... ore 7,15, la radio sintonizzata sulla Rai, organo pubblico, il giornale radio è appena terminato, spengo l'apparecchio, il mio pensiero va all'Italia, alla sua storia passata, alla recente, va all'attuale, questa che ancora storia non è. E un senso di tristezza mi invade. E scatta la rabbia e sale. Lascio il letto, il luogo del sonno, del riposo. Un incontenibile bisogno d'aria mi spinge ad uscire sul terrazzo, respiro un profondo respiro, verso il sole, la luce. Cammino, parlo alle rose in boccio, sono carnicino, il colore che preferisco, penso ai fiori di pesco e ai sakura i ciliegi che in primavera creano rosati archi di profumo lungo i viali giapponesi. E vado al melograno, è tempestato di gemme, prepara l'apertura a corolle aranciate, e all'ulivo impreziosito dalla rugiada, o forse dalla pioggia notturna, che mostra timide infiorescenze odorose di miele posate su di esso come polvere. L'aria è tersa, frizzante, respiro un altro profondo respiro, poi rientro, in casa, nello studio. Il pensiero torna all'Italia, la luce del mattino e l'aria frizzante hanno trasmesso speranza ma i sintomi della rabbia sono ancora presenti, è un misto di opposte sensazioni. Poi un impulso mi spinge a cercare tra miei vecchi articoli qualcosa che non so. Lo seguo, vado ai faldoni, sono colmi di stesure a penna, quelle che precedono la stampa, la pubblicazione, ne prendo uno, mi è capitato sotto gli occhi, sul dorso azzurro porta scritto" anno 2016". Lo apro, inizio lo sfoglio delle cartelle. Scorro gli articoli di quell'anno, li rileggo, mese per mese, sono a novembre e lo stomaco brontola, chiede la colazione, lo ignoro, giungo a dicembre, all'ultimo articolo: " Coro Alexandrov addio", questo il titolo, la data: 27 dicembre 2016. Ritengo inutile scorrerlo, sto per chiudere il faldone, vado a fare colazione, penso, ma ne prendo un altro, sto per aprirlo, mi fermo. Riprendo il 2016, leggo l'ultimo articolo, le prime righe ed ecco, il ricordo del concerto riaffiora, l'ultimo del coro Alexandrov, chiamato anche Armata Rossa. Nella memoria il ricordo è nitido e la musica è italiana cantata in lingua nazionale e in lingua napoletana. Un brivido corre lungo la schiena. Sì, l'ultimo concerto del Coro Alexandrov di quel tempo fu un moto d'amore dedicato all'Italia, non avevo mai riflettuto su questo: le sessantaquattro giovani voci costrette al silenzio nel cielo di Sochi, avevano salutato la vita cantando l'Italia. La commozione mi invade e lo fa ancor più perché collego i pensieri del mattino a queste voci, questa musica, questi testi che ora riaffiorano alla mente. Cos'era accaduto in quel Natale del 2016, che senso aveva avuto quella tragedia nei confronti dell'Italia? Quei ragazzi inconsapevoli della loro fine imminente, di cosa erano stati messaggeri? Cosa era stato affidato alla loro voce? Il mio pensiero mattutino, pregno di sofferenza e rabbia, aveva trovato una risposta?
Ho chiuso il faldone, di nuovo ho varcato la soglia del terrazzo. In assoluto silenzio interiore ho camminato e camminato, avanti e indietro giungendo alla conclusione che le parole in musica di quel coro era la risposta ai miei pensieri mattutini, il perché è dato dall'esistenza del caso che non esiste, così com'era occorso a Giuseppe Verdi quando "per caso" gli capitò tra le mani il testo di Temistocle Solera che, scrivendo una preghiera del popolo ebraico per la Gerusalemme lontana, ispirò a Verdi l'Inno del "Nabucco" dedicato all'Italia, alla sua sofferenza ante unificazione. Sono rientrata, ho avviato il CD di quell'ultimo concerto, ascoltato. Le voci, al tempo straniere all'Italia, ora chissà dove nell'Universo, hanno preso a suggerire sentimenti d'amore per una terra in sofferenza da tanto, da troppo, la nostra. E mentre la musica andava, voci possenti e gentili hanno cantato la lontananza e l'amore, e tutta la forza e la bellezza di quest'Italia ha preso a sprigionarsi, in essa si palesava sempre più la particolare intelligenza di cui il popolo italiano è portatore, l'intelligenza del cuore, la capacità più alta che in un essere umano possa albergare, capacità che nulla avrebbe di sentimentale, bensì di Amore allo stato puro, se non fosse imbastardita, oggi più che mai, da un insieme di fattori degenerati e degradanti che fanno vivere sempre più al popolo, la lontananza da se stesso, dalla propria storia, la propria cultura, i propri ideali, persino le fondamenta della propria Costituzione, nonché la propria etica. Così, questa terra di poeti, scienziati, eroi, si trova ad essere bestemmiata di continuo nella sua identità da coloro che, tradendo innanzi tutto se stessi, hanno presunto e presumono essere innovatori della società e in nome di questa presunzione, agiscono quali distruttori, costringendo il popolo ad accettare, sotto forma persino legislativa, astrazioni cariche soltanto di vis istintiva. Da qui le azioni internazionali anticostituzionali come la partecipazione a violazioni di sovranità di Stato, la partecipazione alle guerre che altri provocano e decidono, da qui l'impoverimento della facoltà pensante nei nostri giovani, la cui causa, non ultima, è dovuta alla miseria mentale di chi fa informazione, di chi fa cultura che risulta poi essere pseudo o monca, di chi usa le altrui disgrazie o azioni malefiche o delinquenziali o immorali, o devianze d'ogni tipo, per farne merce di profitto sia carrieristico che economico, abbassando il livello umano a livello animale, riducendo la rappresentazione della vita a bruta fattualità quotidiana, a meschinità di particolari, costoro, fingendo combatterli, risultano elogiare gli aspetti deleteri, spesso violenti, quando non degradanti l'individuo, vedi "Gomorra" non unico nel suo genere ma emblematico di una categoria. Così come leggi che sottoscrivono azioni contro ogni sana natura e ancora e ancora. In realtà quel che ha allontanato e allontana dalle immagini positive e dalla bellezza di quest'Italia suscitate dalle voci del Coro Alexandros quale testamento virtuale, è caricare di forza psichica l'apparire delle cose nella loro istintività animale e così produrre, quando non rafforzare se già esistente nel singolo, l'incapacità di cogliere la verità dell'idea che muove oltre l'apparenza. E' un consacrare la veste sensibile della vita ignorando ciò di cui la vita è veste, ovvero l'impulso immateriale che muove i pensieri, di poi le cose. E' ora di ricostruire il tessuto culturale e morale di questo Paese, prendere consapevolezza della deriva a cui il Paese è stato guidato e abbandonato, prendere consapevolezza della decadenza perché solo dalla consapevolezza individuale prima, collettiva poi, può scaturire la comprensione della verità, piuttosto che messinscena della fraternità, o violenza in nome della fraternità. Solo con la consapevolezza si può colmare la lontananza creatasi tra questa nostra terra ed il suo popolo, lontananza nei valori, negli ideali, nel costume, lontananza che fa guardare alla propria terra come altro da sé, senza riconoscerla né volerla conoscere in veste non sua.
Pagina di follia, questa? Le solite elucubrazioni dello scrittore che si chiede e chiede il perché d'ogni cosa, d'ogni accadimento? Non sta a me rispondere. Ora, il lettore che lo desideri, clicchi sul sito in calce ed ascolti il Coro Alexandros nella carrellata italiana del suo ultimo concerto. Grazie.
Marika Guerrini
https://youtu.be/99Af4Dd5sUo
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