...il 20 Cha' bân,
per noi 19 giugno, è iniziato il mese di Ramadan, mese di digiuno,
d'autodisciplina, di sacrificio, e lunedì 30 Ramadan, per
noi lunedì 28 luglio, sarà lo Shawwal, festa di Eid al Fitr, a concludere
il Ramadan. E sarà anche in Afghanistan, paese un tempo di luce che ora si spegne ogni giorno, da anni, tanti, troppi. Non è sorta
alba né s'è spento tramonto nel Ramadan di quest'anno 1435 Hegiri, la cui progressione
di numeri suscita in noi rinascimentali ricordi, senza che lunghe scie di dolore abbiano macchiato le vie di questa terra, scie di
dolore in ogni dove di questa guerra dimenticata come fosse abitudine,
oramai.
Giorno 2 del
mese, Kabul, 7 del mattino ora locale, un quartiere nella zona occidentale
della città, un autobus dell'aviazione militare afghana: 8 ufficiali militari
morti e 13 feriti " A seguito di un attentato suicida di un uomo in
motocicletta che si è lanciato contro l'autobus dell'esercito".
Giorno 7 del
mese, si capovolge la situazione elettorale, il vincitore del primo turno,
Abdullah Abdullah, ai risultati del ballottaggio perde in favore di Ashraf
Ghani, ma ci sarà il riconteggio. Pericolo di nuovi attentati come nel
precedente momento elettorale.
Giorno 8 del
mese, Abdullah Abdullah non riconosce il risultato elettorale, lo ritiene
fraudolento. Si dichiara vincitore: " Non vogliamo una divisione
dell'Afghanistan, né una guerra civile, vogliamo preservare la sua unità
nazionale, la sua dignità...". Ma questo potrebbe essere appiglio per
fomentare una guerra civile.
Giorno 8 del
mese, Parwan, città ad oriente: "Questa mattina un combattente per la
libertà, ha colpito un gruppo di soldati stranieri, sono morti 4 soldati della
Nato, 2 poliziotti afghani, 10 civili", a comunicarlo Waheed Sediqqi,
portavoce del governatore. Azione rivendicata dai Taliban.
Giorno 8 del
mese, Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato, dopo aver
dichiarato che i sospetti brogli elettorali provocano inquietudine, ammonisce
il paese sottolineando che il futuro presidente "dovrà" firmare,
entro l'inizio di settembre p.v. e prima del vertice Nato nel Galles, l'intesa
di sicurezza che autorizza gli Usa alla presenza in terra afghana oltre questo
2014.
Giorno 11 del
mese, John Kerry a Kabul incontra entrambi i candidati presidenziali, dichiara
d'essere favorevole alla revisione dei voti elettorali proposta dall'Onu, e
d'essere preoccupato per la probabilità d'una guerra civile nel paese:
"Sono qui perché il presidente Obama e gli Stati Uniti vogliono un
Afghanistan unito, democratico e stabile".
Giorno 15 del
mese, Paktika, zona orientale del paese, confine afghano-pakistano, un mercato:
" In base alle nostre informazioni per ora, almeno 43 persone hanno perso
la vita e circa 80 sono rimaste ferite. Molti bambini e donne tra le
vittime". Un "combattente per la libertà" si è fatto esplodere
al mercato a bordo di un'auto.
Giorno 17 del
mese, Kabul, aeroporto, 4,30 del mattino ora locale, un gruppo di taliban ha aperto il
fuoco contro lo scalo, con armi automatiche e lanciarazzi. L'attacco è durato
circa cinque ore. I ribelli asserragliatisi in alcuni edifici in costruzione,
sono stati uccisi dalla polizia afghana. Tutti.
Giorno 22 del
mese, Kabul all'alba: 4 stranieri hanno perso la vita, almeno 6 sono stati
feriti, stranieri anche loro. Un motociclista si è fatto esplodere. Taliban hanno
rivendicato l'azione.
Giorno 24 del
mese, Herat, nell'ovest dell'Afghanistan, ore 11,39 locali: "tre uomini
armati hanno aperto il fuoco contro due straniere a bordo di un taxi, le donne
sono state uccise", a parlare è Sediq Sediqqi, portavoce del ministero
degli Interni. Uno degli attentatori è stato catturato. Le due donne erano
esponenti dell'Iam, International Assistance Mission. Alcuna rivendicazione è
stata fatta.
Giorno 25 del
mese, Ghor, provincia omonima, zona centrale del paese, commando armato attacca
due auto di villeggianti, almeno 15 le vittime tra cui tre donne e un bambino.
Dinamica: il commando ferma le auto, fa scendere i passeggeri, li fa mettere in
fila, fa fuoco su di loro, uno alla volta. Soltanto un superstite, è riuscito
a fuggire. L'ha comunicato Abdul Hai Khatibi, portavoce del governatore. Alcuna
rivendicazione. I media occidentali parlano di taliban, dando per
scontato.
Giorno 26 del
mese, Kabul, il tribunale distrettuale emette condanna a morte in primo grado,
per Najibullah, ex ufficiale di polizia. Motivo: colpevole di aver ucciso il 3
aprile a Khost, Anja Niedringhaus, fotografa tedesca, e ferito Kathy Gannon,
giornalista canadese, entrambi lì per via delle elezioni del giorno seguente.
Dinamica: improvvisamente attaccate da Najibullah che, prima di colpire con il
kalashnikov d'ordinanza, ha urlato "Allah u akbar!".
Un rombo muto,
l'eco d'un boato senza suono, continua a creare il sottofondo su cui poggia
l'intera vita afghana. Che lo si voglia udire o no, è questo che accompagna
quella terra da ben 13 lunghi anni. Tredici vuol dire generazione. Nulla si è risolto, nulla si
risolve, nulla si risolverà. Nulla si vuole venga risolto, persino il risultato
d'elezione di un presidente continua a ballottarsi tra voti effettivi e
brogli, brogli e voti effettivi. E questo giova, malgrado le false parole, le
false preoccupazioni straniere, i falsi consigli circa l'attuazione di una
calma, la buffonata di una democrazia, la buffonata di una giustizia, questo
giova in maniera ambivalente: dimostrare al mondo e agli afghani la necessità
della presenza armata starniera, ovvero a stelle e strisce, quindi continuare a
combattere i ribelli, che, chissà come mai, vengono sempre uccisi ma si moltiplicano come girini, continuare a combatterli sì che si possa continuare a fare i propri comodi in una
terra sempre più somigliante alla Colombia degli anni ottanta: narcotraffico.
Il fatto è che il
90% degli afghani al potere, è corrotto e venduto. In questi anni il sostrato
sociale che conta è stato volutamente alimentato sì che ne
facessero parte signori della guerra o fintisi ex, così come elementi già
corrotti, o tendenti a, o ricattabili, o formati per. Tutto comunque e sempre contro
ogni etica favorevole alla morale, al reale sviluppo indipendente del paese.
Che i candidati alla futura, chissà quando, presidenza siano nel coro
di cui sopra, non sta a noi dirlo, quel che riteniamo opportuno fare è tracciare
un brevissimo profilo di entrambi.
Abdullah Abdullah, che risulterebbe
perdente al ballottaggio con un milione di voti di differenza dal rivale Ashraf
Ghani Ahmadzai, è lo stesso politico afghano che, candidato alle presidenziali
del 2009, quasi pareggiando l'altro candidato, a causa di brogli, e di questo
siamo certi, fu sorpassato da Hamid Karzai, l'altro candidato, che riaffermò
così la sua presidenza e che ora appoggia Abdullah. Ma queste contraddizioni sono
tipiche di Karzai. Abdullah Abdullah appartiene a due etnie, pashtun per linea
paterna, tajiko per linea materna, cosa che gioverebbe al paese ormai da secoli
governato da un'unica ottica pashtun. Abdullah è di formazione culturale afghana, ha
compiuto i suoi studi a Kabul, è un medico, è stato il medico di A.S. Massoud,
elemento che volgere a suo favore. Ha 53 anni.
Ashraf Ghani Ahmadzai, classe 1949, di
etnia pashtun, ha studiato in Libano prima, negli Stati Uniti poi, alla
Columbia University, facoltà di Antropologia, è quindi di formazione culturale
americana. Quel che lo caratterizza non è la ricerca in campo antropologico, bensì il suo incarico
presso la Banca Mondiale, sezione Progetti internazionali allo Sviluppo. Nel
2006 risultava tra i papabili alla Segreteria generale delle Nazioni Uniti,
ovvero quale successore di Kofi Annan, ma noi ricordiamo quanto e come l'Onu
non sia intervenuto in tutta l'iniziale vicenda bellica afghana, sappiamo,
senza dubbio alcuno, quanto sia stata richiesta la presenza Onu e quanto la
risposta sia rimasta muta.
L'importante curriculum di Ashraf Ghani che si è
associato, per prendere voti, con Abdul Rashid Dostum signore della guerra e artefice di varie
crudeltà, alla cui sincerità espressa in recenti scuse sui fatti andati, non
crediamo, ci fa molto pensare, e ci fa pensare anche circa gli attuali
brogli denunciati da Abdullah
Abdullah. Staremo a vedere se verrà fuori una verità o si procederà verso
l'opposto, sta di fatto che entrambi, ma forse con diverso peso, hanno
annunciato che firmeranno l'intesa con gli Usa sul permesso di presenza. Cosa,
a nostro avviso, di pura formalità. Siamo ben consapevoli che non sono certo i
permessi firmati o non firmati a delineare la storia. Ma anche in questo caso staremo a vedere,
nel frattempo, con la mediazione di John Kerry, è stato affidato alle forze
multinazionali dell'Isaf il
trasporto di tutti i voti espressi dal paese, a Kabul, quindi ci sarà la
verifica scheda per scheda il che avverrà sotto vigilanza Onu e in presenza dei
delegati di Abdullah Abdullah e di Ashraf Ghani. Si è già comunnque deciso, sempre
in accordo con John Kerry, quindi gli Usa hanno deciso, che chiunque risulti eletto, guiderà un governo di
unità nazionale.
Certo i complimenti
vanno agli invasori e ai loro accoliti, ottima infiltrazione tra le forme già
deviate o fatte deviare, della società afghana, il Grande Gioco Afghano, assunto aspetto
di modernità, è stato davvero molto, ma molto efficace, così tanto che generazioni stanno crescendo in questa guerra che s'è fatta abitudine.
Marika Guerrini
foto da web
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