sabato 25 ottobre 2014

Hazara- Muharram 1436- sacrificio

... è così tanto il tempo trascorso da che, un giorno, ci trovammo per la prima volta a salire su uno di quei bus che trasportano da un luogo all'altro la vita degli uomini, laggiù. Uno di quei bus che, come i camion, al passaggio rallegrano la via, quelli che, di giorno, narrano la  storia contingente e non, snodandola in colorate immagini dipinte, e di notte, rallegrano il buio accendendolo di colori lampeggianti da decine di piccole luci che li incorniciano. E' così tanto tempo che quegli stessi bus si sono fatte tombe, spesso, molto spesso, quasi sempre ormai, tombe del popolo Hazara. 
E' quel che si è consumato a Quetta ancora una volta. Quetta la città pakistana di cui spesso abbiamo trattato, la città al confine con l'Afghanistan di Kandahar e con l'iran, lì, nel Baluchistan meridionale, in quella martoriata regione in cui vive la più cospicua comunità del popolo Hazara in Pakistan. Quetta, con la sua città nella città, Hazara Town, appunto, con le sue scuole, la tradizione della sua gente, il suo indipendente tutto, e lì, ancora lì, e sempre lì, continua, nel silenzio del mondo, a consumarsi il genocidio di quel popolo. 
In quest'ultimo mese di ottobre gli attentati mirati hanno consegnato ancora vittime hazara alla storia. Dinamiche sempre le stesse, per mezzo di un suicida, come nei primi giorni del mese, con cinque vittime o, come due giorni fa, con motociclisti che assaltano un autobus dei colori, della storia, della tradizione, che ora raccontano anche gli attentati nei loro disegni con scoppi di fuoco. Otto le vittime questa volta, lì al mercato ortofrutticolo di Quetta, a due giorni dall'inizio di Muharram, un mese sacro, il mese del dolore per gli sciiti, quello del ricordo di Kerbala nel 61° anno dell'Egira, 680 del nostro Anno Domini. Kerbala, la battaglia, in cui perse la vita terrena Husayn Ibn Alì, cuore pulsante dello Sciismo. E ancora e sempre Hazara ad essere immolati, colpevoli di nulla se non che di vivere in un luogo ricco di risorse minerarie, non certo d'essere sciiti come si vuole si creda, luogo che, ricordiamo a chi l'avesse dimenticato, si vuole sgombro sì da farne un immenso sito minerario con agglomerato urbano ad uso e consumo straniero.
Tutto mentre continua l'inettitudine del governo centrale pakistano e del governo provinciale del Baluchistan, tutto con il via libera ai vari Lashkar-e-Jhangvi, forse, data l'assenza d'ogni recente rivendicazione. Ma per noi i gruppi terroristici sono sigle senza alcun valore, che sia  nome o attribuzione o motivazione o rivendicazione, poiché la sostanza non cambia, il sacrificio hazara non cambia, il dolore non cambia. Ora è così tanto tempo che denunciamo il genocidio del popolo Hazara che le parole si sono fatte vane, le consegniamo per questo a Hùshal Hàn, a quell' antica poesia da lui vergata ch'era il diciassettesimo secolo del tempo gregoriano, da noi già citata in altre pagine, quella sua poesia che dice:

Il dolore è una cosa
che bisogna tenere ben cucita nel cuore
tenerla a disposizione
sì che forse se ne accorga
un certo giorno 
il Signore

Marika Guerrini
foto: Barat Alì Batoor
si consiglia   http://occiriente.blogspot.it/2013/01/baluchistan-dietro-le-stragi.html


lunedì 20 ottobre 2014

Nuovo Ordine Mondiale e consapevolezza

... sono giorni, questi ultimi, in cui tutto ciò che riguarda azione terroristica con annessi belligeranti con annesse vittime con annesso espandersi dei disordini armati, sembrerebbe entrato sotto una leggera coltre d'ovatta, è una sensazione, l'eco di questo tutto che da anni attanaglia gran parte della sfera terrestre, tranne qualche richiamo all'attenzione, vedi Turchia che apre ai peshmerga mentre nessuno aiuta al-Assad, sembrerebbe essersi attutita, come fosse l'eco dell'eco. Questa fase dà modo di osservare noi stessi al di fuori dell'azione dell'evento, sì da comprendere il nostro approccio a tutto ciò che giunge come notizia, sì da comprendere in che modo ci relazioniamo alla notizia stessa. 
Generalmente si è portati ad osservare gli accadimenti come uno derivante dall'altro, esattamente come, trovandosi dinanzi al mare, si è portati a pensare che l'onda in arrivo sia causata da quella che la precede, la quarta dalla terza, la terza dalla seconda, la seconda dalla prima e così via. In realtà nel mare il fenomeno si verifica perché, al di sotto della superficie dell'acqua, agiscono forze che determinano il rompersi delle singole onde. Ora, tenendo ferma quest'immagine del mare e dei suoi moti, se pensiamo all'uomo, a noi tutti, ci rendiamo conto che può essere fatta la stessa considerazione, ovvero riteniamo gli accadimenti uno derivante dall'altro. Se poi applichiamo a quest'ultima considerazione la storia contingente, ma potremmo farlo anche con la storia propriamente detta, ci rendiamo conto che la nostra mente, in automatico, davanti ad un accadimento compie, immediato, lo stesso moto di derivazione dal o dai precedenti. Applicando questo concetto alla  contemporaneità, prendendo un esempio non a caso, quando è stato delle Twin Towers fu logica l'azione degli Usa su quel territorio che s'era detto sede degli artefici del disastro,  conosciamo a memoria il tutto. Allo stesso modo è successo con l'Iraq, a detta, sede di armi nucleari rivelatasi poi irreale, ma intanto la sequenza risultata logica fu, per questo, giustificata, anzi, ritenuta necessaria. Si potrebbe continuare, e si invita il lettore a farlo, ma comunque, riportando la causa-effetto a tutti gli accadimenti di questi ultimi anni, non troverete mai, ma proprio mai, un evento bellico, parabellico, un'azione violenta o costrittiva o restrittiva eccetera, perpetrata dalle forze occidentali sui paesi che sappiamo, che non sia giustificata dalla sua propria immediata causa-effetto. Che non sia logica, esattamente come l'onda che appare derivare dalla sua precedente e che se si fa tsunami è uno tsunami di derivazione, uno tsunami logico.
In realtà, come nel mare, il quadro è ben più complesso e allo stesso tempo estremamente semplice. Tale infatti risulta se si tiene conto di un a-priori, del fatto che sul pianeta da secoli è stato tracciato un disegno globale, come in una forma ereditaria dovuta ad alcuna genealogia consanguinea bensì una sorta di conformazione interiore, come una sottile predisposizione.  Questo disegno globale include un obiettivo: il controllo internazionale a scopo di dominio. Non ha alcuna importanza se il dominio sia economico, geopolitico o ancor più sottilmente vada a toccare l'evoluzione dell'umanità, quel che importa è che si realizzi, che sia. 
Sappiamo bene: quel che andiamo dicendo non è una novità poiché  sono anni ed anni che, prima in cerchie ristrette quali logge, aggregazioni, società segrete e cose simili, poi, come ora e da tempo ormai, in maniera visibile, si parla si traccia si pensa si discute su quello che viene chiamato Nuovo Ordine Mondiale, che di nuovo non ha più nulla data la diffusione della denominazione, ma proprio perché nominato, trattato, discusso e così via, in numerosi ambienti, pagine di giornali, di libri, ovunque ormai e da molti, viene sottovalutato, a ragion veduta, tra l'altro, visto che si avverte sempre, o quasi sempre, un retroscena di faziosità in chi ne parla, qualcosa che oscilla tra  complottismo e derisione. Ci sono quindi coloro che urlano a questo Nuovo Ordine come ad una piaga per l'umanità, qualcosa di ineluttabile, inelusibile, altri che ne negano l'esistenza o, tutt'al più la ritengono qualcosa di circoscritto, di elitario, qualcosa che riguarda alcuni. In entrambi i casi, le forze che agiscono in sottofondo, al di sotto della superficie quali idee del Nuovo Ordine, vengono a trovarsi indisturbate, nel primo caso perché chi potrebbe contrastarle in realtà ne resta vittima, indebolito dall'eccesso di considerazione, si trova a subirne la paura, nel secondo caso perché la negazione della loro esistenza, ma potremmo dire l'ostinazione alla non conoscenza della verità, lascia indisturbato il campo d'azione delle forze. Il fatto è che il fenomeno in sé è assolutamente lineare e smetterebbe di esistere, o comunque di agire, se ognuno, presa consapevolezza dell'esistenza del fenomeno, vale a dire dell'esistenza del disegno globale, agisse di conseguenza, in questo caso smascherando la menzogna di cui il fenomeno si serve per realizzare se stesso. Questo semplice pensiero di consapevolezza porterebbe l'uomo, nel nostro momento storico, all'indipendenza dagli avvenimenti, o per meglio dire, all'indipendenza dalle notizie sugli avvenimenti. Questo comporterebbe un risvegliarsi delle capacità di osservazione con seguente capacità di formulazione di pensieri liberi dall'apparire del contingente. E' ovvio che la stragrande responsabilità è proprio degli addetti ai lavori, tutti coloro che formano la comunicazione, innanzi tutto e di qualsiasi tipo. Utopia il venirne fuori, forse sì, ma non irrealizzabile, anche perché basterebbero pochi validi esempi di correttezza e verità. 
A questa luce si può ben capire come tutte le notizie che ci giungono tipo quella di Joe Biden, vice di Obama, che nel parlare agli studenti di Harward smaschera l'azione di forza perpetrata sull'Europa ai fini di sanzioni alla Russia, e, nello stesso incontro, riferito all'Isis:  Non stiamo correndo nessun pericolo di vita, né alcun pericolo  per la nostra sicurezza. E' due volte più probabile che siate colpiti da un fulmine per strada che restiate vittima di un'azione terroristica negli Stati Uniti, ci risulti ovvietà in quanto, avendo ben osservato ed ancor più liberamente, sappiamo che tutto è costruito, che l'Isis, anche i precedenti gruppi, sono macchine umane da guerra costruite né più né meno che un kalashnikov, solo più complesse, macchine che agiscono dove come e quando secondo programmazione. E risultano ovvietà anche le decapitazioni, queste messe in  scena professionali, con tanto di scenografia costumi eccetera, tra l'altro anche senza fantasia come quell'assoluta assenza di sangue mentre la lama si muove a segare il collo. E ovvietà sono tutti questi giornalisti prima prezzolati dalla Cia che si "pentono" e spifferano la verità, e ovvietà è il bailamme sull'Ebola, virus brevettato nel 2010 e potenziato in laboratorio, e ovvietà... ma la lista sarebbe troppo lunga e ci fermiamo qui, l'invito è guardare con attenzione, ascoltare con attenzione, osservare con attenzione, ad ogni nuova, pensare a cosa possa portare la sua logica conseguenza, si scoprirebbe così che la Siria è nel disegno di distruzione, che lo sarà l'Iran che si sta agendo sul Pakistan, e sul Pacifico, Hong Kong e l'Argentina e così via, tutte cose che sappiamo e tutto architettato inerente a quel che suggerisce la storia del luogo d'azione, sì che tutto risulti logico. Si scoprirebbe così che le paure indotte con il preciso scopo di indebolire i popoli perché siano manovrabili, potrebbero iniziare a frantumarsi ed un barlume di libertà di pensiero prenderebbe timidamente ad albeggiare.
Marika Guerrini

foto dal web

giovedì 9 ottobre 2014

Afghanistan: il patto della condanna

elemosina
... abbiamo atteso, sperato, forse pregato che quella firma non venisse apposta. Abbiamo mentito a noi stessi, con consapevolezza mentito a noi stessi, coltivato un'illusione, così, tanto per sognare, ma l'Afghanistan ha firmato il patto della condanna. 
E' strano pensare, dire, scrivere questo di quella terra da anni sofferta, è strano sentirla   violata ora, come non fosse mai accaduto prima, strano malgrado distruzione e morte le appartengano dagli stessi anni, strano, incomprensibile ai più ma non a noi a cui la speranza, perenne dea, non era mai venuta meno, chissà, forse per amore. Un amore antico come le montagne che ancora s'ergono laggiù benché violate anch'esse, come i silenzi, la  storia millenaria, i laghi di Band-e-Amir, i Buddha di Bamiyan, le leggende, i fiumi segreti a custodire segreti, i minareti, la voce del muezzin, i gioielli racchiusi nel grembo di quella  madre di alture e deserti, sì, per amore non era mai venuta meno la speranza. Ora è diverso, ora vacilla, pare si sia infranta, in frantumi per una firma, una firma a sottoscrivere una vendita, un contratto di vendita lungo dieci anni, contratto che potrebbe rinnovarsi, andare oltre e ancora oltre. Ha sottoscritto il Bilateral Security Agreement Ashraf Ghani, colui che avrebbe dovuto proteggere quella terra, la sua storia, le sue genti, Ghani e la sua firma. Il patto stipulato con gli Stati Uniti d'America è patto di condanna per l'Afghanistan, è consegnare quella terra al nemico, autorizzarlo ad impossessarsene, a suo piacimento a suo modo. Altro non è per noi che alto tradimento. 
E' stato una settimana fa, abbiamo preso a preteso altri impegni, ci siamo rifiutati di parlarne,  era per metabolizzare, ma la novella ci è giunta immediata, immediata ha attraversato la linea diretta Kabul-Roma, Roma-Kabul, linea abituale. Ma ora è fatta, tutto si sta organizzando, tutti sono indaffarati, tutti quelli che "contano". Il popolo no, il popolo si sente tradito, appunto.
L'elezione di Ashraf Ghani, che per l'occasione ha rafforzato la sua appartenenza etnica pashtun mostrando il nome tribale Ahmadzai, era scontata, scontata per la formazione del candidato alla Columbia University, il suo ruolo di economista alla Banca Mondiale, quello di ministro delle Finanze (2002-2004) comprensivo di scandalo (si ricordi la Kabul Bank) protetto e coperto da Washington, era scontata dopo mesi di brogli, scontati anch'essi, finti interventi Onu e controlli Isaf, scontati anch'essi, e ancora e ancora. E scontato era il seguente accordo con Abdullah Abdullah, la nomina di questi a Capo dell'Esecutivo. E scontata era anche la vice presidenza affidata a Rashid Dostum, losca figura politica di quel paese, ma scontata non era la celerità con cui gli Stati Uniti d'America si sarebbero precipitati a richiedere la firma del patto della condanna. Ghani aveva appena giurato sulla Costituzione e sul Corano, infatti, aveva appena lasciato il luogo deputato quando mister Cunnigham, Ambasciatore degli Stati Uniti a Kabul, sottolineava al consulente afghano che il Bilateral Security Agreament di cui sopra, era in attesa di assenso. E' così che, obbedendo agli ordini, Ghani ha firmato la condanna entro le successive 24 ore. Obbedendo al padrone. Sì, non ci ha mai ingannato il suo aspetto volutamente afghano nell'abbigliamento e nella falsa espressione, non ci ha mai ingannato.  
Ora, con la cessione della sovranità di stato allo straniero invasore e nemico, nulla si sa per certo tranne la conferma della permanenza Nato fino al 2024, tranne la libertà d'azione dei soldati Usa e company, oltre 10mila unità, inizialmente, il che vuol dire alcuna formazione di militari locali, che da formare non c'è più nulla dopo tredici anni, ma libertà di interventi d'ogni tipo come quando su qualunque cosa su chiunque. Interventi senza alcun permesso, richiesta, segnalazione al Governo o chi per. Nulla si sa per certo tranne l'ampliamento delle basi aeree e militari di Mazar-i-Sharif, Bagram, Kabul, Shindand, Jalalabad, Kandahar, che, per chi conosca la geografia di quel paese, vuol dire presidi Nato da nord a sud, da est ad ovest. E si sa il non detto, ovvero che nelle aree rurali continueranno a circolare enormi quantità di armi così che le multinazionali delle armi, veri vincitori di questi anni di guerra, continuino il profitto, si sa che i campi di oppio si moltiplicheranno, così come le raffinerie così come lo spaccio così come le giovani morti, tutto a favore internazionale mafie comprese. E si sa  che Iran e Pakistan hanno urlato al patto della condanna, al perpetrarsi dell'invasione straniera oltre confine, e si sa, perché dichiarato, che questo inciderà negativamente sui rapporti interni. Ma non si sa nulla di India, Russia e Cina, loro hanno taciuto, o quasi, e sì che l'interesse di quest'ultima per  alcune aree del sottosuolo ricco di minerali, il cui valore complessivo su territorio ammonta a circa 3 triliardi di dollari, è molto forte. Eppure, silenzio. Chissà forse silenzio dovuto a quella certa alleanza che, in compagnia del Brasile e forse del Sudafrica questi paesi stanno andando a formare oltre l'interesse economico? Come se il vecchio Brics stesse cambiando aspetto, sostanza? Come si stesse trasformando in un vero asse a bilanciare la più vecchia Nato? Forse qualcosa potrebbe affacciarsi all'orizzonte, il che spiegherebbe ancor più la recrudescenza delle violenze di questi giorni, Isis compreso, e le sommosse di Hong Kong e tutti i parti criminali di questa dilagante ameba d'occidente. Forse qualcosa potrebbe affacciarsi all'orizzonte a mutare il corso di questa  storia afghana che di afghano ha solo il sacrificio di quella terra e le sue genti. Chissà. E la speranza potrebbe rivivere.
Marika Guerrini
foto Barat Alì Batoor