martedì 20 giugno 2017

Afghānistān: utilità ordito fumo


... "Del nostro venire e partire l'utilità dov'è?
      Delle trame della nostra vita l'ordito dov'è?
      Capi e piedi leggiadri il mondo brucia ma il fumo dov'è? 
                                                                                                   Omar Khayyam

Così, mentre Trump, invia un contingente di 4000 uomini in Afghānistān, in realtà mai abbandonato dai soldati americani malgrado retorica e apparenza, noi seguiamo il rimbastirsi della storia in quella terra che si vuole di guerra. Quella terra di antichi poeti mostrata al mondo, da anni ormai, genitrice di droga e d’ogni violenza armata. Oggi, come spesso, riprendiamo questo leit motiv, ancora una volta ne facciamo promemoria, costretti dalle notizie date dai media che continuano ad essere monche, per questo deviando ai più la conoscenza della realtà.
Su scala mondiale, ad ora, il 92% della droga viene dall’Afghānisn. Iniziata nel 2002, in zona sud-est sotto “controllo” della Gran Bretagna poi passato agli Usa, la produzione si è espansa a dismisura, tanto da, sempre sotto “controllo” Usa, negli ultimi due anni aumentare di un ulteriore 10% in ettari coltivati. L’oppio prodotto è in mano alle cellule terroriste armate, che non sono il Daesh, non avendo questo bisogno di introiti da oppio per armarsi, perché rifornito in via diretta da Arabia Saudita e Stati Uniti, ma altri gruppi armati di cui si è quasi perso il conto, tra essi i Taliban, che sappiamo però, essere cambiati nella struttura da un bel pezzo, essere ora partigiani in lotta per la libertà del Paese dallo straniero. Ma mettiamo tutti i gruppi nello stesso calderone come si vuole si creda, altrimenti in questa tela di ragno si resta intrappolati, e riprendiamo il percorso “oppiaceo”.
Dopo la produzione, le capsule del papavero viola vanno alle raffinerie, prima inesistenti nel Paese poi appositamente costruite sì da trasformare in loco l’oppio in eroina, ottenendo un costo inferiore per l’acquirente. Dalla raffineria allo smercio il passo è breve e la sostanza stupefacente va in ogni dove, compreso, e non da ultimo, il mercato americano e anglosassone. Tutto questo movimento viene svolto alla luce del sole, se mai si possa parlare di sole e di luce per designare una tenebra, e, con la presenza ed il permesso di circolazione “controllata”, si agisce direttamente sul popolo afghano ai cui giovani, per lo più minorenni, viene regalata dagli stessi soldati occupanti, in realtà compiendo un lento inesorabile genocidio, non solo in terra afghana, ma anche iraniana, sì perché la droga viene fatta circolare anche sul mercato iraniano confinante, dove si è raggiunto un alto grado di consumo tra gli adolescenti. Quindi droga  uguale arma di distruzione di massa e del futuro dei popoli.
Si giunge poi alla fase logica del percorso: con il ricavato i gruppi armati comprano armi propriamente dette. Lo fanno sia dai sauditi, che a loro volta comprano dagli Stati Uniti, sia, in linea diretta, dagli Usa, indiscussi maggior produttori di armamenti sul pianeta, motivo, quest’ultimo, per cui mai nessuno riuscirà a disarmare il popolo americano, a farlo uscire dalla Legge del Taglione e dalla follia omicida, oltre che suicida.
Quest’ultima fase porta all’uso delle armi sul territorio senza alcuna discriminazione, ma sempre con l’etichetta: terrorismo islamico. E poiché il terrorismo islamico va combattuto, e l’Afghānistān, è stato fatto fulcro di esso alimentato e mantenuto tale da sedici anni di guerra, e poiché l’esercito locale, addestrato e addestrato, falsamente, in questi stessi anni, non è in grado di sbrigarsela da solo, ecco che si rende necessario, ovviamente per il bene del Paese e per “liberarlo”  dal terrore, il “ritorno” del contingente di unità militari ad alto potenziale e numerico e di addestramento e di armamenti. 
Ma questo non basta, vi è un ulteriore risvolto, un risvolto non afghano, bensì americano, in base al quale,  così come si è citata la percentuale della produzione di oppio in aumento, si cita ora, la percentuale dei suicidi di veterani negli Usa. Questo vuol dire che sull’intera popolazione suicida americana, il 42% sono veterani che dopo due o tre missioni in terra afghana, stesso per l’Iraq, rientrano in patria e, nell’immediato o nell’arco di qualche mese, si tolgono la vita. Non solo, ma un’altrettanta alta percentuale di chi non compie questo atto estremo, smette comunque di vivere perché alienato da depressione o da “disturbo post traumatico” come viene definito in psichiatria. Ma anche qui non finisce la storia, perché questi alienati sono un ottimo “prodotto” da usare per attentati, vengono infatti da un addestramento militare e sono distrutti nella mente e nell’animo abbastanza da servire il nemico, sempre lo stesso: il terrorismo islamico. Quale miglior connubio per la follia suicida omicida.
Qui ci fermiamo.
E’ un nuovo Vietnam l’Afghānistān per gli Usa?
Abbiamo già posto questo interrogativo. Lo scriviamo da anni.
Di fatto gli Usa stanno perdendo in Afghānistān. Il dato.
L’utilità dov’è? L’ordito dov’è?. Il fumo dov’è?

Marika Guerrini

immagine di Barat Alì Batoor (collezione privata)

p.s.
si segnala interessante l’intervista rilasciata lo scorso febbraio all’Institute for Global Studies da Claudio Bertolotti, analista strategico per l’ITSTIME ( Italian Team for Security, Terroristic Issues and Managing Emergencies) nonché associato all’Istituto di Studi e Politica Internazionale, ISPI 

mercoledì 7 giugno 2017

Herāt ieri e oggi

Herāt- Moschea del Venerdì
... " Da taccuino 
Sto per lasciare l'Afghānistān E' il giorno della partenza. Nel primo pomeriggio salirò sulla corriera. Lascerò questa Terra alle mie spalle. Lentamente.... mi sento spaesata come non sapessi dove andare. Non avessi dimora da raggiungere. Tornerò a Mashād, in Iran. E' diverso.... Ancora trenta giorni poi l'aereo. Italia. Occidente. Tornare a casa è così strano. Ora. A casa, ma qual'è la mia? Devo ricordarmi di indossare l'orologio... 
...Sono stata alla piazza della Moschea. E' sempre così strabiliante vedere le sue cupole confondersi col cielo... E' così strano ora dover partire... Devo ricordarmi di salutare Hussein.... Mi saluterà con un inchino, un Salam Aleikum. So che sarà triste.
Dirò che tornerò. Inch Allah
No, l'oriente non è imperturbabile se sei in contatto con esso.
E' stato un attimo nella piazza della Moschea. In un attimo s'è alzata la polvere. E' venuta da una delle strade che fanno da raggiera. Nella polvere un cavallo. Sul cavallo un uomo avvolto in un chapan multicolore. E' entrato al galoppo nella piazza. Portava un fucile a tracolla. Siamo in estate. Fa caldo. Quaranta all'ombra. Me l'ha detto Hussein. Il mio amico Hussein. La lanterna di questi miei giorni.
Il cavaliere aveva un turbante azzurro. Come le cupole. Il cielo.
Ha fatto un giro della piazza. Al galoppo. Tra la polvere.
Per qualche istante mi si è fermato davanti. 
Aveva un volto serio. Bellissimo. Di quelli tagliati come piacciono a me.
Ero seduta in terra. Sui gradini d'una bottega chiusa. Come faccio spesso. Mi piace star così, respirare l'atmosfera. Sotto l'azzurro. 
Lo farò anche domani. Voglio farlo.
Poi ha impennato il cavallo. E' andato via. Da dov'era venuto.
Sono rimasta nella scia della sua polvere.
Mi crederanno quando lo racconterò nella terra in cui sono nata?
Stamattina ho salutato questa terra. Questa mia terra.
 Anzi mi ha salutata lei. 
Aveva sembianze di cavaliere. Come nelle fiabe. 
Chissà se mi crederanno.
Tornerò presto.
Mi mancherà.
Non mi volterò indietro quando sarò sulla corriera.
Guarderò solo la polvere del deserto. La bianca polvere.
Guarderò solo avanti. Verso il tramonto.
Mio Dio quanto mi mancherà!...   
                                                                             Herāt, estate afghana 1976 " (*)

Questa mattina un boato ha scosso la piazza della Moschea, ha scosso le sue cupole azzurre. I suoi minareti. Ad ora sono sette i morti, ignoto il numero dei feriti.
 Alcun cavaliere è giunto al galoppo. Ha sostato. Ha impennato il cavallo. E' andato via nella  bianca polvere. Ed io non ero seduta in terra. Sui gradini d'una bottega chiusa. Questa mattina v'era fumo nella piazza della moschea. Tanto fumo. Soltanto.
                                                                              Herāt, estate afghana 2017. 
Marika Guerrini

(*) brano dello stesso autore da "Massoud l'Afghano il tulipano dell'Hindu Kush", Venexia 2005