sabato 5 giugno 2021

Afghanistan: il Grande Gioco di specchi



 ...ho incontrato il Grande Gioco afghano al tempo dell'infanzia tra le storie che mio padre amava raccontare. Storie di guerra dal sapore di fiaba. Lui studioso di Storia internazionale, lui testimone, in quanto militare dell'Arma, della battaglia finale di El-Alamein, sapeva raccontare con la compassione verso il nemico e la severità verso la malvagità delle azioni. C'era spesso un bambino nelle sue storie, un bambino solo al mondo, costretto, suo malgrado, ad attraversare pericolose avventure per giungere sempre alla fine ad un atto d'amore. Al bambino, che io chiamavo Kim Due per via del personaggio di Kipling, anch'esso parte dei racconti di mio padre, non di rado accadeva di trovarsi nel bel mezzo di una battaglia fatta non di soli fuochi, ma di intrighi, di spie. Ma Kim Due vinceva sempre, con la sua intelligenza e ancor più con la sua capacità di amare. E il male veniva sconfitto dal bene. Sempre. Così, sul suono della voce narrante s'aprivano le immagini e si facevano parte della mia fantasia, dei miei pensieri bambini. 
Sì, ho incontrato allora la strategia del Grande Gioco. E, si sa, i bambini pur proiettati nel futuro per via delle forze di crescita e del desiderio di scoprire la vita, vivono il presente, vi si immergono totalmente, ed io vivevo tutte quelle storie, nulla mi sfuggiva, come fossero intorno a me ed io fossi in esse, con quella potenza che si perde man mano che il mondo ci avvolge. Poi il tempo. Nel tempo la mia scelta degli studi superiori, la ricomparsa dei pensieri immagine vissuti nell'infanzia e la decisione. E fu l'India il soggetto, la sua storia, la sua filosofia, la sua lingua antica e moderna, la sua cultura tutta. E dagli studi riemerse il Grande Gioco afghano. Non a caso, Kipling sarebbe stato il primo autore inglese in relazione all'India che avrei segnato nel mio piano di studi.
Al tempo dei racconti d'infanzia, mio padre chiamava gli intrighi, bugie, e le spie, bugiardi. Avrei collegato e compreso poi il senso delle parole: bugia e bugiardi, nell'ambito della sua esperienza di guerra sul fronte africano a diretto contatto con le truppe e la strategia inglesi.
E tutto si sarebbe fatto semplice avendo allenato la mente, sin dalla tenera età, ad andare oltre l'apparenza. Il Grande Gioco, The Great Game, in lingua originale, si sarebbe svelato alle mie ricerche culturali, ai miei pensieri.
Il mio primo viaggio laggiù, avrebbe fornito verifica a quella strategia, non solo per via di ulteriori studi in loco, ma anche e non ultimi, per i racconti di gente semplice, spesso bottegai. Tra i mille oggetti che affollavano le loro botteghe, le armi d'antiquariato per lo più da fuoco: fucili, pistole, erano quelli più presenti, e loro, i bottegai, sorridendo alle tue domande, come a dire: sono cose tue, si esprimevano, con approssimativo accento inglese: is English, ma'am, e quando la tua voce con altrettanto sorriso pronunciava: I am Italian, dopo qualche attimo di perplessità, sorridevano con diverso calore e t'invitavano a sedere sulla soglia della bottega, accanto a loro, libertà che non ci si permetteva con una donna, ritenendola mancanza di rispetto, ma il rispetto in questo caso non era in ballo, quel che c'era era la contentezza che fossi italiana. E ti offrivano tè nero, non in tazza inglese pur sempre presente tra le anticaglie della bottega, ma in un piccolo bicchiere di vetro come loro uso. Sì, era bellissima Heràt allora. Tempo fa. Con le sue cupole azzurre verso il cielo, la sua antica storia, il suo antico nome di Alexandria Aria, antica come i manufatti di tappeti intrecciati a raccontare quell' incontro di scambio che fu con l'occidente e s'affacciava ora dalla Cittadella sulle strade deserte di sabbia bianca. 
Poi, ancora il tempo, tanto, e il 2001. Heràt avrebbe mutato volto, il nome "Italia", con esso, avrebbe indossato la mimetica e calpestato la via bianca di sabbia.
 
L'ha fatto George W. Bush nell'ottobre 2001, prima di J.Biden, quando tuonò al mondo: Andiamo a civilizzare i barbari, e presero a bombardare l'Afghanistan, ora Biden novello presidente d'oltre oceano, con altrettanta enfasi urla la retorica della: Missione compiuta, indicando il ritiro delle truppe dal Paese orientale. 
Ma il vaso è colmo e vuole straripare tutte le menzogne di quell'estremo occidente figlio d'Inghilterra che di barbarie se ne intende, non avendo mai elaborato la propria. 
Vanno via le truppe, Nato, Coalizione Internazionale. E cosa hanno fatto in vent'anni se non portare distruzione e morte? 
Il Grande Gioco afghano non si è mai fermato, mai è terminato, neppure ora. Ora più che mai.
L'Afghanistan è distrutto, questa la verità. Si è mentito su tutto, si è sempre deviata l'attenzione su quel che si voleva consolidare in sordina, perché esplodesse al momento opportuno a motivare la presenza straniera e l'azione bellica di "aiuto" al popolo afghano contro il "terrorismo". Al-Qaeda, Taliban, Daesh, non fa differenza. Anzi, la fa, i Taliban voluti, costruiti, ed armati dagli Stati Uniti nelle madrasse pakistane degli anni '90, non sono più quelli dell'inizio, ma mujaheddin, ovvero difensori della sovranità del Paese. Il come riguarda la tradizione dell'Afghanistan, la sua propria storia e la sua sovranità da riconquistare. Ma il Grande Gioco ha impedito ed impedisce la verità e sempre accusa i Taliban. Intanto lì sono state fomentate le diatribe fra etnie, bombe a grappolo sono state lanciate a migliaia, l'uranio impoverito si respira ovunque, persino nel Dasht-i-Margo, il grande deserto a sud-ovest. L'economia, già misera per via della decennale occupazione sovietica, è stata impoverita in maniera esponenziale, gli afghani nella loro miseria hanno visto campi di cereali venir requisiti e convertiti in campi di papavero da oppio, campi di papavero da oppio spontanei, sono stati sottoposti a coltura intensiva: E mentre i bei fiori viola si trasformavano in polvere bianca all'interno di costruzioni, da noi occidente adibite a raffinerie prima inesistenti nel Paese, gli afghani vedevano morire i propri figli o finire ridotti a larve umane sotto i ponti. O partire per non tornare. Le forze di Coalizione hanno bombardato l'Afghanistan in ogni luogo, dalle feste matrimoniali agli ospedali, dalle scuole ai villaggi, bombardati direttamente, ma per errore, come sempre si è detto, dalle suddette forze, o lasciati luoghi saltare in aria con gente inerme compresi i bambini, per mano di terroristi al soldo d'occidente e dei suoi complici d'oriente, usati all'uopo. Ma mai, proprio mai, è stato bombardato un solo campo di papavero, mai una sola raffineria è saltata in aria. Mai alcun errore si è verificato in tal senso. Mai in vent'anni. 
Quali barbari sono stati civilizzati e quale missione è stata compiuta Signori Presidenti di  quell'incivile terra d'estremo occidente? 
Il vaso è colmo, non può che straripare. E strariperà. Non importa quando. Il tempo della Storia è lungo.

Quattro giorni fa, 1 giugno 2021, a risposta del missione compiuta e ritiro, in conferenza stampa, rilasciata dal Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg, a seguito della riunione del Consiglio Nord Atlantico nella sessione in cui vari Ministri della Difesa, si sono concentrati sull'agenda Nato 2030, ecco la dichiarazione relativa all'Afghanistan:  
"... I ministri della Difesa si sono concentrati sui piani per rafforzare la nostra unità, compreso un impegno rafforzato per la difesa collettiva. Ciò significa un'attuazione rapida e completa del nostro adattamento militare. e continui miglioramenti alla nostra prontezza, alle nostre capacità e ai nostri investimenti nella difesa.
I ministri della difesa si sono rivolti all'Afghanistan. il ritiro delle nostre forze procede in modo ordinato e coordinato. E in ogni fase la sicurezza del nostro personale rimane fondamentale. Stiamo finendo la nostra missione militare, ma non stiamo finendo il nostro sostegno agli afghani. Così oggi i ministri della Difesa hanno discusso la via da seguire. Continueremo la nostra presenza diplomatica civile a Kabul. Fornire consulenza e sostegno allo sviluppo di capacità delle istituzioni di sicurezza afghane. Stiamo anche come possiamo fornire istruzione e addestramento militare al di fuori dell'Afghanistan, incentrato sulle forze per operazioni speciali. E stiamo lavorando su come finanziare la fornitura di servizi che consentano agli alleati e alla comunità internazionale, di rimanere a Kabul, compreso il supporto per l'aeroporto. I ministri hanno convenuto che questo sostegno continuo sia il modo migliore in cui tutti noi possiamo contribuire agli sforzi di pace in Afghanistan...".
Fato ha voluto a kilometri di distanza, coincidente al rilascio della dichiarazione di Stoltenberg, che chi scrive rilasciasse due interviste-dichiarazioni su quel martoriato Paese e che in esse, venisse evidenziato lo spirito di menzogna e di intrigo che ha accompagnato l'Afghanistan in questi venti anni. Ma non solo. 
Chi volesse ascoltarle troverà in calce i riferimenti.
Si potrebbe andare avanti, ma questa è solo la pagina di un blog, non di un libro. si rimanda quindi, come spesso accade, chi volesse approfondire il passato di quella terra così come il presente, ai libri di storia ed anche di quella particolare narrativa che potremmo chiamare "vita narrata" che chi scrive ha segnato, e continuerà a segnare, le cui indicazioni  sono reperibili sul web ad iniziare dalla home page, di occiriente
Sì, il vaso è colmo, straripa e strariperà. La dea Speranza non si arrende lungo l'infinito tempo della Storia.

Marika Guerrini

p.s. riferimenti interviste

1) Intervista presentazione libro "AmanUllah il Re riformista- Afghanistan 1919/1929"                                           https://youtu.be/3MtwVpZdMI0

2) grparlamento podcast - Geo Parlamento del 29/05/2021 -Afghanistan

http://www.grparlamento.rai.it/dl/portaleRadio/media/Contentitem-79a59b47-dfc0-4f4c-a304-c0394e2e3de1.html