...ma dove vanno i figli della guerra con negli occhi il fuoco degli incendi. Dove vanno con nelle orecchie il rintuono delle bombe. Dove vanno con sulle labbra la smorfia della fame, nei gesti il timore dei passi di domani. Dove vanno i figli della guerra vittime d'un disegno omologante come segnato a tavolino o senza il, come. Datato da più di trent'anni. Conosciuto da molti e da nessuno. Disegno atlantico di potere con integrazione del mondo musulmano. Disegno fattosi poi euro atlantico. Integrazione in una maniera o in un'altra. Quindi annullando, minando, denigrando, intaccando i capisaldi delle loro sicurezze, della religione innanzi tutto. Quel che vi sia di più intimo, più profondo, più individuale, più identificante. Estendendo poi alle tradizioni, culturali, etniche, sociali. E così via. All'unisono creando pressioni sulla politica, gli assetti governativi, gli stati d'ogni tipo con strumenti d'ogni tipo. Psicologia della paura all'interno e all'esterno dei confini. Funziona. Siano loro o nostri i confini. All'insegna tutto dell'antico concetto: divide et impera.
Separa, fraziona in piccoli stati, indebolisci gli esistenti, per imperare, governare, sottomettere, controllare, sfruttare sino alla perdita della loro identità. Che sembrerebbe solo altrui che è nostra anche ed ancor prima. Ché se così non fosse, se noi non avessimo in parte già perduta la nostra identità, ora, nei loro luoghi lontani e vicini aiuteremmo a costruire strade, scuole, ospedali, bonificheremmo campi per coltivarli a cibo e non ad oppio come in Afghanistan. Produrremmo scambi di cultura, conoscenza, non ignoranza, violenza e, in casi migliori, false illusioni. E ancora e ancora. Costruiremmo un futuro diverso. E perché no, realizzeremmo sogni anziché seppellirli sotto sabbie di deserti. Ma dove andranno i figli della guerra?
Marika Guerrini
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