... oggi
racconterò una leggenda, non è la prima volta e non sarà l’ultima, una leggenda
avulsa da tutto quel che accade, apparentemente avulsa. Avrei potuto trattare
d’altro se l’ispirazione fosse giunta a fare la scelta. Avrei potuto raccontare
quel che accade in questi giorni e ho atteso che la scelta si facesse avanti,
che qualcosa, qualcuno, un nonnulla,
suggerisse l’argomento, uno dei tanti. Non è stato così. La scelta non è
venuta e sono rimasta a guardare, come tutti, il rotolare nel fango delle
elezioni presidenziali americane, il fragore delle armi ad Aleppo, l’ennesima
tragedia afghana manu militari Usa, i migranti affogare nel Mediterraneo con la
loro speranza, i curdi usati e perseguitati, la deriva turca, Mosul. A guardare
il teatrino italiano del sì e del no, la danza della Gran Bretagna: Europa sì
Europa no.
A
guardare la guerra degli hacker rimbalzare dagli Usa alla Russia dalla Russia
agli Usa, a guardare la
follia delle americane minacce alla Russia, quella follia d'una terra che non s’avvede
d’aver perso la supremazia, o forse sì e minaccia per questo. Avrei potuto
raccontare che ovunque si volga lo sguardo, in questi giorni e da troppo, altro
non si vede che la vita consumare se stessa, bruciare se stessa, divorare se
stessa. Altro non si vede che quest’occidente divorare se stesso. Così, oggi,
racconterò una leggenda, un’antica leggenda. E’ all’occidente che la dedicherò
rubandola all’oriente, all’India, alla mitologia del dio Shiva e di Parvati, la sua dea terrestre.
Accadde,
un tempo, che dinanzi alla divinità si presentasse un demone. Un terrifico
demone. Il demone aveva appena sconfitto gli dei che dominavano la Terra ed ora
veniva ad affrontare il dio supremo con una richiesta impossibile da
soddisfare: il demone chiedeva che Shiva gli cedesse Parvati. In risposta alla
richiesta Shiva altro non fece che aprire il suo terzo occhio, quello posto al
centro della fronte. Improvviso un fulmine colpì la Terra e un altro demone,
ancor più terrifico, apparve accanto al primo. Era una creatura famelica la cui
coda nervosamente si muoveva verso i quattro punti cardinali e la testa di
leone mostrava la sua natura divoratrice. Alla sua vista il primo demone,
terrorizzato:-Cosa posso
mai fare?-, pensò, e supplicò la misericordia di Shiva.
Bisogna
sapere che quando ci si affida alla misericordia di un dio, questi non può
rifiutare la protezione, così Shiva dovette difendere il primo demone dal
secondo. A questo punto il demone dalla testa di leone rimase senza carne da divorare
e, non sapendo come soddisfare la famelicità che lo tormentava, si rivolse a
Shiva: -Chi dunque mangerò?-, gli chiese. E Shiva: -Perché non divori te
stesso?- rispose.
Shiva
non aveva neppure terminato di formulare il suggerimento che il demone famelico,
coi denti che furiosi laceravano la carne, prese dai piedi a divorare se
stesso. Mostruoso salì, salì, salì lungo tutto il corpo finché ebbe divorato
tutto, finché giunse alla faccia, lì si fermò.
Incantato
rimase il dio Shiva a questo spettacolo: -Ecco, pensò, sono di fronte alla vita
che vive di se stessa, per questo divora se stessa.- Fu allora che a quella maschera leonina che era tutto
ciò che restava della famelicità, a quella maschera simile al sole, disse: _Ti
chiamerò Kirttimukha, tu
risplenderai sulle porte di tutti i miei templi. Chiunque rifiuti di onorarti e
di adorarti, non potrà mai giungere a conoscermi.-
Kirttimukha vuol dire “ Faccia di Gloria”, ed è per questo che
il simbolo del leone-sole è sui templi dedicati al dio Shiva la cui sposa, Parvati,
è la dea della vita.
Quel
che la leggenda ci dice è che il primo passo verso la Conoscenza, che sempre
porta con sé il mistero della vita, sta nel riconoscere l’essenza mostruosa e
al contempo gloriosa della vita stessa. Imparare a vivere nel dolore gioioso e
nella gioia dolorosa della conoscenza della vita quale essa è, altrimenti, vivere solo di vita, vuol dire divorarla. Questo il
significato di Kirttimukha che,
tra mostruosità e gloria, tenebra e luce, ci insegna il modo di vivere la vita nella sua essenza più profonda. Ma non si potrà mai giungere alla sua conoscenza, alla conoscenza di Shiva e di Parvati se non si
sia capaci di inchinarsi dinanzi a quella maschera e oltrepassare la soglia del
“tempio” con umiltà.
Marika Guerrini
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