... pronto, è la risposta allo squillo. Devo lassare avviso cassetta, al citofono parole stentate in una voce straniera, udibile poco più d'un sussurro, danno la risposta. Se si tratta di pubblicità, la prego di metterla nell'apposito contenitore esterno, vede, alla sua sinistra, c'è scritto PUBBLICITA'. E il tono è secco, molto. Silenzio, poi: va bene sinnora, si rassegna la voce fattasi ancor più labile.
E' a questo punto, in meno d'una manciata di secondi che pensi: non gli daranno un centesimo gli pseudo datori di lavoro, pensi: li fanno pedinare da altri poveri come loro, per controllare se mettono i depliant nelle cassette della posta interne ai portoni o all'esterno, nella PUBBLICITA', sapendo che la gente non apre quasi mai, ha paura, sospetta, e se così, se il povero di turno non è stato abile o furbo o bugiardo annunciando a gran voce: POSTA!, niente compenso monetario, spiccioli. Tu lo sai. Ed è allora che quasi urli: aspetti, apro, li metta dentro, perché non puoi fare altrimenti. E il buon giorno s'è fatto tristezza.
Ed esci da casa, da lì a poco, per alleggerire la tristezza, perché oggi proprio non ti va di scrivere, e vai all'ufficio postale a spedire dei libri, e lì, all'uscita si avvicina un ragazzo con i calzini impacchettati, le tovaglie di plastica colorate e te le porge perché compri qualcosa e tu: no grazie non mi serve nulla, e vai oltre e senti lui che dice: prima non era così, da stamattina non ho venduto niente. E sai che è vero. E ti fermi, ti volti, torni indietro, dici: scusi, aspetti un attimo, e intanto hai preso dal portamonete due euro, no quattro, no cinque, e porgendoglieli dici: vada a fare colazione, e sai che non è elemosina la tua, non è quello lo spirito, non lo faresti se fosse così. Lui ti guarda e vedi l'Africa nei suoi occhi e il passo delle gazzelle e l'odore del fieno e sconfinati orizzonti e odi suono di tamburi e vedi dignità. E dice: grazie signora, e vedi ancor più dignità e sorridi e t'allontani e l'Africa è ferma lì, nella piazza, senti lo sguardo.
Il nostro quotidiano è immerso nella storia, no, non nella cronaca che sarà storia, come sarebbe ovvio, nella storia. Una mattina come troppe, mattina come settimana come mese come anno, questo stiamo vivendo, paghi di gesti che non dovrebbero esistere all'indirizzo dato, paghi di un'elemosina o non elemosina fuori luogo, comunque elemosina, e allora, tra l'orrore di alcuni, lo scandalo di altri, l'accusa di altri ancora, accusa alla memoria storica in realtà, tornano in mente delle parole, tornano estrapolate da ogni contesto, persino il loro stesso contesto storico, tornano nella loro attualità parole a sé stanti pregne di significato, di senso in ogni passaggio, tornano con la potenza della parola che attraversa l'etere e crea invisibili forme di suoni e colori, così tornano, libere, scisse da ogni cosa e ogni dove. Parole che suscitano ancora, nei pensieri non liberi, moti di diniego, non tanto per l'intrinseca sostanza, quanto per la voce che ne ha fatto pronuncia, ed ora le ascoltiamo.
Italia, Bari, 1934
L'emittente radiofonica di Bari trasmette in lingua italiana ed araba, la voce è dell'allora capo del Governo: ""Gli obiettivi storici dell'Italia hanno due nomi: Asia e Africa. Di tutte le grandi potenze occidentali d'Europa, la più vicina all'Africa e all'Asia è l'Italia. Nessuno fraintenda la portata di questo compito secolare che io assegno a questa e alle generazioni italiane di domani. Non si tratta di conquiste territoriali, ma di un'espansione naturale che deve condurre alla collaborazione fra l'Italia e le nazioni dell'Oriente mediato e immediato. L'Italia sta riprendendo il suo posto nel Mediterraneo, la sua funzione storica di collegamento fra l'Oriente e l'Occidente le dà questo diritto e le impone questo dovere".
La memoria che riportiamo non vuol farsi apologia ai tempi di Gabriele D'Annunzio, di Giovanni Gentile, di Giuseppe Tucci, e si potrebbe continuare, la cui ampia cultura storica ed oltre, nazionale e internazionale, nonché consapevolezza delle capacità di popolo, aveva creato ponti tra e con "l'Oriente mediato e immediato", vuole essere proprio questo, memoria dell'esistenza di un popolo, ingovernabile sì, come sempre da sempre, ma esistente, comunque esistente, ché se non vi fosse stata esistenza, non si sarebbe potuto tradirlo, poi, deviarlo, poi, corromperlo, poi, venderlo, poi, checché se ne sia raccontato, se ne racconti o se ne voglia raccontare, falsando ogni memoria storica e dato attuale.
Il fatto è che il popolo non c'è, quel che c'è è l'immagine riflessa, il popolo italiano ha smarrito il suo esserci. Il nostro. L'ha smarrito quando ha smarrito la consapevolezza di sé, della propria dignità, delle proprie capacità più profonde e vere, l'ha smarrito in seguito all'assassinio, da parte di indegni governanti, della propria Sovranità. Sovranità di Popolo, ci piace pensare e dire, ancor più che di Stato.
Sovranità che darebbe il coraggio quanto meno di rispettare, costi quel che costi, la Costituzione che da se stesso si è data, di cui l'articolo 11 che tutti nominiamo, a cui pochi si appellano, che nessuno osserva e che dice:
"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
Italia, Bari, 1934
L'emittente radiofonica di Bari trasmette in lingua italiana ed araba, la voce è dell'allora capo del Governo: ""Gli obiettivi storici dell'Italia hanno due nomi: Asia e Africa. Di tutte le grandi potenze occidentali d'Europa, la più vicina all'Africa e all'Asia è l'Italia. Nessuno fraintenda la portata di questo compito secolare che io assegno a questa e alle generazioni italiane di domani. Non si tratta di conquiste territoriali, ma di un'espansione naturale che deve condurre alla collaborazione fra l'Italia e le nazioni dell'Oriente mediato e immediato. L'Italia sta riprendendo il suo posto nel Mediterraneo, la sua funzione storica di collegamento fra l'Oriente e l'Occidente le dà questo diritto e le impone questo dovere".
La memoria che riportiamo non vuol farsi apologia ai tempi di Gabriele D'Annunzio, di Giovanni Gentile, di Giuseppe Tucci, e si potrebbe continuare, la cui ampia cultura storica ed oltre, nazionale e internazionale, nonché consapevolezza delle capacità di popolo, aveva creato ponti tra e con "l'Oriente mediato e immediato", vuole essere proprio questo, memoria dell'esistenza di un popolo, ingovernabile sì, come sempre da sempre, ma esistente, comunque esistente, ché se non vi fosse stata esistenza, non si sarebbe potuto tradirlo, poi, deviarlo, poi, corromperlo, poi, venderlo, poi, checché se ne sia raccontato, se ne racconti o se ne voglia raccontare, falsando ogni memoria storica e dato attuale.
Il fatto è che il popolo non c'è, quel che c'è è l'immagine riflessa, il popolo italiano ha smarrito il suo esserci. Il nostro. L'ha smarrito quando ha smarrito la consapevolezza di sé, della propria dignità, delle proprie capacità più profonde e vere, l'ha smarrito in seguito all'assassinio, da parte di indegni governanti, della propria Sovranità. Sovranità di Popolo, ci piace pensare e dire, ancor più che di Stato.
Sovranità che darebbe il coraggio quanto meno di rispettare, costi quel che costi, la Costituzione che da se stesso si è data, di cui l'articolo 11 che tutti nominiamo, a cui pochi si appellano, che nessuno osserva e che dice:
"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
Marika Guerrini
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