagonista la responsabilità, credevano d'aver provocato l'incidente storico debellante la Russia, ma la cosa non sta funzionando, ecco perché oggi l'attualità potrebbe farsi incandescente, per i colpi di coda di un drago alla fine della sua supremazia, forse. Non a caso mentre si accusano i separatisti di mancata osservanza di Minsk, si accusa la Russia di ingerenza eccetera eccetera, la Nato, strumento egemonico statunitense catapulta altri 3.000 uomini nei paesi dell'Europa dell'est e Philip Hammond, Ministro degli Esteri del Regno Unito, riprendendo un'idea del Pentagono vecchia di decenni che prevede la distribuzione di un numero di armi nucleari sul suolo britannico, riferendosi a questo e alla richiesta, specifica: " Per mandare un chiaro segnale alla Russia che non permetteremo loro di trasgredire le nostre linee rosse", testuali parole. Che poi nella storia e nella contemporaneità loro altro non abbiano fatto e sappiano fare che trasgredire le linee rosse altrui così come le Sovranità di Stato, questo, ovviamente, non ha alcuna importanza.
Ma quel che continua a porsi in noi come interrogativo, è la posizione della Merkel, ivi inclusa la faccenda greca, come prendere i suoi interventi  in apparenza volti all'europicidio, come un effettivo desiderio di distruzione dell'Europa, condividendo il celato, e neanche tanto, desiderio americano di impedire i fantomatici Stati Uniti d'Europa che da noi stessi, ancor prima che ci venga impedito, siamo incapaci di formare, o, come si spererebbe, quella del cancelliere tedesco è davvero un'azione machiavellica data l'economia europea dipendente da oltreoceano, vedi l'ex banchiere Draghi, e  l'infestazione di basi Nato di cui  soffriamo molto più che della recente scabia importata? Certo, l'affermazione della Merkel al G7 circa l'attuazione del Ttip, acronimo di Transatlantic Trade and Investment Partnership, vale a dire Partenariato Transatlantico per il commercio e gli investimenti, ci preoccupa non poco, sarebbe per l'Europa un vero cavallo di Troia, tanto per ricordare Grecia e Turchia, l'Europa perderebbe ancor più ogni autonomia in ogni ambito, persino nelle regole sanitarie e fitosanitarie, in quelle alimentari, degli appalti pubblici, eccetera eccetera, sarebbe la rovina che farebbe saltare ogni garanzia a tutela di ogni diritto dei consumatori con un aumento esponenziale di potere delle multinazionali, i cui unici diritti  contemplati sono quelli economici, di perforazioni e minerari, perché i diritti di uomini e natura, vegetale o animale che sia, non sanno cosa farne se non ad uso e consumo di quelli di cui sopra, unici che conoscono ed applicano. Ma anche questo è un segreto di Pulcinella mentre l'Europa si allontana sempre più dai valori dei suoi fondatori tra cui quello dell'indipendenza, nella sua guida, da intromissioni ad essa esterne. Ora, questo, ripetiamo, è machiavellismo a tener buono l'avversario-alleato o pura completa follia? E se così, cos'è questo soggiacere alla follia? E gli altri dove sono? Noi dove siamo? 
Non sarà che le sanzioni alla Russia sono in realtà sanzioni all'Europa?

Marika Guerrini
foto dal web
  

venerdì 21 ottobre 2022

Afghanistan : in relazione all'articolo "Afghanistan, Amnesty International racconta l'anno di repressione dei Talebani... " pubblicato da " Il Fatto Quotidiano" del 19 ottobre 2022

 


...“Un anno fa i talebani s’impegnarono pubblicamente a proteggere e a promuovere i diritti umani. Invece, la velocità con cui stanno smantellando 20 anni di passi avanti è impressionante”. E ancora: " Detenzioni arbitrarie, torture, sparizioni, esecuzioni sommarie sono tornate all'ordine del giorno..." . Queste le parole di Yamina Mishra direttrice di Amnesty International per l'Asia meridionale. Da notare "...20 anni di passi avanti..."  e  le detenzioni etc. "..sono tornate all'ordine del giorno...".
L'Articolo continua sottolineando come siano state "smantellate istituzioni democratiche" parole tracciate in neretto. Di poi, sempre l'articolo, denuncia la repressione d'ogni libertà espressiva, quindi anche di stampa, e va avanti con evidenziare arresti e torture perpetrati su pacifici giornalisti. Scorrendo poi ecco un'altra denuncia: la persecuzione che l'etnia Pashtun esercita su quella Hazara, sulla Turkmena, sull'Uzbeka. Procede poi col riportare le cifre degli sfollati, delle decine di milioni di afghani ridotti alla fame, degli oltre 3 milioni di bambini tra questi. E ancora e ancora, parole atte ad ascoltare se stesse, eppure quest'articolo va letto, perché? perché oltre a dimostrare la perdita d'ogni etica giornalistica, ma la cosa oramai è prassi, va letto per poi chiedersi e chiedere:  ma Amnesty International e tutti gli altri ben pensanti che sciorinano parole su parole, dov'erano in questi ventuno anni, dove? Forse erano con Pinocchio nel paese del balocchi, unico luogo davvero degno di bugia e ignoranza?
E dov'erano quando il 7 ottobre del 2001 bombe d'ogni tipo, comprese quelle a grappolo, furono sganciate sulle maggiori città afghane, esclusa Kabul per ovvi motivi tattici, sganciate a falciare uomini e cose segnando l'inizio della fine di quella terra e firmando, per l'ennesima volta, la vile strategia statunitense del: prima si bombarda poi si paracadutano aiuti umanitari dagli involucri gialli, poi si scende al suolo  e si occupa. Che nel secondo atto della scena gli involucri gialli, come quelli delle bombe a grappolo, venissero usati per paracadutare aiuti umanitari, quasi sempre viveri, non ha importanza, tranne che spesso e volentieri si moriva per potersi sfamare. Sì perché migliaia di afghani, per lo più bambini affamati, correvano nella speranza di cibo e saltavano in aria.  Non c'era nessun custode dei Diritti Umani lì, fosse onlus o singola persona. Dov'erano i benefattori dalla facile parola? Dove Amnesty International? O altri simili, dove?
A monte c'è così tanto altro che ricorderemo solo un momento a testimone del progetto. Ci domandiamo e domandiamo: è possibile che nessuno di questi benefattori avesse ascoltato le parole pronunciate dall'allora Segretario di Stato Henry Kissinger, queste parole: " La guerra al terrorismo non consiste solo nel dare la caccia ai terroristi. Consiste soprattutto nello sfruttare la straordinaria opportunità che si è presentata di rinnovare il sistema internazionale..."e così via. Nessuno sapeva? Possibile che la mente di alcuno dei benefattori mondiali, fosse stata sfiorata dal sospetto che l'implosione delle Twin Towers  fosse stata l'auto-procurata miccia a che tutto accadesse, a che l'intero disegno fosse giustificato nell'allora presente e in avvenire? Possibile? Proprio a nessuno ? Noi mortali a volte abbiamo dubbi e il dubbio, saggezza suggerisce, è via di conoscenza.
Chi scrive non vuole suscitare ancora una volta immagini di dolore, solo qualche attimo a ricordo e allora si chiede: dove erano i custodi dei Diritti Umani quando soldati delle forze d'occupazione, dette liberatrici, entravano nelle case e violentavano donne, bambine e  bambini? Quando distribuivano droga, per lo più eroina, ad adolescenti e donne incinte, dopo che nel 2002 gli Stati Uniti avevano fatto costruire, inaugurato la prima raffineria nel paese, dov'erano costoro? E quando venivano distribuiti medicinali scaduti, medicinali pediatrici per bambini cardiopatici, caricati sugli aerei cargo militari poi smistati laggiù tra ospedali e centri di soccorso? Dov'erano? Chi scrive era qui, qui seduta in terra tra scatoloni colmi di questi medicinali, qui a far lo scarto vietandosi di provare dolore per non annebbiare la vista con lacrime non versate. Anche allora dov'erano i custodi dei Diritti Umani? 
E quando in città italiane, varie città italiane, si creavano eventi a denunciare la persecuzione fatta dai Pashtun  sul popolo Hazara, eventi a mostrare splendidi scatti, o attimi di narrazione di leggende e storie figlie di quella terra e si invitavano i ben pensanti dirigenti e rappresentanti dell'onlus di cui sopra, e di altre del genere, ,e nessuno si presentava come, per citare solo uno dei momenti, quello dell'aprile 2012 in Roma, Piazza Della Repubblica, dov'erano costoro? Chi scrive c'era e c'erano molti ragazzi afghani tutti rifugiati politici, confidavano nell'aiuto dell'Italia, delle Onlus, conoscevano il mio ruolo istituzionale, ma non servì. Ottennero solo una voce, la mia. Lessi loro le mail di congratulazioni. E basta. Ma è anche accaduto diversamente come al Festival Internazionale dell'Antropologia svoltosi in Italia a Catanzaro: applausi, riconoscimenti immediati poi, dopo i tre giorni, silenzio. Così altrove lungo gli anni, si potrebbe continuare ma a nulla varrebbe e la domanda resterebbe la stessa: dov'erano? Ora sarebbero da ascoltare queste voci di ben pensanti denunciare cosa? Il voluto o il lasciare che accadesse? Perché? 
Invece di affermare " 20 anni di passi avanti", invece di parlare di smantellate Istituzioni Democratiche, inesistenti, di acclamare ai portatori di Democrazia, inesistente, sarebbe bene tacessero, se non altro per una forma di etica professionale, per non dire personale ché, se fosse presente, resterebbero in silenzio.
In Afghanistan l'occidente ha violato tutti i diritti umani, civili, legislativi, è venuto meno alle dichiarazioni dell'ONU che, per quanto assente, inizialmente provò a rilasciare alcune dichiarazioni, benché con prudenza, estrema, attenta prudenza.
Questa gente che parla, che dichiara, che sottolinea il falso e così via, farebbe bene, tacendo, a studiare la storia di quella terra, si renderebbe conto di quanto sia stata grande in un lontano passato, di quanto sia stata civile in un passato recente, per esempio nei dieci anni di Regno di Re AmanUllah (1919-1929), o anche nel periodo repubblicano con il Governo Legittimo Rabbani-Massoud (1992-2001) malgrado le lotte per scacciare i Taliban, e persino prima di quest'ultimo, durante il Regno di Zahir Shah (1933-1973) che, sotto mentite spoglie, in realtà aveva mantenuto la Costituzione scritta da Re AmanUllah, per cui dall'inizio dello scorso secolo attuate in Afghanistan furono moltissime riforme tra cui: istruzione per tutti, nessun obbligo di velo o burqa che fosse, borse di studio per l'Estero, libertà di espressione d'ogni tipo compresa la stampa, rispetto per le donne anche tra le mura domestiche, ruoli istituzionali alle donne, e ancora e ancora. Si può dunque affermare che le parole di Yamina Mishra: " ...sono tornate all'ordine del giorno...", riportate all'inizio di questa pagina e riferite a violenze varie, sono false, non in relazione all'effettiva presenza di violenze, ma per quell'ordine del giorno, che è menzogna. Prima dell'arrivo delle forze occidentali di occupazione nel 2001, non era questo l'ordine del giorno. Ma i Taliban sono stati costruiti e voluti proprio perché questo fosse l'ordine del giorno, e iniziarono a provarci dal primo arrivo nel 1996 a Kandahar, ma allora c'era ancora il governo Rabbani-Massoud a tenerli a bada. Si invita quindi la signora Mishra ad informarsi e, se già dovesse esserlo, si invita a non mentire. 
Essendo l'Afghanistan da lungo tempo oggetto di studio di chi scrive, bandendo ogni personale pudore, in calce si segnalano due testi di storia dell'Afghanistan, unici saggi esaustivi sull'argomento così come decine di pagine presenti in questo blog.
Un paese di estrema complessità come quello afghano nato già all'origine da incontri di culture ad ampio raggio, va conosciuto a fondo prima di poterne trattare, per non incorrere in grossolani equivoci o imprecisioni. Se poi questo incorrere non sia dovuto ad ignoranza,  ma a consapevole menzogna, è problema di coscienza individuale.
Buona lettura!
Marika Guerrini
 
testi
Marika Guerrini "Afghanistan passato e presente" ed. Jouvence, Milano 2014;  
EhsanUllah d'Afghanistan / Marika Guerrini -coautore e curatore- " AmanUllah il Re Riformista" ed. Jouvence, Milano 2018.

immagini di Barat Alì Batoor- scatti eseguiti dopo il 2001 e precedenti il Governo dei Taliban,- collezione privata

venerdì 14 ottobre 2022

L'ammaliante giardino di Klingsor

 


...
chi segue occiriente sa che ci sono tempi in cui preferisce osservare, restare in ascolto, astenersi da argomenti fattisi annosi. In cui preferisce tacere. Chi segue occiriente conosce le sue innumerevoli pagine tracciate, spesso in anticipo, su tutto quel che continua ad accadere a discapito della nostra Civiltà. Ma chi segue occiriente sa anche che poi, sempre, la fatidica goccia interviene a far traboccare il vaso, a generare l'impulso alla partecipazione manifesta, lo scritto, interviene a frantumare il silenzio. Così ora. La molteplicità degli eventi avversi, copiosi, assillanti, susseguentisi giorno dopo giorno senza tregua a rafforzare il già esistente stato di condizione subumana dell'Umanità, ancor più di quella che popola l'area chiamata Occidente, ha frantumato il silenzio. Molti dei pensieri materializzatesi in parola scritta, che il lettore incontrerà in questa pagina, sono a lui noti, li ha già incontrati, ma spesso, troppo spesso si perde memoria di quel che, in certo senso può dare anche fastidio, quindi si ha il dovere di riattraversare, ridare vitalità o forse semplicemente risvegliare, quindi procediamo.

Innanzi tutto delineiamo la geografia di quell'Occidente a cui ci si riferisce. Quell'Occidente parte dall'Europa orientale, paesi slavi e balcanici, esclude la Russia, attraversa poi l'Europa propriamente detta per tuffarsi nell'Atlantico a raggiungere, in America del nord, Stati Uniti e Canada. Se stessimo narrando una fiaba si direbbe che segue il tragitto del sole, della luce, si direbbe che va dall'alba al tramonto. E, sempre in una fiaba o anche in una leggenda, si direbbe che all'altezza dell'isola britannica, includendola, quest'Occidente estende le sue terre, emerse o immerse che siano, sino a comprendere la sua parte estrema rispetto al cuore europeo: lo Stato della California, ebbene in questa estesa regione della terra si allarga un grande giardino, il Giardino di Klingsor. L'ammaliante Giardino di Klingsor.

La saga del Graal, che vede troneggiare la Sacra Coppa in cui, sempre secondo la leggenda, Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue di Cristo, comprende in sé la figura di Klingsor, quel cavaliere che rinnegò se stesso, oscurando così la propria luce in favore della tenebra, per quest'azione si trovò a dimorare in un grande splendido giardino fatto di affascinanti illusioni e menzogna, rappresentate da, in apparenza, splendide fanciulle con il compito di ammaliare il viandante sino a portarlo a rinnegare la Luce in favore della Tenebra. Così facendo, sempre secondo la leggenda, gli uomini venivano asserviti alle forze del Maligno il cui unico obiettivo era favorire se stesso a distruzione dell'Umanità e di quella parte di essa che a lui si opponeva, sì che potesse impossessarsi della Sacra Coppa a suo proprio uso.

Nella leggenda Parsifal, cavaliere puro e coraggioso, vince la tentazione, attraversa il giardino, non senza esitazione prima, sofferenza poi, ma vince e, quando giunge vittorioso al cospetto della Sacra Coppa, il Giardino di Klingsor con tutti i suoi abitanti, sprofonda nella tenebra più profonda.

E' qui che l'Occidente di cui sopra, marionetta solo in parte inconsapevole, sta sostando, qui, nel Giardino di Klingsor, sosta sotto guida di attori ben consapevoli, attori che la leggenda mostrerebbe in varie sembianze ma con un unico volto abilmente nascosto, il volto di Klingsor, lo stesso che si cela dietro le sembianze dei suoi adepti, tutti proiettati verso uno stesso obiettivo: distruggere l'Umanità. Il perché non è cosa umana. 

"Il piano sul quale è slittata l'Umanità di questo tempo non si può non chiamare subumano. Si tratta dell'evento più grave della storia umana. E' il piano al cui livello coloro che minimamente mantengono fedeltà alla parte più alta di sé, alla coscienza, vivono soffrendo quotidianamente l'impossibilità del compromesso con quanto assume maschera umana, dimensione umana, dialettica umana, senza essere più umano." e ancora in altro passo: " Coloro che (consapevoli) attendono inerti che qualcosa si trasformi per virtù propria...inconsciamente cooperano all'avvento del subumano...occorre riconoscere loro il massimo della buona intenzione, ma ciò non diminuisce la loro responsabilità rispetto allo sfacelo della Civiltà..." con queste parole si espresse un saggio molto tempo fa.  

Chissà, forse anche questa è leggenda. 

E se si facesse in modo che divenisse realtà il coraggio di Parsifal? Se, attraversato il Giardino di Klingsor, giungessimo vittoriosi al cospetto di quella Sacra Silenziosa Coppa che ognuno porta in sé? Chissà! 

Marika Guerrini