lunedì 23 novembre 2015

epistolario su " In nome di Dio"

... come già in passato, anche stavolta da una pagina di occiriente pubblicata in editoriale da "Totalità" è nato un amichevole scambio di idee con il direttore Simonetta Bartolini. La pagina in questione è "In  Nome di Dio", subito precedente a questa, ed anche stavolta occiriente vi rende partecipi riportando entrambi i testi integralmente.

il direttore

Cara Marika, pubblico in tuo articolo –mi hai chiesto dubbiosa lo pubblicherai?– perchè come abbiamo detto e ripetuto Totalità è un libero laboratorio aperto a tutti e quindi mai e poi mi sognerei di censurare qualche opinione. Figuriamoci quelle di chi stimiamo. Però non ti nascondo che quanto scrivi mi lascia un po' perplessa e non pienamente convinta. 
Tu dici che il richiamo al dio dell'Islam fatto dai terroristi a Parigi, e poi in Mali e prima ovunque sia stato portato terrore e morte è svuotato di significato, è una formula che fa più male all'Islam che bene ad Allah.

Non c'è dubbio, lo credo anche io. Però non puoi paragonare le parole di Bush autodefinitosi unto del signore, o quelle di qualunque capo di stato cristiano che invochi il nostro dio intraprendendo una guerra o qualunque altra iniziativa politica di forte impatto. Quella sì che è una formula tesa a richiamare più che l'essenza della religione nella quale crediamo il senso della condivisione dei valori. Altro sarebbe se i soldati americani governassero i droni che bombardano le città, o invadessero i territori su carri armati sui cui scudi fosse scritto "Cristo Re" o il celebre "Dio lo vuole". Perché l'effetto devastante della religione coinvolta nella guerra sta nella diffusa e ripetura formula invocativa nel corso di ogni singola azione che comunica il senso di una contrapposizione spirituale, cioè religiosa e quindi di civiltà. Non dimenticare che fu l'invocazione di quella formula che rese grande Giovanna d'Arco, e la portò al martirio (anche), la forza della pulcella d'Orleance stava nel suo grido di battaglia in nome di Dio, e come tale è entrata nell'immaginario della nostra storia e della nostra cultura e quindi ha avuto forza. 
Questo mi preoccupa e continua a preoccuparmi quando vedo le nostre strade insanguinate in nome di dio. Tanto ti dovevo. S.B.

 ***
Marika

Sì, Simonetta, hai ragione, abbiamo indetto e condotto guerre in Nome di Dio, ma questo è il passato. Al tempo della Pulzella d'Orléans e al tempo delle Crociate, la prima ancor più, momenti da me amati da sempre, l'uomo aveva un diverso rapporto con il divino, contatto che poi, calato sempre più nella materia, ha in gran parte smarrito. Inoltre farei una distinzione tra il grido della Pulzella, destinato a gente della sua stessa fede se pur diversa, infatti la condannò, ma che fosse tra cristiani e cristiani fa una grande differenza, e il grido "Dio lo Vuole" dei Crociati, con loro siamo apparentemente in un ambito simile all'attuale. Ma, Simonetta, qui stiamo paragonando degli illuminati in senso spirituale, per lo meno le guide, al loro opposto, Bush e seguito e company. 
La moralità di un'azione non ha valore per la parola espressa, e neppure per il simbolo esposto, ma per la zona interiore da cui muove. Il medioevale "Dio lo Vuole" nulla ha a che vedere con l'americano "In Nome di Dio" da noi cristiani di oggi non ostacolato, né negato, né corretto, ma seguito. Oggi, quel che allora s'espandeva quasi a prescindere dall'uomo, che illuminava l'uomo, deve, o dovrebbe, essere dall'uomo voluto, cercato, ricreato, singolarmente innanzi tutto. In tal caso assumerebbe altro senso marciare in Nome di Dio e terrebbe conto, cosa imprescindibile, della Verità e della Lealtà. Ma, cara amica, io non vedo nulla di tutto questo, né in chi inneggia alla guerra in Nome di Dio, né in chi segue la bandiera issata sulla menzogna. E per far questo non c'è bisogno di scritte, che siano segnate o non, non fa differenza. 
Grazie per avermi dato modo di chiarire quel che avevo ritenuto sottinteso. Ma è una sponda che spesso mi offri. M.G.



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