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Una volta gli uomini per loro propria natura erano capaci di ascoltare la musica dell’Universo, in esso la musica delle stelle e, tra esse, ancor più la musica del Sole che è la stella al pianeta Terra più vicina. Vivevano la luce dei suoi raggi ed il suo calore come qualcosa che parlava loro di sconosciuti mondi da cui celestiali suoni venivano ad allietare la vita sulla Terra. Mondi, le cui immagini, gli antichi uomini avevano incontrato nell’Universo prima di innamorarsi della Terra e, proprio per amore della vita di questo pianeta, decidere di scendere su di esso. Nello scendere avevano imparato a conoscere il tempo, il tempo che noi conosciamo, con le sue ere, i suoi secoli, i suoi anni, i suoi giorni, le sue ore, i minuti, i secondi. Avevano imparato che sulla Terra esistono le stagioni così come il giorno e la notte e tutto viveva in armonia con il creato. Poi, però, man mano che il tempo umano trascorreva, gli uomini presero a dimenticare sempre più la loro origine, ad allontanarsi sempre più da quell’antica armonia che aveva fatto del pianeta un luogo meraviglioso all’interno dello stesso Universo. Presero così ad allontanarsi sempre più dalle infinite bellezze che avevano portato sulla Terra nella loro discesa, tanto che iniziarono a lottare tra loro, a farsi del male. Non si riconoscevano più. Mentre questo accadeva sulla Terra, dall’Universo le stelle seguivano il corso della vita degli uomini.
La dimenticanza degli uomini, della loro origine celeste, fece sì che sul pianeta, in uno di quei periodi in cui le giornate si accorciano e il Sole illumina la Terra solo per poche ore, avvenisse qualcosa di particolare: iniziò a calare la notte, no, non una notte con un suo inizio e una sua fine, ma una lunga notte che pareva non dovesse mai finire. All’inizio di questo fenomeno, ogni uomo si preoccupò per l’assenza del giorno, poi però si abituò ad esso e non ci pensò più. Intanto mentre l’uomo dormiva il sonno dell’anima, la notte oscurò la terra e mentre questo si verificava, gli uomini, avvolti sempre più dal buio, incominciarono ad aver paura, non riuscivano a vedere, e quel che è peggio, non capivano il perché di quelle tenebre così profonde. Tantomeno si accorsero che da giorni, giorni e giorni non avevano più udito i meravigliosi suoni che prima dall’Universo giungevano in loro aiuto. Immersi nella paura non si accorsero neppure che da tempo, prima che calasse la notte, i raggi del sole si erano mostrati offuscati nel loro risplendere, come se un velo coprisse il loro donare vita e calore. E fu in quel buio intenso, privo di suoni celestiali di cui non giungeva più neppure l’eco, che dimenticarono la loro stessa vita. La paura in loro divenne sempre più forte, attimo dopo attimo prese così tanto spazio da rendere i loro cuori di ghiaccio e il gelo formatosi nei loro cuori divenne intenso sì da giungere all’Universo. Ma quel che gli uomini non sapevano, né avrebbero potuto immaginare per via della paura in cui erano sprofondati, che dall’Universo le stelle non avevano mai smesso di osservare ogni loro pensiero, ogni loro sentimento, ogni loro azione. Né avrebbero potuto immaginare l’immensità dell’amore che gli astri portavano loro incontro, gli uomini avevano dimenticato cosa fosse l’amore. Le stelle, a quella vista, provarono un immenso dolore, così tanto grande da espandersi ovunque nell’Universo e decisero di soccorrere le povere creature che sulla Terra soffrivano senza sapere perché. Decisero di aiutarle. In realtà se gli uomini avessero potuto vedere, se fossero stati capaci di attraversare il buio che li avvolgeva, capaci di sconfiggere la paura con il coraggio che una volta avevano conosciuto, avrebbero scoperto che oltre la buia coltre del loro cielo in cui erano immersi, al di là del silenzio degli astri che più non udivano, il colore del cielo non aveva mai smesso d’essere d’uno splendido luminoso cobalto e la musica non aveva mai smesso d’espandersi tra stelle e pianeti che, come immensi diamanti, non avevano mai smesso di brillare. Fu allora che le stelle presero a moltiplicarsi, tanto che il blu cobalto del cielo alto incominciò ad intravedersi, se pur per qualche attimo, anche dalla Terra, tra uno spazio e l’altro di quei diamanti. A questo punto dovete sapere che ogni essere dell’Universo ha un compito da svolgere, ad ognuno di loro viene affidato un compito, e dovete anche sapere che tra le stelle ve n’era una il cui compito era quello di fare da spola tra la Terra ed il Cielo. Il suo nome non ci è dato di conoscere, c’è chi dice si chiamasse Sirio per la sua somiglianza con il Sole data la potenza della sua luce, benché questo dalla Terra non si noti essendo Sirio molto ma molto più lontana dal nostro pianeta. Sta di fatto che quella notte la stella messaggera si avvicinò alla Terra così tanto da farsi vedere, se pur sotto spoglie di fanciulla, dagli uomini.
Nel suo viaggiare, nell'avvicinarsi alla Terra, la stella messaggera aveva scorto una moltitudine di persone che, da ogni luogo, ogni paese, camminava seguendo la stessa direzione, così, acuito ancor più lo sguardo, come giunta dal nulla vide una grande luce risplendere così tanto da illuminare la Terra per chilometri e chilometri. Quella luce, nel suo risplendere toccava tutta la gente che, in silenzio, camminava verso la sorgente luminosa. Camminava verso una grotta scavata in una piccola collina. Ma la cosa ancor più strana era proprio la gente, infatti man mano che si avvicinavano alla sorgente luminosa, sui loro volti comparivano frammenti di luce che immediatamente scomparivano, come delle piccole luci intermittenti, fino a trasformare le loro espressioni. La stella, incuriosita, si avvicinò ancor più, tanto da poter parlare ad un vecchio che, in fila con gli altri, camminava verso la sorgente luminosa.
-Buon uomo dove va tutta questa gente? - chiese la stella - Va alla grotta- rispose il vecchio – E perché? - chiese ancora la stella. – Dicono che chi si avvicina a quella grotta non ha più paura. – Non capisco- disse ancora la stella e continuò: - Cosa c’è in quella grotta? - Non so cosa ci sia - rispose l’uomo -ma so che tutti coloro che si sono avvicinati a quella grotta sono entrati tristi e paurosi e sono usciti sereni e coraggiosi - E la stella sorridendo: -Qual è il tuo nome buon uomo e da dove vieni? - chiese - Il mio nome è Joshua e vengo da molto lontano - rispose ancora il vecchio. La stella sempre sorridendo si allontanò. A piccoli passi, quasi volando si fece spazio tra la folla fino a giungere alla grotta. Oh, no, non si meravigliò della meraviglia delle meraviglie che si mostrò al suo sguardo, lei era una stella, ma quel che vide era qualcosa di così straordinario che non aveva mai visto sulla Terra: dalla parete in fondo alla grotta, un enorme Sole risplendeva così tanto che persino lei, avvezza alla luce dell’Universo e di se stessa, riusciva a guardare, e si coprì gli occhi. Ma la cosa altrettanto strabiliante erano le persone: man mano che si affacciavano all’ingresso della grotta si fermavano alcuni istanti a contemplare quella luce senza chiudere o coprirsi gli occhi, poi portavano la mano destra al petto, all’altezza del cuore e pronunciavano un nome fino ad allora sconosciuto a tutto il pianeta, un nome che neppure la stella aveva mai udito, una parolina breve, molto breve, come nessun’altra mai, formata soltanto da due suoni vocalici. La parolina che ognuno può dire solo a se stesso stava entrando nel cuore degli uomini. La stella restò lì per un po’ e vide che gli uomini dopo averla pronunciata, sorridendo si allontanavano, in silenzio, per tornare in strada, per tornare a casa. Anche la stella messaggera prese la via del ritorno e, lungo la via, ancora in sembianza di fanciulla, udì qualcuno dire a qualcun altro: è mezzanotte. Questo udì la stella che non conosceva il tempo degli uomini. Udire il suono “mezzanotte” e vedere il cielo rischiararsi fu un tutt’uno. Fu allora che la stella capì ciò che sarebbe accaduto: la luce che da tanto tempo s’era nascosta al pianeta, avrebbe rischiarato il cielo, avrebbe dissolto il gelo che da tanto tempo congelava il cuore degli uomini, pian piano gli uomini avrebbero imparato a custodire nel cuore il nome giunto quella notte e questo avrebbe annientato il buio che per tanto tempo li aveva avvolti. Così, felice dell’accaduto sulla Terra e tra gli uomini, la stella, lasciò al pianeta la sembianza di fanciulla, riprese la sua forma, la sua luce e tornò alla sua dimora, all’Universo. Giunta che fu, raccontò alle stelle sorelle quel che aveva visto. Raccontò loro questa leggenda, storia o fiaba che sia.
Marika Guerrini