lunedì 23 dicembre 2013

quella lontana notte di Natale

da taccuino
... "... una manciata di tempo e il melograno ha lasciato alle spire del vento le sue foglie tutte. Ora, nudo e intirizzito, altro non mostra che il rubino dei suoi frutti spaccati, gravidi di piccole gemme rubino anch'esse. Sulla parete il termometro segna venti gradi sotto lo zero. Li intuisco questi gradi, più che vederne il tratto segnato, così come intuisco la data sul calendario, nel bagliore luminoso del quarto di luna che entra dalla vetrata di questa casa di fango e paglia che s'affaccia sul piccolo giardino. Un alto muro di cinta abbraccia questa casa, come a proteggerla dal mondo esterno, dal mondo estraneo alla sua vita. E' stato il gelo improvviso ad interrompere il mio sonno, ora, avvolta in strati e strati di indumenti, coperte, scialli, guardo oltre la vetrata il giardino e, le stelle. 
La fontana che nel giardino accompagna, con la sua rotondità, l'abbraccio del muro di cinta, tace il chiacchierio quotidiano, ha congelato il suo zampillio e mostra piccole sculture in trasparenti stalattiti e stalagmiti di ghiaccio che la luna trasforma in argento. Intorno è  assoluto silenzio. Il villaggio dorme. Dormono i suoi abitanti, i cani randagi, dormono anche i gatti di questa casa, i gatti che chiunque alloggi tra queste mura, che sia momentaneo o prolungato il soggiorno, che sia straniero o locale la persona, eredita. Sì, dormono gli stessi gatti che solo qualche ora fa, voraci e indomabili, dall'abbaino che s'apre sulla cucina, saltavano nei piatti colmi di chelo-kebab. E guardo le stelle.
Sono sempre così tante le stelle in quest'emisfero del pianeta. Ogni notte è un manto luminoso che t'avvolge, riscalda, coccola, ma questa notte sono ancor più vicine. Come  a voler ancor più accogliere i desideri degli uomini, i pensieri, come se ancor più volessero unire il mondo celeste all'umano. Ed io le guardo brillare in miriadi di luci intermittenti, presenti quasi a toccarle, come se un immenso albero di Natale fosse illuminato da milioni di piccole luci. E' la notte del 25 dicembre. E' la notte di Natale. E' il mio primo Natale in terra musulmana. E' così incredibilmente Natale!"                
Quel villaggio non esiste più. E' stato raso al suolo una notte di dicembre del 2011. Non sappiamo se fosse la notte di Natale. Il villaggio non era segnato sulle carte geografiche prima, ancor più dopo, non è mai stato segnato sulle carte, ha vissuto la sua vita invisibile al mondo. Allora, nel 2011, dopo il bombardamento da droni, i pochi sopravvissuti, per lo più uomini assenti quella notte dalle loro case, lo abbandonarono. Ora frammenti di mura, di case, briciole di fango e polvere, lamentano il passato come bocche sdentate sotto le stelle. Quelle stelle così vicine agli uomini.  E noi ci chiediamo se quel villaggio, la sua vita, le sue notti, quella lontana notte di Natale, non siano stati che elementi di fantasia nella nostra vita. Soltanto.
Marika Guerrini

mercoledì 11 dicembre 2013

"All'Italia" un melanconico sguardo

... nulla v'è d'imprevisto, non v'è stupore meraviglia sorpresa. Pagine d'ogni tipo d'allerta sono state segnate da tempo. Ma nulla. E non v'è nulla che si possa dire, ora, nulla che non sia stato detto, che non sia stantio, nulla. Resta la poesia dei suoi figli. E non si sa per quanto ancora. Episodi occorsi ieri, oggi, ora, fanno disperare. Episodi come in Sicilia, lì dove liceali hanno fatto irruzione, arrabbiati, in uno di questi supermercati del libro, questi che vanno di moda, questi in cui, sostituito da ogni tipo d'orpello da mercato, l'odore della carta della polvere dell'inchiostro è sparito con il silenzio. Hanno fatto irruzione urlando: bruciate i libri e chiudete le saracinesche! Non il: chiudete le saracinesche, dato il motivo di rivolta, ma il: bruciate i libri. Questo fa male. Questa logica conseguenza della nostra protratta ignoranza che negli anni altro non ha partorito, e continua a partorire, se non ignoranza o pseudo intellettualismi sotto spoglie di pseudo cultura, ché di conoscenza non v'è ombra. Questo fa male.
..." O patria mia, vedo le mura e gli archi 
e i simulacri e l'erme 
torri degli avi nostri,
ma la gloria non vedo,
non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
i nostri padri antichi. Or fatta inerme, 
nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
formosissima donna! Io chiedo al cielo
e al mondo: dite dite;
chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
che di catene ha carche ambo le braccia;
sì che sparte le chiome e senza velo
siede in terra negletta e sconsolata,
nascondendo la faccia
tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
le genti a vincer nata
e nella fausta sorte e nella ria.
    Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive, mai non potrebbe il pianto
adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
che, rimembrando il tuo passato vanto,
non dica: già fu grande, or non è quella?
Perché, perché? dov'è la forza antica,
dove l'armi e il valore e la costanza?
chi ti discinse il brando?
chi ti tradì? qual'arte o qual fatica
o qual tanta possanza
valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
da tanta altezza in così basso loco?
nessun pugna per te? non ti difende
nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo
combatterò, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
agl' italici petti il sangue mio.
    Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
e di carri e di voci e di timballi:
in estranee contrade pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
un fluttuar di fanti e di cavalli,
e fumo e polve, e luccicar di spade
come tra nebbia lampi.
Né ti conforti? e i tremebondi lumi
piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
l'itala gioventude? o numi, o numi:
pugnan per altra terra itali acciari.
Oh misero colui che in guerra è spento,
non per li patrii lidi e per la pia
consorte e i figli cari,
ma da nemici altrui
per altra gente, e non può dir morendo:
Alma terra natia,
la vita che mi desti ecco ti rendo...." Giacomo Leopardi
... altro non v'è da dire.
Marika Guerrini