...c'è una targa in bronzo come fosse una lapide, è lì dal 2002, non l'avevo mai notata, c'è scritto "Il Giardino della Memoria". Onora nel ricordo le vittime di quell'11 di settembre del 2001, con esse la città di New York, la sua dignità, i suoi abitanti, la loro dignità. L'ho scoperta stamattina. E' quasi interrata con la sua cornice di pietra nel verde erboso che la circonda, lì, sulla "Passeggiata del Giappone" lungo le sponde del Laghetto, all'Eur. Quell'unico quartiere romano in cui il passato arretra perché avanzi il futuro, l'animo cittadino, saturo di antiche glorie, s'alleggerisce nella linearità delle architetture, dei viali, delle fontane mentre la luce si svincola dall'ambra per farsi bianca, per farsi luce. E la targa è lì, nella modernità come della Grande Mela, in perfetto connubio stilistico con essa.
Ma la mente si sa, è ballerina e l'incontro stilistico delle due città, pur nella distrazione del suo bel mostrarsi, non impedisce alle parole segnate su quel Giardino di un'unica Memoria, di prendere altra forma, altro significato, completarsi. Proseguire per la via intrapresa quel giorno dalla "civiltà" quando quest'ultima altro non fece che seguire disegni strategici da tempo fissati e in attesa d'attuazione, in attesa della miccia. E quel numero 11 che deviò la storia, s'allunga nella mente ballerina ad un conteggio ben superiore a quel 2900 corrispondente al numero delle vittime statunitensi dell'11 stesso. Allucinante ridurre esseri umani, annullarli in un conteggio numerico, ma questo si è fatto, da allora si fa. E si ricorda: 2752 a New York di cui 60 poliziotti, 343 vigili del fuoco, 2349 civili di 70 diverse nazionalità e 148 complessivamente tra Pentagono, Shanksville e Contea di Somerset.
Ma la mente si sa, è ballerina e l'incontro stilistico delle due città, pur nella distrazione del suo bel mostrarsi, non impedisce alle parole segnate su quel Giardino di un'unica Memoria, di prendere altra forma, altro significato, completarsi. Proseguire per la via intrapresa quel giorno dalla "civiltà" quando quest'ultima altro non fece che seguire disegni strategici da tempo fissati e in attesa d'attuazione, in attesa della miccia. E quel numero 11 che deviò la storia, s'allunga nella mente ballerina ad un conteggio ben superiore a quel 2900 corrispondente al numero delle vittime statunitensi dell'11 stesso. Allucinante ridurre esseri umani, annullarli in un conteggio numerico, ma questo si è fatto, da allora si fa. E si ricorda: 2752 a New York di cui 60 poliziotti, 343 vigili del fuoco, 2349 civili di 70 diverse nazionalità e 148 complessivamente tra Pentagono, Shanksville e Contea di Somerset.
A questo conteggio rinnovato nella memoria, grani d'un più amaro rosario hanno preso a succedersi nella mente ballerina, grani a partire da quell'altro giorno, quello con un altro numero, quello che si ricorda meno, molto meno, il 7 di ottobre dello stesso anno. Il giorno dell'Enduring Freedom, la campagna di guerra, quell' "Infinita Giustizia" che con l'alibi dell'11 di settembre, entrò nel cielo afghano bombardando a tappeto intere ignare città popolate da ignara gente, gente che non sapeva perché né da dove venisse quella morte. Ma passiamo al conteggio che l'Enduring Freedom ha partorito fino ad ora, oggi, benché soggetto a sommarsi.
2150 vittime tra soldati statunitensi deceduti sul "campo di battaglia" e dichiarati.
Alcune centinaia, numero mai precisato, di vittime tra soldati statunitensi deceduti in Germania perché trasportati dal "campo di battaglia".
Altre centinaia, numero mai precisato, di vittime tra soldati statunitensi decedute ma non dichiarate perché combattenti per gli States ma sprovvisti di cittadinanza americana.
1070 vittime decedute tra soldati dell'Isaf-Nato, di cui 52 italiani.
Oltre 10.000 vittime decedute tra soldati dell'esercito afghano.
70.000 vittime decedute e dichiarate tra civili afghani di cui il 40% bambini, il 30% donne e vecchi.
Qualche migliaio, impossibile sapere quante, di vittime decedute tra civili afghani abitanti in villaggi o isolati in montagne e deserti.
Qualche migliaio di combattenti, non si sa quanti, tra coloro che si continua a chiamare talebani ma che da tempo sono mujaheddin, ovvero combattenti legittimi per la libertà della propria terra.
Qui occiriente si ferma, s'astiene dall'elencare tutti quegli omicidi consumati in terra afghana e sul confine pakistano, dentro, fuori e lungo la Linea Durand. Omicidi come pane quotidiano, omicidi fatti passare per settarismo religioso, in realtà attuati da "terroristi" venduti all'occidente e da questo commissionati. Motivi: stessi di sempre, motivi noti e stranoti ai lettori di occiriente.
Ma la targa in bronzo è servita, comunque ha avuto un ruolo degno, diverso dalle intenzioni, il suo "Giardino della Memoria" s'è reso utile per altra memoria, quella di cui si parla poco o sporadicamente o per nulla, e in elenco, in bilancio, quasi mai. Mai come grani d'un rosario che s'è fatto infinito.
Marika Guerrini
Marika Guerrini