venerdì 25 dicembre 2015

l'Islam di Rumi e l'albero di Natale

..."... fin  quando non sentì i dolori del parto, Maria non si diresse verso l'albero della felicità.  Poi, quando giunsero, i dolori del parto la spinsero verso l'albero dei datteri e quest'albero da tempo rinsecchito, cominciò a produrre frutti. Il corpo (dell'albero) è Maria e ciascuno possiede in sé un Gesù". 
Stralcio questo di un'opera ben più ampia, parole scritte da Galâl al-din Rûmî, in occidente conosciuto come Jalaloddin Rumi, poeta afghano del XIII secolo  (1207- 1273), nato in quella regione del nord dell'Afghanistan patria di grandi leggende perché patria di grandi uomini ispirati. Con lui, con Rumi, fondatore del ramo islamico esoterico dei Dervisci Rotanti che in Turchia esaurì i suoi giorni terreni, un altro grande esempio di grandezza, Zaratustra figlio anch'egli di quella stessa terra.
Così, da Balkh, la città sulla Via della Seta, a pochi kilometri dal grande fiume Amu Daria, da quell'antica Bactria greca, da quell'antico tempo, dall'Islam, con le parole di Rumi giunge a noi il significato dell'albero di Natale, dei  suoi frutti di luce, quei frutti  nati in seno alla Maria delle Marie, a ricordare l'origine divina d'ogni uomo.
Marika Guerrini

venerdì 18 dicembre 2015

Iraq: Mossul falso d'autore

... proviamo ad immaginare Matteo Renzi sostenuto da piccoli cavi che lo reggano dritto a mo' di pupo siciliano, avremo un'immagine realistica dell'italiano Presidente del Consiglio, con la differenza che, mentre i pupi raccontano le Chansons de Geste in cui onore gloria coraggio e soprattutto consapevolezza nell'ardire, sono comunque presenti che sia mauvaise o bonne l'impresa, nel nostro caso tutto questo è sempre assente, sì, perché il rappresentante del popolo italiano di consapevole ha ben poco specie nella parola, lui apre la bocca e le dà fiato, per usare un'espressione gergale romana. Così fa quasi sempre, così ha fatto due sere fa in diretta televisiva, annunciando, mentre la cosa era ancora al vaglio degli esperti militari, l'invio di un contingente italiano di 450 o forse 500, non si sa, soldati in Iraq. Motivo: proteggere la diga di Mossul dal Daesh, nonché intervenire sulle infrastrutture in pericolo di crollo perché: "La diga è seriamente danneggiata e se crollasse sarebbe distrutta Baghdad", queste alcune parole renziane. Ma come siamo generosi e accorti e premurosi e..., ma come siamo falsi e ipocriti e bugiardi. Da qui però, dalle parole del Presidente e dalle seguenti altrui parole, nell'immediato e nelle ore subito a seguire, il galoppare di notizia, polemiche, correzioni al tiro, spiegazioni affrettate, dichiarazioni affrettate, rassicurazioni affrettate, imbarazzi, astensioni dal commentare, dopo di che, silenzio... o quasi.
Così mentre la Pinotti si barcamenava contraddicendo con ogni parola la precedente, entrambi sue, per cui riferita ai militari: " Non andranno a combattere ma solo a proteggere l'impresa" ovvero il cantiere della ditta italiana a cui l'appalto di intervento è stato affidato, dimenticando che se si viene attaccati, per proteggersi e proteggere bisogna combattere, dal canto loro non solo il Daesh che, dall'agosto del 2014, quando i Peshmerga curdi hanno riconquistato la diga e la presidiano, ogni giorno l'attaccano, ed ora hanno fatto sapere  "Faremo maccheroni" dei soldati italiani, ma anche gli Hezbollah, brigate sciite, hanno fatto sapere che " Le forze straniere in Iraq saranno considerate occupanti, Italiani compresi".
A questo va aggiunta la dichiarazione rilasciata all'emittente televisiva irachena Alsumaria News, dal direttore strategico dell'impianto idrico della diga di Mossul, l'iracheno Riad Ezziddine: " Alcune dichiarazioni diffuse di recente circa un imminente crollo della diga, non si basano sulla realtà, sono chiacchiere che mirano a creare sconcerto tra i cittadini", in riferimento alla diffusione della notizia di un imminente crollo della diga diffuso dai media negli Stati Uniti. Ma, si sa, noi italiani, senza renderci conto che il presidente degli Stati Uniti sta usando l'Italia per il suo gioco perverso, che potrebbe sfociare anche, perché no, in un procurato attacco terroristico, vedi Francia e precedente propaganda americana sul combattente paese oltre le Alpi, noi, per voce del nostro Matteo Renzi: " Con Obama c'è totale consonanza di vedute su molte partite. L'Italia interverrà... " e sciorina l'elenco Afghanistan, Libia, Kosovo, Somalia, Iraq e, ovviamente il governatorato di Ninawa, vicino a Mossul dov'è la diga di cui tanto si parla, e conclude:" Noi metteremo 450 uomini con il supporto logistico degli americani e metteremo noi a posto la diga".... ma bravo!
Marika Guerrini
foto dal web

venerdì 11 dicembre 2015

Afghanistan: un aggiornamento


… “ Siamo consapevoli della presenza di militanti affiliati all’Isis in Afghanistan e stiamo monitorando da vicino la situazione per vedere se la loro avanzata avrà un impatto significativo sull’instabilità della regione”, così un portavoce del Pentagono qualche giorno fa. Accettabile se non si trattasse di Afghanistan, se non si parlasse di Daesh.
Gli uomini di Abu Bahr al-Baghdadi stanno avanzando nella zona orientale del paese lungo il confine tribale del Pakistan, con l’obiettivo di creare una nuova provincia: Wilayat.  Questo quel che si dice. Quel che non si dice è che in quella stessa area orientale, nella provincia di Khost, la Cia sta agendo a favore degli uomini del Daesh o Isis come dir si voglia. In che modo, perché?
Il modo è molto semplice: la forza di sicurezza KPF, Khost Protection Force, forza locale creata a protezione della zona di confine che, secondo l’ufficialità, opererebbe sotto il comando della Direzione Nazionale per la Sicurezza, ovvero i servizi segreti afghani, in realtà opera sotto comando Cia che agisce dalla base americana di Camp Chapman presente anch’essa nella provincia di Khost.  La Cia quindi dirige le operazioni, paga gli stipendi, addestra, fornisce equipaggiamenti. Non solo, ma l’agenzia di Langley, Virginia, la Central Intelligence Agency, conosciuta con l’acronimo Cia, non è tenuta a rispettare la Legge Leahy che obbliga gli Usa al rispetto dei diritti umani, almeno sulla carta, e non  è tenuta neppure a rispettare l’Accordo Bilaterale stilato tra Kabul e Washington, accordo che, tra i vari punti, contiene la proibizione per le forze Usa di compiere raid notturni, ovvero irrompere nelle civili case private afghane, ma questo non si dice. Non si dice che tutto accade, tutto si consuma, si fanno irruzioni, maltrattamenti, torture, uccisioni di civili, violenze d’ogni tipo, che siano uomini, donne, bambini, vecchi, colpevoli o innocenti non fa alcuna differenza: si entra si agisce, quasi sempre si spara, si controlla, questa la sequenza. Le rare volte in cui si ammette l’errore, si offre denaro, in dollari ovviamente, ai sopravvissi familiari. Si compra così anche la morte.
Chiedere di fare giustizia è impossibile, inutile anche, motivo: gli uomini del KPF sono protetti dal governo di Kabul perché uomini della Cia a tutti gli effetti e, non di rado, neppure afghani, bensì americani, il che li rende ancor più intoccabili. Ed anche questo non si dice. 
In simultanea a queste azioni vi sono quelle di rifornimento, gli uomini del Daesh vengono “rifocillati” continuamente di armamenti, automezzi Toyota e danaro. Anche a questo torna utile il commercio del petrolio in Siria e Iraq in cui, con il focalizzarsi dello sguardo mondiale, costretti a bombardare obiettivi sensibili del Daesh quali ad esempio camion cisterna contenenti greggio, gli Stati Uniti, 15 minuti prima dei raid, avvertono i conducenti dell’imminente attacco, sì che lascino la cabina di guida e si mettano in salvo. Alla domanda: ma sono uomini del Daesh, la risposta è stata: potrebbero non esserlo. Sottolineando l’attenzione ai danni collaterali. Ma che strano, con il Daesh sì, con ospedali, bambini, matrimoni, carovane, di tutto e di più, no, lì da quattordici lunghi anni si presentano sentite scuse.
In tutto questo mosaico di crudeltà e follia: i Taliban. Di loro si parla solo e quando fanno saltare in aria qualcosa come ambasciate, hotel frequentati da occidentali, zone aeroportuali, come ieri a Kandahar, procurando decine di morti. Certo da condannare senza dubbio, ma anche qui è solo quel che si dice o meglio si dice solo in parte. Quel che non si dice, ma che noi diciamo da tempo, è che da tempo tra le fila dei Taliban sono presenti molti mujaheddin, ovvero combattenti per la libertà, dato che la presenza straniera è risultata e continua a risultare ben più malefica di quella dei Taliban. E cosa fanno gli Usa al riguardo?, gli Usa ovviamente combattono i Taliban che combattono il Daesh.  Così mentre gli Usa fanno il gioco sporco come sempre e ovunque, gli afghani non governativi, essendo il Governo venduto agli Usa e alla Cia, fanno di tutto per trovare un accordo con i Taliban unici a difendere il paese dal Daesh, ma poiché questo viene loro impedito anche con i metodi di cui sopra, ben oltre la negazione d’ogni rispetto e diritto umano,  gli afghani non possono salvare la nazione, infatti, ora, senza l’aiuto dei Taliban gli afghani, per quanto assurdo possa risultare, non possono salvare la nazione.
No, questo non è neppure il vecchio Grande Gioco Afghano, non più, è molto più, molto peggio, ma è quel che sta accadendo, è cronaca, e cronaca continuerà ad essere in Afghanistan.
E questo c’è dietro le proteste contro l’occupazione straniera, ma anche questo è quel che non si dice, o si dice al contrario, ma è questa l’ottica con cui vanno letti gli attacchi contro ambasciate, hotel frequentati da occidentali, zone aeroportuali e ancora e ancora, è questo a spingere molti afghani ad aiutare il ritorno dei Taliban malgrado il loro oscurantismo. E un sano motivo nazionalista si mescola ad azioni estreme e il legittimo desiderio di vivere la propria storia, la propria vita assume aspetto di violenza e fa il gioco dello straniero, del nemico e questi lo usa a suo favore.
“ E’ necessario rendere inumani i nostri nemici prima di fare ciò che facciamo, ma qualcosa dentro di noi ci diceva che erano esseri umani con il nostro intrinseco valore della vita, non era lecito bruciare le loro case, le loro stalle, uccidere il bestiame, per questo era necessario spogliarli della loro essenza umana, per consentirci anche di puntare l’artiglieria in direzione del pianto d’un bambino…”. Sono parole di Stan Goff, soldato dell’esercito degli Stati Uniti d’America ora in pensione.
 L’occidente preferisce dimenticare la tragedia di quella terra, distrarsi da essa, perchè è la propria tragedia, l’evidenziarsi della tragedia della propria civiltà.
E i figli d’Afghanistan, prime vittime di tutte queste ignobili guerre che sono venute, sono e saranno, continuano a spargersi per il mondo e a morire nel corpo e nell’anima
Marika Guerrini
scatto: Barat Alì Batoor

martedì 1 dicembre 2015

Siria 18 marzo 2010- video

... è un promemoria, questo, soltanto un promemoria a ritroso, un promemoria che molti siti stanno riproponendo e lo fa anche occiriente. Riguarda uno storico giorno in Siria, un giorno di primavera, lo dicono i fiori degli addobbi, lo dicono i volti che scorreranno nel video che questa pagina segnalerà, che seguirà, che vedrete se vorrete. Occiriente con le sue pagine non era ancora nato al tempo de video, l'avrebbe fatto l'anno successivo, un anno e venti giorni dopo, il 7 di aprile 2011, e avrebbe impiegato un altro intero anno prima di realizzare che la Siria aveva preso a morire dal 15 marzo di quello stesso 2011. Tristi idi per quella terra, idi storiche, d'assassinio. Era stato il giorno della prima rivolta poi trasformata usata degenerata con una coda che a quattro anni vede distrutta quella terra.  Non voleva credere occiriente allora, lo riteneva assurdo. Se n'è accorto poi che assurdo non era, che era realtà, e l'ha raccontato poi, l'ha raccontato e lo racconterà. L'ha fatto sulla voce dei figli di quella terra, lungo il filo del telefono, nell'aria, sono stati loro a raccontare la loro storia fino a poco fa, fin quando è stata possibile per loro la vita. E' per loro che  occiriente ora invita a vedere il video annunciato, perché si sia consapevoli, se già non lo si è, della bassezza d'occidente, in questo caso italiana, perché si sia consapevoli del tradimento, del vassallaggio a cui ci siamo ridotti da noi stessi, perché la Siria era esattamente quella che l'ex presidente Napolitano ha cantato quel giorno 18 di marzo del 2010 per poi tradire, la Siria era quella e non lo stato canaglia che gli Stati Uniti ci hanno ordinato di dichiarare, di urlare, di divulgare e lo fanno ancora, in modo ancor più subdolo, lo fanno ancora. Ma andiamo al discorso che il portale Pandora tv ci ha ricordato, segnalato e che ringraziamo, e ascoltiamo le parole di Napolitano.
Marika Guerrini

ecco il video:

https://www.youtube.com/watch?v=_i0pIHaiViU