sabato 26 luglio 2014

Afghanistan una guerra d'abitudine

...il 20 Cha' bân, per noi 19 giugno, è iniziato il mese di Ramadan, mese di digiuno, d'autodisciplina, di sacrificio, e lunedì 30 Ramadan, per noi lunedì 28 luglio, sarà lo Shawwal, festa di Eid al Fitr, a concludere il Ramadan. E sarà anche in  Afghanistan, paese  un tempo di luce che ora si spegne ogni giorno, da anni, tanti, troppi. Non è sorta alba né s'è spento tramonto nel Ramadan di quest'anno 1435 Hegiri, la cui progressione di numeri suscita in noi rinascimentali ricordi, senza che lunghe scie di dolore abbiano macchiato le vie di questa terra, scie di dolore in ogni dove di questa guerra dimenticata come  fosse abitudine, oramai.

Giorno 2 del mese, Kabul, 7 del mattino ora locale, un quartiere nella zona occidentale della città, un autobus dell'aviazione militare afghana: 8 ufficiali militari morti e 13 feriti " A seguito di un attentato suicida di un uomo in motocicletta che si è lanciato contro l'autobus dell'esercito".
Giorno 7 del mese, si capovolge la situazione elettorale, il vincitore del primo turno, Abdullah Abdullah, ai risultati del ballottaggio perde in favore di Ashraf Ghani, ma ci sarà il riconteggio. Pericolo di nuovi attentati come nel precedente momento elettorale.
Giorno 8 del mese, Abdullah Abdullah non riconosce il risultato elettorale, lo ritiene fraudolento. Si dichiara vincitore: " Non vogliamo una divisione dell'Afghanistan, né una guerra civile, vogliamo preservare la sua unità nazionale, la sua dignità...". Ma questo potrebbe essere appiglio per fomentare una guerra civile.
Giorno 8 del mese, Parwan, città ad oriente: "Questa mattina un combattente per la libertà, ha colpito un gruppo di soldati stranieri, sono morti 4 soldati della Nato, 2 poliziotti afghani, 10 civili", a comunicarlo Waheed Sediqqi, portavoce del governatore. Azione rivendicata dai Taliban.
Giorno 8 del mese, Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato, dopo aver dichiarato che i sospetti brogli elettorali provocano inquietudine, ammonisce il paese sottolineando che il futuro presidente "dovrà" firmare, entro l'inizio di settembre p.v. e prima del vertice Nato nel Galles, l'intesa di sicurezza che autorizza gli Usa alla presenza in terra afghana oltre questo 2014.
Giorno 11 del mese, John Kerry a Kabul incontra entrambi i candidati presidenziali, dichiara d'essere favorevole alla revisione dei voti elettorali proposta dall'Onu, e d'essere preoccupato per la probabilità d'una guerra civile nel paese: "Sono qui perché il presidente Obama e gli Stati Uniti vogliono un Afghanistan unito, democratico e stabile".
Giorno 15 del mese, Paktika, zona orientale del paese, confine afghano-pakistano, un mercato: " In base alle nostre informazioni per ora, almeno 43 persone hanno perso la vita e circa 80 sono rimaste ferite. Molti bambini e donne tra le vittime". Un "combattente per la libertà" si è fatto esplodere al mercato a bordo di un'auto.
Giorno 17 del mese, Kabul, aeroporto, 4,30 del mattino ora locale, un gruppo di taliban ha aperto il fuoco contro lo scalo, con armi automatiche e lanciarazzi. L'attacco è durato circa cinque ore. I ribelli asserragliatisi in alcuni edifici in costruzione, sono stati uccisi dalla polizia afghana. Tutti.
Giorno 22 del mese, Kabul all'alba: 4 stranieri hanno perso la vita, almeno 6 sono stati feriti, stranieri anche loro. Un motociclista si è fatto esplodere. Taliban hanno rivendicato l'azione.
Giorno 24 del mese, Herat, nell'ovest dell'Afghanistan, ore 11,39 locali: "tre uomini armati hanno aperto il fuoco contro due straniere a bordo di un taxi, le donne sono state uccise", a parlare è Sediq Sediqqi, portavoce del ministero degli Interni. Uno degli attentatori è stato catturato. Le due donne erano esponenti dell'Iam, International Assistance Mission. Alcuna rivendicazione è stata fatta.
Giorno 25 del mese, Ghor, provincia omonima, zona centrale del paese, commando armato attacca due auto di villeggianti, almeno 15 le vittime tra cui tre donne e un bambino. Dinamica: il commando ferma le auto, fa scendere i passeggeri, li fa mettere in fila, fa fuoco su di loro, uno alla volta. Soltanto un superstite, è riuscito a fuggire. L'ha comunicato Abdul Hai Khatibi, portavoce del governatore. Alcuna rivendicazione. I media occidentali parlano di taliban, dando per scontato.
Giorno 26 del mese, Kabul, il tribunale distrettuale emette condanna a morte in primo grado, per Najibullah, ex ufficiale di polizia. Motivo: colpevole di aver ucciso il 3 aprile a Khost, Anja Niedringhaus, fotografa tedesca, e ferito Kathy Gannon, giornalista canadese, entrambi lì per via delle elezioni del giorno seguente. Dinamica: improvvisamente attaccate da Najibullah che, prima di colpire con il kalashnikov d'ordinanza, ha urlato "Allah u akbar!".

Un rombo muto, l'eco d'un boato senza suono, continua a creare il sottofondo su cui poggia l'intera vita afghana. Che lo si voglia udire o no, è questo che accompagna quella terra da ben 13 lunghi anni. Tredici vuol dire generazione. Nulla si è risolto, nulla si risolve, nulla si risolverà. Nulla si vuole venga risolto, persino il risultato d'elezione di un presidente continua a ballottarsi tra voti effettivi e brogli, brogli e voti effettivi. E questo giova, malgrado le false parole, le false preoccupazioni straniere, i falsi consigli circa l'attuazione di una calma, la buffonata di una democrazia, la buffonata di una giustizia, questo giova in maniera ambivalente: dimostrare al mondo e agli afghani la necessità della presenza armata starniera, ovvero a stelle e strisce, quindi continuare a combattere i ribelli, che, chissà come mai, vengono sempre uccisi ma si moltiplicano come girini, continuare a combatterli sì che si possa continuare a fare i propri comodi in una terra sempre più somigliante alla Colombia degli anni  ottanta: narcotraffico.
Il fatto è che il 90% degli afghani al potere, è corrotto e venduto. In questi anni il sostrato sociale che conta è stato volutamente alimentato sì che ne facessero parte signori della guerra o fintisi ex, così come elementi già corrotti, o tendenti a, o ricattabili, o formati per. Tutto comunque e sempre contro ogni etica favorevole alla morale, al reale sviluppo indipendente del paese. Che i candidati alla futura, chissà quando, presidenza siano nel coro di cui sopra, non sta a noi dirlo, quel che riteniamo opportuno fare è tracciare un brevissimo profilo di entrambi.
 Abdullah Abdullah, che risulterebbe perdente al ballottaggio con un milione di voti di differenza dal rivale Ashraf Ghani Ahmadzai, è lo stesso politico afghano che, candidato alle presidenziali del 2009, quasi pareggiando l'altro candidato, a causa di brogli, e di questo siamo certi, fu sorpassato da Hamid Karzai, l'altro candidato, che riaffermò così la sua presidenza e che ora  appoggia Abdullah. Ma queste contraddizioni sono tipiche di Karzai. Abdullah Abdullah appartiene a due etnie, pashtun per linea paterna, tajiko per linea materna, cosa che gioverebbe al paese ormai da secoli governato da un'unica ottica pashtun. Abdullah è di formazione culturale afghana, ha compiuto i suoi studi a Kabul, è un medico, è stato il medico di A.S. Massoud, elemento che volgere a suo favore. Ha 53 anni.
 Ashraf Ghani Ahmadzai, classe 1949, di etnia pashtun, ha studiato in Libano prima, negli Stati Uniti poi, alla Columbia University, facoltà di Antropologia, è quindi di formazione culturale americana. Quel che lo caratterizza non è la ricerca in campo antropologico, bensì il suo incarico presso la Banca Mondiale, sezione Progetti internazionali allo Sviluppo. Nel 2006 risultava tra i papabili alla Segreteria generale delle Nazioni Uniti, ovvero quale successore di Kofi Annan, ma noi ricordiamo quanto e come l'Onu non sia intervenuto in tutta l'iniziale vicenda bellica afghana, sappiamo, senza dubbio alcuno, quanto sia stata richiesta la presenza Onu e quanto la risposta sia rimasta muta. 
L'importante curriculum di Ashraf Ghani che si è associato, per prendere voti, con Abdul Rashid Dostum signore  della guerra e artefice di varie crudeltà, alla cui sincerità espressa in recenti scuse sui fatti andati, non crediamo, ci fa molto pensare, e ci fa pensare anche circa gli attuali brogli  denunciati da Abdullah Abdullah. Staremo a vedere se verrà fuori una verità o si procederà verso l'opposto, sta di fatto che entrambi, ma forse con diverso peso, hanno annunciato che firmeranno l'intesa con gli Usa sul permesso di presenza. Cosa, a nostro avviso, di pura formalità. Siamo ben consapevoli che non sono certo i permessi firmati o non firmati a delineare la storia. Ma anche in questo caso staremo a vedere, nel frattempo, con la mediazione di John Kerry, è stato affidato alle forze multinazionali dell'Isaf  il trasporto di tutti i voti espressi dal paese, a Kabul, quindi ci sarà la verifica scheda per scheda il che avverrà sotto vigilanza Onu e in presenza dei delegati di Abdullah Abdullah e  di Ashraf Ghani. Si è già comunnque deciso, sempre in accordo con John Kerry, quindi gli Usa hanno deciso, che chiunque risulti eletto, guiderà un governo di unità nazionale.
Certo i complimenti vanno agli invasori e ai loro accoliti, ottima infiltrazione tra le forme già deviate o fatte deviare, della società afghana, il Grande Gioco Afghano, assunto aspetto di modernità, è stato davvero molto, ma molto efficace, così tanto che generazioni stanno crescendo in questa guerra che s'è fatta abitudine. 
Marika Guerrini 
foto da web

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