domenica 27 gennaio 2013

per non dimenticare

...mai più lunga nella storia degli uomini la data di un anno. Anno moltiplicato in segni di sessantotto calendari. 1945, anno senza fine, che non trova fine. E' lì che li teniamo, ancora. Lì,  dietro la rete, oltre i cancelli. Lì, nel terrore di grandi occhi su volti emaciati assenti d'ogni moto di capelli. Lì, incorniciati in rombi metallici nei pigiama a strisce. Imprigionati nella memoria. Dalla memoria. E li usiamo. E nell'uso scorrono  le riprese in bianco, in nero, in colore. E scorrono volti bambini e grinzosi e lontani. Scorrono incatenati nel tempo. Nell'inesorabilità d'un tempo ripetuto, vuoto di speranza, di luce, dell'amorevole carezza d'una dimenticanza. Tempo senza perdono. E li usiamo da sessantotto anni. E usano noi. "Bisogna ricordare perché quei crimini contro l'umanità non si ripetano" è quel che viene detto e ridetto e ancora detto. "Giornata della Memoria" per questo. E si riforma il dolore nelle antiche immagini, si proietta dalle antiche immagini che antiche non riescono ad essere, non possono, non viene loro permesso. E si riforma l'odio alla vista delle antiche immagini, si ripropone attraverso le antiche immagini. E si ricrea, si riforma, si ripropone, si alimenta, si espande. E rivive. E vive. E si usa l'odio per combattere l'odio. E' odio capovolto la "Giornata della Memoria". Capovolto a concimare la terra, la storia, gli uomini, mentre genocidi antichi anch'essi, si sono ripetuti e dimenticati, mentre genocidi presenti si ripetono. A insanguinare la terra, la storia, gli uomini. Nell'indifferenza della terra della storia degli uomini. "Per non dimenticare" si dimentica. Ora. Qui.
Marika Guerrini

mercoledì 23 gennaio 2013

Baluchistan: dietro le stragi

Koh-e-Daleel (Reko Diq)
...ha nome Reko Diq è un villaggio, poco più, è nel distretto di Chagai, è in Pakistan, in Baluchistan la martoriata provincia, è nel deserto, nel triangolo che s'incunea tra Afghanistan a nord e Iran ad ovest. Adagiato sulla sabbia dorata Reko Diq, che in baluchi vuol dire punta di sabbia, dal nome d'un antico vulcano, viveva i suoi giorni luminosi che fosse per il sole o le stelle particolarmente lucenti in quell'angolo remoto. La scarsa popolazione che lo popolava era sempre pronta ad accogliere nomadi e  viandanti nei suoi ritmi naturali. Poi la frantumazione d'ogni ritmo, d'ogni silenzio e il 1990. 
1990, la Geological Survey of Pakistan sa della vena magmatica che corre dall'Europa Centrale alla Nuova Guinea, sa che dovrebbe passare lì, nelle viscere di Reko Diq, lì tra Quetta e Taftan, collabora quindi con la BHT Billinton australiana, società mineraria che a sua volta collabora con lo studio Tethyan Cooper Company, australiano anch'esso. Si fanno prelievi, si scopre presenza di rame porfido, poi, presenza di oro.
Quadro regionale del tempo: l'URSS presente e agente oltre il confine è crollata, l'Afghanistan è preso dalle beghe interne, i mujaheddin vengono finanziati dalle armi USA e addestrati dai sauditi,  entrambi costruiscono i taliban in Pakistan, servendosi di esso accondiscendente, per quel che sarà il futuro prossimo. 
Luglio !993, senza alcuna verifica delle leggi nazionali pakistane in merito alle esplorazioni ed estrazioni minerarie, un Governo  provvisorio della provincia baluchi sottoscrive un accordo con la Tethyan circa l'esplorazione del sito. La quota di partecipazione del Baluchistan viene fissata al 25%, il resto alla Compagnia australiana, ovvero il 75%. La Tethyan avvia i lavori di ricerca ovviamente investendo danaro. A breve un enorme giacimento di oro e di rame si fa certezza: Reko Diq è un gigante d'oro. La sua portata è, dopo quella delle Americhe messe insieme, la più estesa del globo. L'antico nome Reko Diq  viene prolungato col termine Project, il villaggio diventa un progetto calpestato da avidi passi stranieri.
Potremmo fermarci qui, il resto si capisce, ma non ci fermeremo, continueremo  a guardare quel che da tempo vediamo sappiamo diciamo sottolineiamo, a guardare quanto le guerriglie urbane le guerre civili le reti terroristiche i settarismi religiosi e ancora e ancora, siano la bieca facciata d'una ancor più bieca macchinazione per un potere economico che si fa potere mondiale. Questo. Esclusivamente.  
Ma, torniamo all'argomento. Il Governo baluchi cambia e cambia mentre la Tethyan viene rilevata dalla Barrick Gold Corporation (Canada) e dalla Antofagasta Minerals (Cile) con le rispettive quote del 37,5% ciascuno. Intanto il popolo baluchi inizia a farsi sentire: non è d'accordo con la presenza straniera, trova sia un sopruso economico, sociale, che sia sfruttamento del proprio territorio con estreme conseguenze ambientali, sanitarie, che sia offesa per i propri scienziati, per la stessa tradizione locale da sempre avvezza alle estrazioni e lavorazioni di minerali e pietre preziose, che sia inoltre. un accordo illegale. La voce giunge ad Islamabad. 
Il quadro regionale ancora cambia: Afghanistan occupato dagli USA, accusato di ospitare al-Qaeda e terroristi di cui ora si accusa esclusivamente il Pakistan circa produzione formazione addestramento. Il Pakistan "deve essere" destabilizzato.  
Anno 2003, iniziano i processi del Pakistan per l'annullamento dell'accordo ritenuto illegale. Ve ne saranno periodicamente. Intanto, come se niente stesse accadendo, la Barrick Gold,  (miniere su tutto il globo) specializzata in repulisti forzato delle popolazioni locali..e non andiamo oltre, e la Antofagasta Minerals, di cui sappiamo poco, continuano i lavori. L'ammontare calcolato della produzione finita è di 250.000 once di oro e 200.000 tonnellate di rame ovvero miliardi e miliardi di dollari. 
Il Progetto si ingrandisce, da, innanzi tutto esplorativo, si fa esplorativo- estrattivo, con nessi e connessi. Prevede costruzione di:
aeroporto a più di 100 km. verso Quetta; porto a 30 km. dal porto di Gwadar nel Golfo con navi da trasporto merci per tutto il mondo; gasdotto di 682 km. da Reko Diq al futuro porto per trasporto minerali greggi da lavorare nei rispettivi paesi delle Compagnie; centrale idroelettrica con estrazione di acque sotterranee; villaggio con confort compresa una moschea ( il contentino) per gli impiegati (n realtà mano d'opera operaia locale e tecnici, scienziati esperti vari a seguito Compagnie); un contratto  di 46 anni +10, dopo di che l'abbandono del sito da parte delle Compagnie.
 O, per meglio dire, di un cimitero popolato, per altissimo inquinamento (arsenico cianuro etc) da cadaveri umani ed animali, da ricordi di specie vegetali ormai distrutte e scorie minerarie altamente tossiche per secoli.


Intanto guerriglia urbana, attentati, stragi si incrementano in tutta la provincia baluchi, ancor più nella zona di Quetta verso la via che porta in direzione di Reko Diq. Nel contesto, il genocidio degli Hazara. La comunità che non si vende né vende le proprie terre, le proprie case, la comunità che in quanto minoranza religiosa, fa da ottimo bersaglio, per la menzogna del settarismo fine a se stesso. Anche perché in occidente a cui si vendono le menzogne per giustificare azioni nefaste, non molti sanno né interessa sapere, che gli sciiti in Pakistan sono presenti anche in altre etnie e che persino Mohammad Alì Jinnah, padre fondatore della nazione, di fede ismaelita era di passione sciita. E il teatro pakistano va avanti col motto:  terrorizzare sì che i luoghi si spopolino, mentre il Progetto minerario continua e il materiale armato ad uso e consumo da tempo è nella regione e si sa che le pedine assoldate non hanno patria né fissi padroni, che assumono forme diverse, diversi nomi, che vanno come il vento del deserto, ovunque.
Anno 2010, la Provincia baluchi dichiara di voler annullare l'intero Progetto.
Stesso anno 2010, il primo Ministro del Governo Provinciale viene avvicinato perché ceda la quota (25%), la risposta è no. Si prova con Islamabad, la risposta è no. Continuano le violenze sulle strade, le uccisioni, le stragi etc. I colpevoli continuano a non essere catturati e se sì, rilasciati a breve.
Anno 2011, i giudici chiedono al vecchio firmatario la Tethyan Cooper Corporation di presentare una relazione sull'accordo. La Tethyan ignora la cosa.
Gennaio 2012, Londra, "The Express Tribune": pubblica: la Camera del Commercio Internazionale dichiara l'accordo illegale, contro l'ordine pubblico e non  un contratto di concessione. 
13 dicembre 2012, il Centro Interno per la Risoluzione delle Controversie (ICSID) dà torto alla Tethyan Cooper Corporation e permette al Baluchistan di continuare con le ricerche.
07 gennaio  2013, il Comitato di Vigilanza dichiara l'accordo del 1993 nullo e fuori legge. La Corte Suprema conferma. Definitivo.
Ecco, occiriente ora si ferma. Ha cercato di dare la sintesi d'uno scenario dalle mille sfaccettature, molto più complesso di quel che si è potuto dire in un contesto di breve spazio. O voluto dire. Ha solo comunicato un ulteriore oltre di quest'ulteriore scena teatrale, comunicare le solite quinte, lì dove gli attori si spogliano dalle vesti e il gioco in parte si chiarifica. Solo in parte..Altro non c'è da dire.
Marika Guerrini
foto da Faisal Shakeel, si ringrazia.


       

lunedì 14 gennaio 2013

attentati a Quetta colpiti gli Hazara-seconda parte

...03,30 ora di Quetta, 23.30 circa ora di Roma. Il dolore corre sul filo, nelle immagini sfocate, è indicibile. Volti di donne, tante donne, oltre il velo che lascia scoperti i volti celati da lacrime, soltanto. Donne dalle spalle piegate nel peso della madre sorella sposa che ha perso parte della propria vita. E uomini, uomini nei bianchi shalwar, uomini dai volti tagliati dallo stesso dolore. E fiammelle di candele e fuochi di ceppi impossibilitati a riscaldare il gelo doppiamente pungente della notte che guarda bare scoperte su corpi avvolti in sudari, bianchi anch'essi, con scritte rosse. E' questo che stasera, stanotte s'è allungato nell'etere in suoni soffocati, in immagini sfocate da Quetta a Roma. E' questo che a migliaia di kilometri si sta vivendo: un indicibile dolore. Dolore reso ancora più indicibile, inconsolabile, dalla scelta del ritardo di sepoltura dei propri cari, la sepoltura a non breve tempo dal cessare della loro vita.
Ma l'occidente non sa o pochi in esso sanno cosa questo significhi per un musulmano. Pochi in occidente conoscono l'importanza del rito di sepoltura veloce nel loro credo. Veloce perché l'anima dell'estinto possa al più presto raggiungere il Bèhésht, l'Eden, ove iniziare in grazia celeste il suo lungo riposo. No, l'occidente non sa quanto quelle donne hazara, quegli uomini hazara abbiano sommato dolore a dolore quale estremo sacrificio, a che il mondo possa conoscere la disperazione della propria vita segnata da tempo, troppo, da stragi che, falciando uomini donne bambini, insanguinano il cammino del loro popolo. E' salito a 132 *il numero delle vittime di tre giorni fa, mentre un particolare distingue la recente strage: tutto questo dolore si è verificato a neanche sessanta giorni dall'incontro di Londra, lì, alla Camera dei Comuni, lì. al Parlamento del Regno Unito, il giorno 19 novembre 2012. Incontro-conferenza sul genocidio del Popolo Hazara specialmente in Pakistan, sì, proprio così. Lì, alla presenza di venti parlamentari britannici, esponenti d'ogni partito, lì, a parlare proprio di questo con esponenti di comitati, associazioni hazara e pro hazara nonché con Abdul Khaliq Hazara presidente dell'HDP, il Partito Democratico Hazara del Pakistan, lo stesso Khaliq Hazara che da due giorni ha iniziato lo sciopero della fame seguito da centinaia di altri donne ed uomini non soltanto di etnia hazara. Eppure lì, nel cuore di Londra, alla Camera dei Comuni in cui è difficile arrivare se non che per motivi di rilievo, si sono prese importanti decisioni di interventi per estirpare la malattia delle stragi hazara, si è parlato di Diritti Umani e dei Popoli, si è pensato all'ONU. Si è parlato, ipotizzato, pensato. 
Oh, sì, Bank-i moon, ora, da New York, ha condannato l'azione omicida di Lashkar-e Jhangvi, ennesima azione, sì, certo, sta di fatto però che il portavoce di Lashkar-e Jhangvi, rivolgendosi agli hazara di Quetta, ieri, solo ieri, ha detto: Vi stermineremo tutti prima della fine del 2013. Che è la precedente stessa minaccia con data 2012. Questa la risposta, risposta a tutto: conferenze, Onu eccetera, e, a dire il vero, occiriente pensa che la risposta, questa risposta, sia dovuta ad una sicurezza circa la libertà d'azione. E, così pensando e lasciandovi pensare, ferma qui questa seconda parte, ché, dato il perdurare della sacralità del momento tragico per gli hazara, si preferisce spostare alla prossima pagina l'analisi sui perché di questo genocidio con tutte le ipotesi e le tesi in merito. Ora rendiamo ancora omaggio al coraggio e alla dignità di questo popolo silenzioso e al suo indicibile dolore.
Marika Guerrini

* Rettifica: si chiede scusa: le ultime notizie confermano 96 il numero dei decessi. Meglio così!

foto, si ringrazia "hazara.net"

venerdì 11 gennaio 2013

attentati a Quetta colpiti gli Hazara -prima parte

...eravamo in diretta con Quetta quando s'è scatenato l'inferno. Poi silenzio. S'è fermato tutto, qui, a Roma anche. E il battito cardiaco s'è fermato. E lo spazio nel telefono s'è fatto infinito. Due attentati, tre le esplosioni suicide a squarciare la sera di Quetta, esplosioni con non meno di 96 morti e 150 feriti tra cui molti gravi. Bersaglio: comunità hazara. Tre giorni di lutto.
Dinamica primo attentato con due esplosioni: prima esplosione, strada Alambar, interno di un club privato di biliardo, un club hazara, il suicida di turno si fa saltare in aria causando la prima strage. A dieci minuti di distanza seconda esplosione, in precedenza programmata, all'esterno dello stesso edificio  all'arrivo di soccorsi d'ogni tipo e media. La strage s'allarga.
Secondo attentato: colpita la zona vicina all'aeroporto in un mercato. Suicida anche questo. Sembra. Tra le vittime nove agenti di polizia, tre esponenti dei media tra cui un giornalista ed un cameraman. La firma degli attentati è chiara e limpida: Lashkar-e Jhangvir, rete affiliata ad  Al-Qaeda. Il portavoce, rivendicando le stragi, ha detto: " avevamo dato l'ultimatum agli hazara di lasciare il territorio entro il 2012, non l'hanno fatto e gli attentati si moltiplicheranno." Ma queste sono solo parole, parole che non smentiscono la matrice delle stragi,  tanto meno danno la visione reale dei mandanti, dei "padroni" stranieri, dei burattinai d'occidente e d'oriente. E lo dimostra non da ultimo il fatto che in oltre dieci anni di attentati mirati, non uno, non un solo uomo colpevole dei reati sia stato affidato alla giustizia, ancor meno condannato. Al contrario, si sono moltiplicati come funghi. Non uno.
Sì, Quetta martoriata città baluchi con l'ancor più martoriata comunità hazara il cui genocidio, il mondo, non a caso, continua ad ignorare. Entrambi, Quetta e gli Hazara pakistani, colpevoli d'essere sul confine afghano-pakistano, quello di sud-ovest. Colpevoli d'essere ad uno straccio di kilometri dall'afghana Kandahar, città sotto il controllo delle truppe statunitensi dal 2001, covo strategico della Cia, regno di estremisti talebani  coltivati dagli States e non combattuti come si suol dire e credere o far credere. Così come si vuol far credere che gli attentati, genocidio incluso, abbiano origine religiosa, Hazara sciiti-estremisti sunniti. Non è vero. Non ci stancheremo mai di dirlo, ripeterlo, sottolinearlo. Sono coperture internazionali spinte da fattori geopolitici ed economici. Ma ora, stamattina, ci fermiamo qui, proveremo a rimetterci in contatto con Quetta, Sarà difficile, impossibile, forse, ma lo faremo. Ora, qui, in questa mattina nebbiosa, si voleva dare conto immediato dell'accaduto, riprenderemo ampliando ancora una volta l'argomento nella seconda parte di questa pagina.  
Marika Guerrini

giovedì 3 gennaio 2013

"Syria was paradise now battleground"

...è una voce profuga a pronunciare le parole: "la Siria era un paradiso ora è un campo di battaglia". Una voce dal Libano come dalla Giordania, come dalla Turchia, come da qualsiasi luogo oltre i patri confini siriani. Una voce sciita forse, sunnita forse, cristiana forse, ebraica forse e ancora forse, perché questo era la Siria, un ventre accogliente ogni credo, ogni etnia, ogni popolo. Questo era malgrado i regimi, questo nella tolleranza, nella sua civiltà, prima, prima che fosse invasa dallo spirito di menzogna, fomentata da esso. Ma questo lo sappiamo, ci è chiaro così come ci è chiaro che ci sono altre voci, quella di Ban-ki-moon, ad esempio, Segretario dell'Onu, la voce che ha detto alla Comunità Internazionale: " ...sono estremamente preoccupato per il deterioramento della situazione in Siria, bisogna fare di più". E c'è l'altra voce, quella da Damasco, di Brahimi, che rende sonora la Lega Araba oltre che l'Onu di cui è l'inviato: " ...se l'unica alternativa è l'inferno o un processo politico, allora tutti noi dobbiamo lavorare istantaneamente per un processo politico. La pace mondiale e la storia subiranno delle conseguenze se il problema non viene risolto in pochi mesi.", questo dopo l'incontro con al-Assad, cordiale amichevole, dopo l'incontro con Lavrov, Ministro agli Affari Esteri russo. Ma il "problema" come oggi, e da un po', si usa chiamare i preliminari alle invasioni, non lo si vuole risolvere. E Brahimi lo sa, e lo sa Ban-ki-moon, e lo sa Lavrov, sebbene quest'ultimo lo sappia in maniera differente essendo l'unico a dare corpo alle parole, l'unico a proporre concretezze quale l'incontro a Mosca tra al-Assad e al-Khatib, capo della Coalizione Nazionale Siriana,  vale a dire oppositori, ribelli. Incontro a cui al-Khatib, si è negato, che ha rifiutato diversamente da al-Assad resosi disponibile. 
L'Onu, già, l'Onu che non onora le funzioni per cui è nato da molto, in realtà da sempre, forse. Dov'era l'Onu quando l'Afghanistan chiedeva aiuto, prima, prima dell'inizio della fine, prima, negli anni d'occupazione sovietica e dov'era poi quando le bombe hanno iniziato a falciare gli innocenti e dov'era nei preliminari dell'iraq e con la Palestina dov'era, dov'è, e Gaza e ancora. L'Onu è assente da sempre nei fatti ma sa pronunciare parole. E la Siria sarà invasa con alta probabilità e l'Onu lo sa. E la Siria è già invasa, per questo non ci resta che uno sguardo di ricognizione, per il triste gusto di ripetere il già detto, un breve sguardo sul passato prossimo, qualche flash pescato a caso tra i più recenti per restare consapevoli della reale panoramica storica, di questa storia che ad oggi ha procurato 60.000 vittime
21 novembre 2012, la Nato comunica d'aver ricevuto richiesta dalla Turchia, dice, circa uno schieramento di missili Patriot sul confine. Confine turco-siriano in realtà Nato-siriano. 
4 dicembre 2012, la Nato approva il dispiegamento di missili Patriot olandesi e tedeschi sul confine turco-siriano.
5 dicembre 2012, in acque mediterranee di fronte alle coste siriane la USS Eisenhower, portaerei statunitense, con 8 squadroni di bombardieri da combattimento e 8.000 uomini si unisce al gruppo anfibio USS Iwo Jima con a bordo 2.500 marines, si unisce altresì a 17 navi da guerra, 70 cacciabombardieri, 10 cacciatorpediniere e fregate armate di missili a guida militare. Distribuiti e in aggiunta a questo micidiale arsenale sono altri 10.000 combattenti.
6 dicembre 2012, negli States, i media, comprese importanti testate giornalistiche, riportano la menzogna che al-Assad fa uso di armi chimiche sul suo popolo, contemporaneamente da Beirut, Hisham Jaber, capo del Centro Studi e Ricerche per il Medio Oriente dichiara: "...gli Usa conducono un gioco psicologico per annientare Assad" e, Paula Silier, corrispondente dell' RT per il Medio Oriente scrive:" ...gli Usa sono pronti per un attacco diretto contro la Siria".
7 dicembre 2012, Sergey Lavrov dichiara: " La Siria non è la Libia" e l'ambasciatore russo presso la Nato:" Le forze straniere schierate sul confine siriano aumentano le ostilità interne con incidenti voluti".
Intanto dagli States Barack Obama minaccia di ritorsione Assad in caso usasse armi chimiche e la Clinton si "preoccupa" che queste possano cadere in mano ai ribelli. I due si muovono all'unisono a ricomporre il déjà vu del 2003 circa l'Iraq, non manca nulla: guerra di parole, riarmo, assenza dell'uso di armi chimiche da parte governativa, ché sui ribelli abbiamo seri dubbi.
11 dicembre 2012, Obama riconosce il gruppo di opposizione al regime, sempre quello guidato da al-Khatib, come legittimo rappresentante del popolo siriano, allineandosi così con Gran Bretagna, Francia e paesi Arabi del Golfo. Del resto il suo predecessore lo fece a suo tempo con i Talebani in Afghanistan, in quel caso costruiti all'uopo e non solo fomentati e armati come in questo caso i "ribelli".       
14 dicembre 2012, la Bunderstag tedesca vota per la distribuzione dei missili Patriot alla Turchia. Di contro, Salt Jeremy dell'Università di Ankara, dichiara:" Non c'è alcun rischio di attacco siriano alla Turchia. Bisogna vedere se questo non sia il primo passo per organizzare l'intervento Nato in Siria e i Patriot siano solo il gioco programmato contro l'Iran".
22 dicembre 2012, viene ucciso Haidar al-Sumudi, cameraman, mentre riprende azioni dei ribelli. E' il sessantesimo giornalista dall'inizio delle guerra civile siriana, il particolare è che tutti stavano riprendendo o comunicando azioni "incresciose" dei ribelli.
23 dicembre 2012, raid aerei su di una fila di persone, per lo più donne e bambini, in attesa davanti ad un forno per comprare il pane dopo tre giorni di chiusura per assenza di farina. Decine i morti. I media occidentali urlano: "Sono stati aerei dell'esercito governativo".
26 dicembre 2012, più o meno, le voci che hanno urlato il 23 dicono: " Forse erano bombe dei ribelli o non si sa", pronunciando a bassa voce. Noi eliminiamo il, forse.
E' così che continua ad andare in quell'angolo del Mediterraneo mentre noi ci ostiniamo a chiamare ribelli e oppositori una masnada di mercenari assoldati all'estero entro cui si muovono Servizi Segreti d'ogni nazione interessata alla caduta di Assad, all'invasione della Siria, all'attacco all'Iran. Servizi Segreti che vanno dalla Cia ai Servizi israeliani a quelli turchi ai reparti speciali della Nato e così via. Ma anche questo conosciamo, tutti lo sanno. E così riprendiamo le parole dell'Onu facendo eco alla voce di Brahimi che in Egitto, al cospetto di el-Arabi, si è espresso: 
" Cosa accadrà in Libano se mezzo milione di siriani si riverseranno lì, cosa accadrà in Giordania, cosa accadrà...la responsabilità di proteggere la regione è internazionale". 
Ma è la regione che si vuole occupare, è la regione che si vuol rendere inerme, che si vuole assoggettare. E' la  regione tutta che si vuole frantumare in staterelli venduti senza più storia né identità. E' questo che si vuole. A rischio sono tutti i paesi che conservano una coscienza di sé in questo nostro tempo. E  le parole dell'Onu, convenzionali inutili, si fanno imbarazzanti persino all'ascolto.
 Marika Guerrini