martedì 29 marzo 2016

Bruxelles: verità sul filo che porta a Massoud

Ahmad Shah Massoud
.... l'arresto di Abderahman Ameroud,  a Schaerbeek, piccolo comune nella regione di Bruxelles, il 25 c.m., quale uomo chiave dell'attentato di  Bruxelles del 22, non ha valore in quanto terrorista autore  in prima persona e o organizzatore e o reclutatore di elementi per cellule terroristiche, né per essere stato condannato più volte, 2005 e 2007, e  lasciato sempre a piede libero, cosa che oramai s'è capito essere costume, e neppure per il collegamento con l'assassinio di Ahmad Shah Massoud, Afghānistān 9 settembre 2001 a due giorni dall'episodio delle Twin Towers, ma perché il collegamento all'episodio di Massoud, crea un fil rouge con l'attualità, scopre l'ordito, mettendo a nudo la trama su cui poggia l'odierna tragicità. Afferriamo quindi il capo del filo e facciamoci condurre alla matassa per conoscere meglio il personaggio e come e da dove mosse quel giorno del 2001, principio di tutto. Per far questo iniziamo col citare la testimonianza di Edward Girardet, giornalista del National Geografic, ascoltate:
Era metà pomeriggio quando entrammo nell'insediamento arido e polveroso di Kwajek Baha Oddin nel nord dell' Afghānistān Un tempo desolato caravanserraglio per nomadi mercanti, in quei primi giorni di settembre Kwajek Baha Oddin, nelle retrovie, serviva come base dei rifornimenti per le forze antitalebane guidate da Ahmad Shah Massoud...appena arrivati, nuvole di sabbia cominciarono ad avvolgere le montagne da ovest... sul posto c'erano parecchi altri giornalisti, un russo, un uzbeko, due francesi e due arabi...ero sorpreso di vedere gli islamici in jeans e maglietta e circondati da zaini con le normali attrezzature di una troupe televisiva...dato il gran numero di radicali islamici mediorientali e nordafricani che sostengono i Taliban, la gente, nelle zone controllate dall'opposizione, guardava gli Arabi con sospetto. Per curiosità chiesi da dove venissero: Marocco, stiamo realizzando un servizio per la televisione, disse il meno giovane. Quando chiesi per quale rete, alzando le spalle disse: una mediorientale, quindi si ritirò nella sua stanza...più tardi Asim mi disse che avevano passaporti belgi emessi da un gruppo islamico con base a Londra...con la sabbia che riduceva la visibilità, poteva andare avanti per più giorni, gli elicotteri non potevano decollare e Massoud non poteva arrivare...decisi di partire, sarei tornato poi. Prima di partire incontrai uno dei marocchini: provi ad andare via?, chiesi e, questa polvere può durare per giorni. No, aspetteremo Massoud, rispose...Il 9 settembre, meno di una settimana dopo, ascoltai la terribile notizia alla BBC. Un attentato mortale era stato compiuto contro Massoud...gli stessi marocchini che avevo incontrato...".

La morte di Massoud giunse in occidente quasi in sordina. La notizia passò veloce sui notiziari, qualche giornalista le diede voce un po' di più, cenni qui e là, ma pochi tra la gente comune sapeva chi fosse il "leone del Panjshir", come gli afghani chiamavano Massoud. Fu detto ch'erano stati i Taliban, poi ch'era stata al-Qā'ida, nessuno disse che Massoud, stava per incontrare i Taliban, che stava cercando un accordo, che era reciproco. 
Quel 9 di settembre nessun capo di Stato o rappresentante governativo occidentale spese una parola ufficiale in merito all'attentato né sulla figura di Massoud, lo fecero ad un anno dall'omicidio, al primo anniversario, quando l'Afghānistān era stato già falciato dalle bombe. Eppure Massoud era stato a Strasburgo un anno prima della fine, nel 2000, a chiedere aiuto all'Europa. L'atmosfera era stata indifferenza e derisione. E alcuna risposta.

A monte del 2000 e di quel 2001, molto vi era e vi era stato, perché l'uccisione di Massoud si facesse "necessaria". Tra il molto vi era stato il divieto del Governo Rabbani-Massoud, al tempo Ministro della Difesa, circa il permesso di passaggio su territorio afghano, 1500 kilometri, dell'oleodotto e gasdotto delle compagnie petrolifere, UNOCAL, americana,  e DELTA OIL, saudita, per il trasporto di petrolio e gas dai fondali del Mar Caspio al Mare Arabico.

Ancor più monte vi era stato, nei primi anni novanta, la "creazione" dei Taliban nelle madrasse pakistane sovvenzionate da Stati Uniti e Arabia Saudita, al fine di destabilizzare il Governo legittimo e avere via libera al passaggio. La "creazione" sarebbe sfociata, sotto protezione, nell'ingresso dei Taliban in Afghānistān, settembre 1996. 
Dopo lotte da parte del Governo e dei mujaheddin, per cacciare i Taliban, nell' ottobre 1998, una lettera ufficiale era stata inviata da A.S.Massoud, Ministro della Difesa Stato Islamico dell'Afghānistān, al Governo degli Stati Uniti d'America, in essa l'esatta descrizione di quel che stava accadendo, con tutte le implicazioni. Alcuna risposta.

Nello stesso 2001, dopo il G8 di Genova, a Berlino vi erano state riunioni multilaterali, partecipanti: Stati Uniti, Arabia Saudita, Pakistan, Russia. Gli Stati Uniti avevano espressamente chiesto la partecipazione dell'Emirato Islamico dei Taliban, in sostituzione del governo legittimo Rabbani-Massoud. L'ONU si era opposto: non era un governo legittimo. Il divieto era stato ignorato: i Taliban parteciparono, ma malgrado la pressione americana e saudita, anche loro rifiutarono il passaggio della pipeline. Secondo la logica del lucro vigente, i Taliban avevano fatto il loro tempo. Venne decisa un'azione capillare di smantellamento in Afghānistān di tutti i capi carismatici di tutte le fazioni, che si trattasse di mullah Omar o Ahmad Shah Massoud non faceva differenza: il futuro doveva essere controllato. 

Ecco come, per sommi capi, il filo rosso ci ha portato da Bruxelles a monte dell'assassinio di Ahmad Shah Massoud, i cui esecutori, falsi giornalisti marocchini con passaporto belga di un gruppo islamico con sede a Londra e  telecamere imbottite di esplosivo, altro non erano che agenti di servizi segreti. Quali non è difficile da capire.
Così noi oggi, ora, veniamo a trovarci al cospetto di Abderahman Ameroud per il fatto di aver permesso che una grande menzogna dilagasse e fruttificasse, rendendoci così, ingarbugliati nella matassa, carnefici e vittime di noi stessi. 
E pensare che le parole, dirette a noi europei, pronunciate in privato da Massoud a Strasburgo, dopo l'indifferenza, la derisione, erano state :" Come fate a non capire che se io lotto per fermare l'integralismo dei Taliban, lotto anche per voi e per l'avvenire di tutti?". L'avvenire è qui, è oggi. E la verità di allora è la verità di ora. Marika Guerrini

p.s.
per chi volesse saperne di più dello stesso autore
M.G., Afghanistan passato e presente, Jouvence 2014;
M.G., Massoud l'Afghano il tulipano dell'Hindu Kush, Venexia, 2005.








   

giovedì 24 marzo 2016

Bruxelles: tragedia in fotocopia

la Fallas
... abbiamo lasciato che voci si susseguissero a voci, immagini ad immagini, confondendosi entrambi, entrambi accavallandosi. Ancora una volta tutto può essere messo a confronto con il passato recente, più, meno. Nel confronto abbiamo visto immagini da repertorio, voci da repertorio riciclate entrambi in ogni senso, sia tecnico visivo che di contenuto verbale. Così ci siamo trovati di fronte alle prime voci, le prime immagini, quelle necessarie ad una immediata divulgazione nell'attimo successivo all'accaduto, quando ancora non era stato  possibile procurarsi una reale diretta, per caos del momento e tempo insufficiente alla composizione di voci e immagini, quindi, video trascorsi, rintracciabili sul web, come l'immagine in aeroporto trasmessa da SkyTg24 il 23 marzo 2016 e quella dell'attentato all'aeroporto di Mosca nel 2011, chiaramente la stessa: numero dei passeggeri, posture,  bagagli, e così via. Così ci siamo trovati ad ascoltare identiche spiegazioni dei fatti: autori degli attentati conosciuti da servizi, da polizie, segnalati e segnalati dal Medio Oriente all'Europa, anche con puntate a Guantanamo,  e galere che si  erano chiuse e si sono aperte. Così Parigi uno e due, idem Madrid, idem Londra, idem la scorsa volta di Bruxelles eccetera eccetera. Le due recenti volte di Istanbul ed Ankara le tralasciamo ritenendole capitolo a sé stante. 
E' accettabile tutto questo, bisogna credere a quel che trasmettono voci ed immagini inquinate  che inquinano pensieri, sensazioni, sentimenti? No, non perché i fatti non siano accaduti e non accadano, accadono e sono accaduti ma non secondo i perché né secondo i come vengono divulgati. 
Se il terrorismo, inizialmente Al-Qaeda e accoliti, ora Daesh, non Isis, e accoliti, presente prima in area orientale e medio orientale ora anche in Europa, se questo terrorismo, sulle cui matrici e formazioni abbiamo detto e scritto alla nausea, resta tale e prolifera, non è solo per la volontà di mercanti di armi, di multinazionali del petrolio e gas, a breve anche dell'acqua, (Sahara e giacimenti acquiferi), di multinazionali estrattive di minerali preziosi ( litio, niobio, oro etc. confine afghano-pakistano), né solo per la volontà di alcuni Stati, né perché non vengono smascherate ad alta voce, tanto meno divulgate sì da formare una pubblica opinione su basi veritiere, tutte le menzogne di cui si avvale, da cui è protetto e da cui è armato, no, è molto di più, fa perno in egual misura sulla capacità manipolatrice degli addetti ai lavori, e sull'abbassamento, quando non assenza, dei valori morali nella storia contemporanea europea. Questo il perno. 
Se questi giovani terroristi europei, perché sono europei, si votano alla morte con la potenza di vita dei loro giovani anni, è perché nulla hanno trovato in questo nostro mondo civile che abbia alimentato la loro anima, il loro essere superiore, l'uomo pensante, al contrario, quasi tutto è stato loro negato perché da noi distrutto e in via di distruzione. E allora cercano un cielo, un cielo qualunque, anche se ha solo parvenza di cielo. E cercano ideali per cui vivere e finiscono col morire per essi. E un ideale non è mai sbagliato anche quando lo è.
E' su questo che puntano assassini venduti e bugiardi, manovrati e manovranti, che non hanno patria come non hanno fede, macchine addestrate ad addestrare uomini e ridurli a strumenti di guerra. E' su questo che puntano per comprare le loro anime e farne bombe. Ai terroristi che si immolano viene dato in forma terrifica e capovolta quel che noi abbiamo loro negato o strappato e continuiamo. La ricerca di valori si fa assoluta disperazione, sottile, spesso inconsapevole, e allora si agisce per estremi, e gli estremi sono estremi sempre, che siano estremi armati di armi convenzionali o di sostanze stupefacenti o di devianze sessuali d'ogni tipo e misura, non fa differenza ai fini dell'anima, hanno tutti lo stesso disperato bisogno, tutti la stessa origine: è stato loro negato l'alimento dell'anima per cui la ricerca non può essere equilibrata perché non sa dove attingere l'equilibrio, non gli è stato dato il percorso, al contrario, è stato interrotto quel percorso naturale, che potremmo chiamare istintivo, quindi non sanno. E questo avviene da subito, avviene dall'infanzia e nell'infanzia. 
Certe naturali forze dell'uomo, una volta recise nell'infanzia non si formano più, non c'è psicanalisi o analisi di alcun tipo che tenga. E allora armi d'ogni tipo e tutte innanzi tutto contro se stessi. Persino la tragedia delle studentesse di Barcellona è ascrivibile in questo contesto, benché sia stato un incidente a provocarla, ma in realtà non è così, altro ha mosso, la festa di Valencia, Fallas, consumata nella notte dell'equinozio, da cui rientrava a Barcellona il pullman con le ragazze, nella sua ancestrale ritualità, altro non è stata e non è  che un saba, nel suo mettere al rogo il ninot, pupazzi di cartapesta allegorici di vita quotidiana, sparsi per le vie e dati alle fiamme. Anche in un simile contesto tutto può accadere e tutto accade, innanzi tutto dimenticare se stessi. La vita unisce con fili sottili vicende lontane solo in apparenza.
Marika Guerrini
immagine dal wel

lunedì 21 marzo 2016

Now Ruz con Ḥāfeẓ- mese di Farvardin 1392

... "Coltiva il virgulto d' affetti, fecondo in letizia di cuore, e strappa l'ostile germoglio, che arreca una pena infinità!
   Sei ospite della taverna? Rispetta chi ha gioia ribelle, ché se ebbrezza t'arreca molestia son gravi dolori.
   Occasione di lucro, una sera d'incontro: trascorre quest'epoca nostra e non cessa di volger la ruota del cielo, a recar notti e giorni.
       A chi dispone del palanchino di Leilā, che è culla alla luna, ispira, Signore, nel petto di volgere là dov'è il Folle ( Majnun).
      Primavera di vita, mio cuore, fa' tua, chè un prato, lo sai, cento fiori di selva, e ben mille usignoli, son cose d'ogni anno.
   Questo cuore ferito, oh, Signore, entrò a patto col ricciolo tuo: tu ordina al dolce rubino che a quello la pace conceda.
       Voglia Iddio che da vecchio il poeta, entro questo giardino, ancor sieda su sponda di rivo, e recinga d'abbraccio un cipresso.    ( Hāfez*,  Canzoniere - gazal CXI-)     
   
Ieri 20 Farvardin 1392, alle ore 05,30, equinozio di primavera, è iniziato il NowRuz, letteralmente Nuovo Anno, durerà tre giorni intensi, in cui si fanno e ricevono gli auguri, ed altri successivi dieci giorni. Questo accade in Afghanistan, in Iran, in Azerbaigian, Tagikistan, Uzbekistan, Kazakistan, Turkmenistan, Turchia, ed anche in Albania. 
Tante sono le tradizioni che accompagnano questo giorno, qui ne ricordiamo solo alcune, come quella, Afghanistan, di andare a piedi nudi sull'erba novella, affinché ci trasmetta la forza e la capacità del rinnovarsi. O anche, sempre Afghanistan, quella di saltare su sette fuochi, dicendo: tutto il giallo mio a te, tutto il rosso tuo a me, vale a dire: che il fuoco prenda la mia rabbia (bile giallo) e mi dia la sua forza (rosso).  Poi c'è la tavola simbolica, la tavola delle haft-sin, letteralmente le "sette S", che vuole sulla tavola imbandita per la festa, la presenza di sette cibi il cui nome inizi per esse, ognuno con un simbolico significato:

Sabzeh,  germogli di grano e di lenticchia, a simboleggiare la rinascita;
 Sib, la mela, bellezza e proliferazione;
 Sir, l’aglio, salute;
 Serkeh, aceto, simboleggia la pazienza;
 Somaqh, il sommacco, una spezia acidificante rappresenta la gentilezza;
Senjed, bacca di biancospino, simbolo dell’amore;
 Samanù, dolce fatto con farina e germogli di frumento, a simbolo di forza e abbondanza.
A questi simboli, al tempo di Hāfez si aggiunsero il libro del Corano, il libro delle poesie hāfeziane,  le uova sode colorate, le monete, lo specchio e, cosa che troviamo deliziosa, i pesciolini rossi che guizzano in acqua a simboleggiare audacia e libertà.
Ed è su questa immagine di audacia e libertà della tavola simbolica e sulle belle immagini suscitate dal grande Hāfez, che desideriamo almeno per tre giorni, dimenticare le guerre, gli stenti, gli affanni, i dolori e gioire con questa gente, e danzare e cantare alla nuova primavera che sia, malgrado tutto, di rinascita.
Marika Guerrini

nota
Šamso'l-Din Mohammad nacque tra il 1320 e il 1337, a Širāz , il capoluogo del Fārs, la Perside storica., regione sud-occidentale dell'odierno Iran. In quella città  sposò, ebbe dei figli e visse, tranne brevi periodi, fino alla sua morte nel 1390. I suoi studi nelle scuole di Teologia, pressoché uniche al tempo, gli ottennero il titolo di hāfez, che vuol dire memorizzatore del Corano, fu lui stesso poi ad usarlo come pseudonimo poetico.

mercoledì 9 marzo 2016

Sulaimāniya: Aylan Kurdi e il " trail of tears"

... i pantaloncini non sono più blu, né la maglietta è più rossa, non più i colori di una Vergine di Raffaello a distinguerlo, e di scarpine non ha più bisogno, ora scivola in bianca sembianza sulle acque verso il Tigri, è lì, su un affluente del grande fiume, a Sulaimāniya che, il primo giorno di marzo, è stata adagiata la piccola statua della sua sembianza, lì, riverso su di una piccola tavola di legno che funge da zattera, nella postura del suo sonno infinito, raggiungerà il fiume della storia dell'umanità, la sua storia, della sua terra, della sua gente, la storia di quest'attimo che è stata la sua vita terrena.
E' stato Aylan, Aylan Kurdi il nome che ha portato nei tre anni della sua vita. E il mondo l'ha conosciuto così, come per caso, per quell'immagine di bimbo addormentato nei pantaloncini blu e la maglietta rossa, riverso su una sabbia straniera, lontana dalla sua terra, sulla via per raggiungerne un'altra, con altri, molti altri, troppi altri, nel trail of tears di questi nostri giorni. 
Il "Cammino delle lacrime" dei nativi americani, che nel XIX secolo attraversò il continente estremo occidentale, lasciando una lunga scia di dolore e sangue, ora attraversa quello che dovrebbe, potrebbe essere l'occidente della civiltà, l'europeo, se decidesse di esserlo. Il motivo del Cammino di allora  non è dissimile da oggi, ora è solo più cruento, più doloroso  data la moltitudine di esseri umani coinvolta e se mai si possa misurare la portata del dolore. Così il piccolo Aylan un tempo colorato di rosso e di blu, ora, bianco, è tornato alla sua casa per scivolare sulle acque dell'antico fiume.
Ma i fatti non sono solo, i fatti, mai, i fatti sono simbologia d'un sottile linguaggio, sempre. E tutto quel che si verifica sulla scena sensibile, nella quotidiana vicenda, fino a presentarsi come fatto, come evento fisico, non è mai casuale, mai improvviso, anche se appare tale. Il fatto, l'evento, tende a parlarci, il fatto, l'evento è il mondo della necessità che fa appello alla libertà dell'uomo, che chiede all'uomo d'esser incontrato nell'essenza dei suoi perché, chiede all'uomo la conoscenza. Questo chiede ora Aylan.
Così, mentre in altri fatti, diversi dal fatto di Aylan, l'occidente continua nel suo alimentare con armi e danaro la tragedia umana che stiamo attraversando, ad alimentare tutto ciò che prolungherà questo trail of tears, che quotidiano sfila sotto i nostri occhi cechi, il piccolo, dove ora, grande Aylan, in bianca rigida sembianza, scivola verso le acque dello storico Tigri a simboleggiare la presente storia degli uomini. 
Ma il mondo si accorgerà del suo passare, si accorgerà dell'odierna sua propria storia, si accorgerà di lui?
Marika Guerrini

martedì 1 marzo 2016

Libia cartina di tornasole

Sabratha
- teatro romano prima del bombardamento-
... mentre l'Italia si adopra ad organizzare, il già organizzato da oltre un mese, vedi viaggio di Renzi a Washington seguito da Mattarella, una guerra di "difesa" dal Daesh in Libia, del Daesh in Libia non v'è, o dobbiamo dire v'era, che leggera traccia, sì perché  non ci vuol nulla a creare le tracce. Comunque, secondo l'Onu, le milizie del Daesh nel paese mediterraneo, localizzate solo nelle periferie di Bengasi e Derna, nonché a Sirte, in tutto risulterebbero 3500 unità, mentre secondo il governo locale sarebbero 1500. Ovvio che queste cose l'Onu le sussurri e sempre le accompagni concludendo: così ci è stato riferito..., poi fa il nome di turno e omette. In questo caso l'omissione è che a Derna nel 2015 le milizie locali, senza aiuti stranieri, hanno sconfitto e scacciato le forze del Daesh che da allora non sono più riuscite a tornare. Che poi ci venga propinato ora un terrorista ora un altro, ora qua ora là, ora proveniente dall'Europa ora in procinto di imbarcarsi per l'Europa, è gioco di squadra dei servizi segreti tutti, quel luogo è peggio dell'Istanbul del XIX secolo, ve ne sono di ogni genere e provenienza, nonché dei portavoce di Governi, di governanti e così via, in altri termini manovre e menzogne. Manovre e menzogne che possono anche, e lo fanno, procurare azioni violente, attentati eccetera, a conferma dimostrativa plateale della manovra e della menzogna. 
Quindi ora, per avere un quadro leggermente più reale, scorriamo insieme una breve sintesi di ricognizione a mo' di promemoria. 

24 febbraio 2016, Roma, Roberta Pinotti, ministro alla Difesa, circa il via libera dei droni armati statunitensi da suolo italiano, Sigonella: 
"Riguarda solo profili difensivi del personale, di volta in volta discusso e autorizzato da noi, in coerenza con la strategia italiana che punta al coinvolgimento della popolazione locale della lotta al terrorismo". Matteo Renzi le fa eco.
24, febbraio 2016, Roma, alla Camera dei Deputati, Paolo Gentiloni ministro degli Affari Esteri: 
"La soluzione della crisi libica non è in improbabili missioni militari. L'italia sta coordinando gli sforzi di pianificazione per rispondere alle richieste del nuovo governo libico sul terreno della sicurezza... dobbiamo distinguere le attività contro il terrorismo dalla soluzione della questione libica, sono due terreni distinti". Matteo Renzi gli fa eco.
25 febbraio 2016, Roberta Pinotti: "La Libia può essere stabilizzata solo con l'intervento delle forze locali. Un intervento militare di occupazione del paese sarebbe impensabile". Matteo Renzi le fa eco popagatrice e aggiunge: "Iniziativa contro terroristi e potenziali attentatori dell'Isis" e ancora: " la priorità è la risposta diplomatica, ma se abbiamo prove evidenti che stanno preparando attentati, l'Italia fa la sua parte".
28 febbraio 2016, Libia, Tobruk, il Parlamento si riunisce per appoggiare il nuovo governo, causa mancata presenza in aula, il numero legale non viene raggiunto, il Parlamento fa slittare  il tutto a data da destinarsi. 
29 febbraio 2016, in conferenza stampa riportata dal Military Times e il Wall Street Journal, il gen. Ashton Carter, segretario alla Difesa degli Stati Uniti d'America: " L'italia essendo così vicina (alla Libia) si è offerta di assumere la guida delle missioni contro l'Isis e noi abbiamo già promesso che la appoggeremo con forza. La coalizione entrerà in campo quando si sarà formato un governo libico, speriamo al più presto" poi a proposito del non risultato di Tobruk: "Gli Stati Uniti potrebbero effettuare bombardamenti mirati, come a Sabratha, se l'intelligence dovesse verificare specifiche minacce da parte del Daesh".
1 marzo 2016, Matteo renzi; "preoccupa lo stallo in Libia".
Intanto mentre i mezzi di informazione italiani focalizzano l'attenzione sulle vicende dei migranti, cuore tragicamente pulsante conseguenza di tutte queste sporche manovre, l'Italia invia a Trapani 4 cacciabombardieri AMX ( 51 Stormo di Istrana-Treviso). Dal Golfo di Suez, sul Mediterraneo la portaerei nucleare Charles De Gaulle è già presente, così la Tahya Misr fregata missilistica egiziana armata di missili antiaereo, siluri e cannoni. Unità speciali di terra francesi, Rafale, sono già presenti da giorni e giorni anche se Parigi nega. La gran Bretagna ha inviato unità di terra sul confine con la Tunisia. Per ora, ma solo per ora, sembra che l'Italia non invii truppe di terra, tranne quelle già presenti a protezione Eni, e qui apriamo una parentesi: l'Eni è attore in tutta questa vicenda, un attore significativo come le lobby delle armi, infatti malgrado tutti i disordini di questi anni, malgrado la fine di Gheddafi, l'Eni non ha mai smesso, a tutt'oggi, di essere il primo operatore internazionale nel settore petrolio e gas libico. 
 Ma torniamo alla funzione Italia a cui certo l'ipocrisia non difetta, sì, non invierà per ora truppe di terra ma in compenso guiderà quest'inferno a cui parteciperanno oltre 6000 uomini, a cui si aggiungeranno i droni statunitensi armati, quelle vili macchine che mai e poi mai sono state e potranno essere di precisione, che abbiamo ben conosciuto in Pakistan e Afghanistan, più che altrove, che nascondono anche la mano che le aziona a migliaia di kilometri di distanza, eccetera eccetera, ne abbiamo trattato molte volte. E ci sono grosse probabilità che quest'inferno stia per scatenarsi a meno che non avvenga un vero e proprio miracolo. L'Italia lo guiderà e il comando, secondo voci, sarà del gen. Paolo Serra, consigliere militare di Martin Kobler, inviato dell'Onu nel paese nord africano, ma già capo missione in Libano e presente in Kosovo e Afghanistan.
Ecco, questa la sintesi di un tutto che non avremmo mai voluto tracciare, Un tutto che non lascia dubbi, che non può non originare un'infinita tristezza anche solo per il fatto che, avendo scelto l'Italia come suolo natio, e conoscendone le potenzialità, non si può non sentirsi responsabili e complici di questi omuncoli a guida del paese. Portare un intero paese a tradire la propria Costituzione, per di più dopo aver giurato su di essa e per essa, portarlo a calpestare la propria Sovranità di Stato, rendere servi e schiavi i suoi cittadini,  minando valori e principi morali collettivi, è quanto di peggiore si possa compiere verso il proprio paese. Una Corte Marziale avrebbe giudicato, in altra epoca, tutto questo in quanto Alto Tradimento, ponendo così fine allo scempio.
Marika Guerrini