lunedì 18 agosto 2014

verità in Parlamento e analisi storica

Bruegel, Torre di Babele
... da quel mefistofelico 11 di settembre del 2001, le nostre pagine altro non hanno fatto che dichiarare, ricordare, sottolineare, evidenziare in incontri verbali e scritti quel che oggi, il deputato Di Battista, componente alla commissione Esteri della Camera, ha espresso, e non è la prima volta, a proposito della contingenza bellica. Qui non si tratta di 5 stelle, di partiti, di movimenti, di prese di posizione eccetera, qui si tratta di verità o menzogna. Sempre la stessa verità, sempre la stessa menzogna. 
Quando il deputato si esprime dicendo: " Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato io ho una sola strada per difendermi... caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana", afferma un'umana verità, verità che non appoggia né sottoscrive l'azione in sé, ma ne constata la realtà, la procurata ineluttabilità, negare questa verità è ipocrisia. Quando tocca, e notiamo la delicatezza, la questione dei confini "imposti" dall'Occidente sia in Medio Oriente che in Europa, per cui, per quell'imposizione, si rende necessario e inarrestabile un assetto su basi etniche, afferma un'assoluta verità, negarla è ignoranza. Quando si appella ad una presa di posizione dell'Unione Europea che sia scissa dal mortale gioco espansionistico statunitense, per di più in totale fallimento, Di Battista esprime un desiderio di verità consapevole di una irrealtà che auspica divenga realtà. Quando accenna all'Eni e alla responsabilità italiana della "corruzione" in ogni dove si muova, dall'Africa al Medio Oriente, ed oltre aggiungiamo noi, corruzione che provoca, alimenta, accompagna la povertà dei paesi che dice di aiutare e invece sfrutta,  provocando così estremismi, ancora evidenzia un'assoluta verità. Ed ancora verità esprime quando parla di "follia" di "armare i curdi per fermare la guerra", alla parola follia addizioniamo ancora una volta la parola ignoranza, culturale, etnica, storica, da parte d'Occidente, ministro degli Esteri Mogherini compresa, follia anche nel proseguire il nostro servilismo allo zio Sam ivi compresa la furbizia britannica a cui zio Sam si abbevera. Ed anche quando suggerisce la similitudine tra un attivista dell'Isis e Colin Powell e definisce "panacea" per "il grande capitale nordamericano" la tragedia delle Twin Towers, uno dei motivi per cui chi scrive ha sempre affermato il made in Usa dell'evento, dice una verità. Quando con parole chiare afferma: "l'avanzata dell'Isis è soltanto l'ultimo atto di una guerra innescata dai partiti occidentali costretti a restituire i favori ottenuti dalle multinazionali degli armamenti..." eccetera eccetera, anche in questo caso dice il vero. E così fa nella consapevolezza dell'importanza del ruolo della Russia per l'Europa, non a caso, vedi crisi bellica ucraina, si sta facendo l'impossibile per affondare la potenza orientale europea, attaccarla, metterla in cattiva luce, accusarla e via dicendo. Qui non si tratta di parteggiare, si tratta di vagliare argomenti storici, si tratta di obiettivare, e noi che da tempo trattiamo questi argomenti, quel che abbiamo notato, che ci ha spinti ad accompagnare le parole del giovane deputato con questa pagina, è stato oltre alle verità proprio il senso storico, il garbo e l'equanimità della sua trattazione. Sì, perché tutto si può dire, ma il modo è di grande importanza, è il modo a cambiare la sostanza delle parole, spesso, molto spesso, è il modo a lasciar trasparire la presenza o l'assenza di avversione, di faziosità e, nel caso di assenza, a rendere la cosa pulita, lasciando libero il lettore, l'uditore o chicchessia. Questo fa la differenza. Una grande differenza che rivela le intenzioni di chi parla o scrive, rivela se sono dirette ad un senso di reale verità, di opportunismo politico o altro. In Di Battista il senso di verità è presente, questo ci è piaciuto, anche se, tornando alle parole del deputato, e precisamente al desiderio-proposta di incontro con i così detti terroristi, cosa che appoggiamo senza esitazione né remora, è evento che, purtroppo, sappiamo non realizzabile, almeno per ora, dato che il 90% del "terrorismo" è stato costruito dall'occidente a tavolino. Afghanistan insegna, Iraq insegna, Siria insegna, Primavera Araba insegna, e via dicendo. Ma questo Di Battista lo sa, sa di certo che la grande antica tattica del divide et impera, ora in attuazione a 360°, tra l'altro con uomini ben diversi dagli antichi cittadini di Roma, il che peggiora, non esclude mezzi tanto meno strumenti.  
A questo punto, per una sintesi storica possiamo dire che ad oggi, nell'attuale mondo civile, dall'inizio del XX secolo, con basi precedenti, ci si è mossi e ci si sta muovendo in base a tre esigenze, tre correnti, la prima  si mostra in una conquista della supremazia mondiale da parte delle potenze anglo-americane, cosa che ci dovrebbe far volgere indietro lo sguardo ai Nativi Americani e alla loro distruzione, vale a dire alla modalità tutta britannica, poi americana, circa la disintegrazione di quei popoli. 
La seconda è nell'aspirazione ad una Società delle Nazioni di vecchio sapore (1919-1945), in realtà mai realmente attuata, una unione tra i popoli, che, si può dire, suggerisca agli idealisti, pochi superstiti, un umanesimo goethiano mentre in realtà, si scontra con un esasperato egoismo di popolo per cui ci si trova, esattamente come nella Bibbia, a costruire una torre di Babele in cui si vogliono unire i popoli in realtà separandoli. Basti guardare, con occhio storico, la falsità della politica di Woodrow Wilson (1856-1924) che volle la Società, e, con lo stesso sguardo  guardare al ruolo dell'Onu (1945) erede della Società, strutturato allo stesso modo della Società e, come la Società, nato all'interno di accordi di pace in un conflitto mondiale, ma entrambi poco più che parvenza, allora ed ora. A volte neppure, vedi  Onu in Afghanistan, Iraq, Siria, nei recenti eventi su Gaza, eccetera. 
La terza è l'anelito ad una struttura sociale dei problemi mondiali, ovvero le  aspirazioni che denominiamo sociali, per attuare le quali però, si tiene conto solo dell'economia, vedi globalizzazione, massimo simbolo della materia, che sì, avrebbe la sua importanza se non fosse ritenuta fulcro, partenza e arrivo per un benessere sociale che, con queste premesse non potrà mai realizzarsi, privo, come si vuole sia, di una serie di valori, princìpi eccetera eccetera, che riguardano l'umanità, la sua evoluzione. E' come dire: formiamo un paradiso in terra escludendo tutto quanto possa fare ordine in paradiso, ovvero escludendo il paradiso.
Ed è nella consapevolezza  di queste tre correnti in sé contraddittorie che si fa sempre più necessario chiamare la menzogna menzogna, anche quando e se appaia in un luogo in cui si dice vi si cerchi o si porti la verità, e si fa sempre più necessario coltivare nel modo più rigido, sì, più rigido, il senso della verità e dichiararla. Altresì dovrebbe essere naturale, come accennato, considerare tutti i fatti di cui sopra e loro simili, quali fenomeni storici il che  solleciterebbe un'effettiva libertà di pensiero. Si eviterebbero così commenti sui fatti reali, commenti, come sempre accade, di chi si barcamena tra ignoranza, ipocrisia, arrivismo, partitismo, campanilismo, falso nazionalismo, in sintesi gente che vuole vivere nella menzogna, non vuole si smascheri, o gente troppo stupida per comprendere le verità o riuscire a scorgerle lì dove sono. E' una tipologia umana questa, una folta troppo folta tipologia umana che vive di questo genere di ismi e il più delle volte occupa posti decisionali e di comando. Ecco perché notiamo ed apprezziamo le eccezioni quando da esse traspare non arida polemica o partitismo ma un reale senso di verità per la verità
Marika Guerrini
p.s.  
si consiglia su Woodrow Wilson "Europa-Usa" del 25 ottobre 2013 








mercoledì 13 agosto 2014

il deserto di Kabir

... mentre venti di guerra nuovamente e ancora ci giungono al di là dal mare e sul deserto s'espandono in scure nubi ed echi, da quest'angolo appartato dei Campi Flegrei, all'ombra delle colonne di Apollo che dal tempio s'allungano al calare del sole dietro la collina, azzittiamo questo perenne rombo di guerra nel racconto della fiaba di Kabir. Del suo deserto. Lo stesso che sarebbe ora se un tempo vicino non si fosse fatto incredibilmente lontano.
"... ai confini del mondo conosciuto, dove solo giunge chi cerca, luminoso scialle, stelle ammantavano l'oasi in cui viveva Kabir. Cammelliere dal colorito ambrato e grandi occhi scuri. Quella notte, nella sua casa di fango e paglia, Kabir se ne stava accovacciato accanto al fuoco, avvolto in una coperta blu come il cielo che guardava il deserto. Cullato dal fruscio del vento sulle dune, altro non faceva che pensare alla vita, a cosa volesse farne della propria.
Molto tempo era passato, forse troppo, da che il deserto con i suoi infiniti spazi sembrava essersi ristretto, limitargli la libertà. Perenne desiderio di andare. La mente di Kabir vagava alla ricerca di una risposta, la solitudine prendeva spazio in lui. Ne occupò così tanto, da allontanare ogni desiderio, ogni speranza. 
Kabir, cosa mai accadutagli, la vide, proprio dinanzi a sé. La vide starsene immobile a guardarlo, indifferente, fredda, buia, come un masso di roccia nella notte. Nel vederla così presente, così vicina, si scoprì ad immaginare che fosse qualcuno, chiunque, qualcuno a cui poter confidare dubbi, incertezze, i più segreti pensieri, quelli mai confidati, quelli che raramente confidava persino a sé stesso. Desiderava chi potesse scaldargli il cuore come il tepore della coperta, del fuoco, stavano scaldando il suoi corpo.
Ma questo non lo sapeva.
Mentre la mente vagava alla ricerca d'un possibile amico, di tanto in tanto lo sguardo andava alla parete, oltre l'apertura che in essa, senza vetri e senza imposte, gli permetteva di guardare le stelle.
Fu lì, in uno di quegli sguardi, che s'accorse del repentino nascondersi di esse. Strane nubi s'erano poste tra cielo e terra, nubi che memoria d'uomo non ricordava in quel luogo, da mai. Nubi gonfie sì da sfiorare il suolo, dense, bianche.
Kabir, a cui non mancava coraggio, quasi si spaventò, alla vista di quel cielo che pesava sul deserto come per uno strano presagio. Quasi si spaventò dell'improvviso annullarsi dei suoni.
Distolto dai pensieri stava cercando di capire quando un leggero colpo alla porta interruppe quello strano silenzio che pareva avesse immobilizzato ogni cosa, ogni essere vivente. Sobbalzò. Ma l'indietreggiare non gli apparteneva. Si alzò, socchiuse la porta, si sporse all'esterno.
Allo strano chiarore di quel bianco cielo, sull'uscio, rannicchiata al suolo, una giovane donna giaceva tremante.
L'abito dello stesso celeste candore, lembo di nube posato sul suo corpo. Kabir non notò questo particolare, senza perder tempo né proferir parola alzò la fanciulla, l'accompagnò in casa, si tolse la coperta di dosso, gliela porse.
La fanciulla sorrise al suo gesto, prese la coperta, vi si avvolse, poi si accovacciò accanto al fuoco. Passarono pochi momenti ma bastarono perché lei si riprendesse, il tremore sparisse, benché il colorito restasse immutato, pallido come le nubi. Spinto dalla curiosità le chiese da dove venisse, dove stesse andando. La fanciulla disse che veniva da molto lontano aveva camminato giorni senza mai fermarsi. Tacque sulla futura meta. Chinò il capo in un sorriso. Kabir non chiese altro. In fondo cosa importava, bastava che fosse lì.
Quella notte Kabir raccontò alla fanciulla sconosciuta tutti i suoi pensieri, i desideri, le speranze, tornati all'improvviso come se non avessero mai smesso di vivere in lui.
Kabir raccontava.
Man mano che raccontava lo sguardo di lei s'illuminava di mille soli. Soli luce che scaldarono il cuore di Kabir ed egli non seppe più perché, per così lungo tempo, non avesse avuto speranze né desideri. Si vergognò di quella solitudine che tante volte gli aveva stretto il cuore. Disperdendoli. Quella notte Kabir s'innamorò.
Si addormentarono l'uno accanto all'altra, accovacciati all'estremo espandersi del fuoco. Lui non s'accorse che larghe falde di candida silenziosa neve avevano ammantato ogni cosa, lasciando scoperta solo la piccola oasi verde e rigogliosa con i suoi alberi di champak.
La notte si consumò in attesa dell'alba.
Quando essa giunse, quando il primo raggio di sole sfiorò il volto di Kabir, lui si svegliò. 
Ancor prima di schiudere gli occhi cercò con la mano la fanciulla accanto a sé, ma non la trovò. Non c'era. Ritrasse la mano, sollevò le palpebre, lentamente. Lentamente guardò. Nessuno. Il fuoco era diventato cenere. In un angolo la coperta blu come il cielo notturno non avvolgeva nessuno. Non v'era nessuno.
La  piccola casa di fango e paglia era deserta. Come una ninfea sull'acqua d'uno stagno, leggera, immateriale, posava la veste bianca della fanciulla... in una piccola pozza d'acqua.
Kabir non fece nulla, avvertì solo un tenue calore nascergli dentro. Riscaldarlo. 
Dorato il deserto scompose le dune in giochi di luci, in colori. Immenso lo vide Kabir. Piccoli uccelli salutavano il giorno volando tra i verdi rami dei champak".
Marika Guerrini

tratto da "Massoud l'afghano il tulipano dell'Hindu Kush" dello stesso autore, Venexia 2004

sabato 2 agosto 2014

Gaza: trasmutazione in odio fuso

.... può accadere ad alcuni metalli che un processo alchemico tramuti la loro forma, la sostanza. E antiche mitologie e filosofie e leggende danno racconto del loro subire trasformazione, ancor più quando la sostanza materiale sia duttile, malleabile. E raccontano del fisico e del metafisico, di luoghi non luoghi, di laboratori tra alambicchi e ampolle e criptici testi in cui formule altrettanto segrete attendevano la comprensione, l'attuazione. Ed era allora che il vile metallo si trasformava in oro e il cinabro assurgeva a pozione di lunga vita e la pietra filosofale e... "Arte profonda" veniva anche chiamata un tempo e tuttora l'alchimia. E giungeva dall'oriente che fosse  arabo, fenicio, indiano, greco, egizio, e ancora fino a qui, al nostro medioevale occidente e ancora, da allora, nel tempo. Ma da ovunque fosse il suo giungere, ovunque fosse il suo tempo, il suo senso era un omnia ab uno et in unum omnia, e in questo tutto, in quest'uno il senso della trasmutazione dal vile al prezioso. E' quel che è accaduto al piombo israeliano del 2008, forse, così tanto fuso da perdere, nel tempo, la propria materialità ed assumere l'immateriale aspetto di un sentimento, in questo caso l'odio. Dunque, quel che accade in questi giorni e continuerà ad accadere a Gaza da parte di Israele, che continuerà ovunque in quella zona, altro non è che azione di una materia fattasi immateriale  per via di metamorfosi, motivo per cui, nel momento in cui l'immateriale sentimento tocca la materia, una qualsiasi materia che sia uomo o cosa, torna all'origine della propria sostanza e, essendo stato piombo, uccide. Tutto qui. In realtà Israele non sta colpendo i palestinesi e tutta la loro vita con delle armi, bensì con un sentimento che toccando la materia torna all'origine di sé, alla propria sostanza, questo prescinde dalla volontà di Israele, è solo questione alchemica di un metallo, che manifesta la propria natura, nel caso, plumbea, con essa agisce per contatto, per contatto si manifesta. E' così che Israele ha superato qualsivoglia Trimegisto, così, ha  superato qualsivoglia materia persino quella aurea, così ha tramutato il piombo in elemento che va anche oltre il volatile, elemento assolutamente immateriale, sentimento, a cui va dato nome: odio. Nulla meno nulla più.

Follia, la nostra? Peut être, direbbero i francesi.
Marika Guerrini