Bāmiyān |
Al tempo, lo scorso anno, quando ci fu data la notizia del formarsi di questo gruppo, la voce giungeva da migliaia di kilometri e fu una gioia, gioia a confermare il coraggio silenzioso che caratterizza ed attraversa il popolo hazara, sì, popolo, oltre ad essere un'etnia, popolo che si distingue, per intelligenza, coraggio, emancipazione, in special modo circa l'essere femminile, da tutte le altre etnie che compongono il complesso puzzle afghano. Non è un caso che nel nostro libro " Afghānistān passato e presente"(1) ci sia un intero paragrafo dedicato a questa etnia-popolo. Non è un caso che in esso venga corretto un errore storico circa la discendenza esclusivamente mongola di questo popolo, per via della fisionomia degli occhi, "L'origine degli Hazara è ben più antica di quel XIII secolo che vide i mongoli di Genghiz Khān giungere nel cuore dell'Hazarajat, a Bāmiyān, nella valle del Gandhāra...", il luogo dei Buddha giganti che i più, in occidente, hanno conosciuto nella primavera del 2001 per via della loro distruzione. Infatti quel che ravvisò Genghiz Khān, nel lontano nostro Medioevo è questo: "...s'accorse subito di trovarsi davanti ai geni di quei nomadi guerrieri indoeuropei poi padroni delle steppe dell'Europa orientale come del Centro Asia, le cui armate, nel corso del IV e V secolo avevano regnato includendo al loro impero tutto il territorio delle steppe fino all'India del nord compresa, espandendo quel Buddhismo di cui s'erano fatti testimoni... Genghiz Khān s'accorse di trovarsi davanti ai diretti discendenti dei KuŠana, il cui impero con KaniŠka aveva raggiunto il massimo splendore..."
A loro volta i KuŠana si erano trovati dinanzi ad un popolo già guerriero, un popolo precedente anche all'arrivo di Alessandro il Macedone (III sec.a.C.), un popolo risalente ad un tempo in realtà indefinibile per i canoni storici, databile tra i X o XI o VII dell'éra pre-classica. Questo antichissimo popolo, zoroastriano prima buddhista poi, di cui in molte nostre pagine abbiamo trattato, così come abbiamo organizzato testimonianze di piazza e uffici stampa per denunciare il perpetrarsi del loro genocidio, questo popolo affonda direttamente le sue radici in quella leggendaria stirpe degli Arii, a cui gli europei devono l'origine di gran parte della propria importanza storico-culturale, nonché della propria evoluzione. Caratteristiche queste comprensibili a chi conosce quei mondi ed interessanti per chi, stimolato da conoscenza altrui, possa intravedere un certo percorso di geni che, di tanto in tanto, nell'attualità, si manifesta aggiungendo tasselli esplicativi di azioni contemporanee spesso belliche, a volte storicamente incomprensibili.
A loro volta i KuŠana si erano trovati dinanzi ad un popolo già guerriero, un popolo precedente anche all'arrivo di Alessandro il Macedone (III sec.a.C.), un popolo risalente ad un tempo in realtà indefinibile per i canoni storici, databile tra i X o XI o VII dell'éra pre-classica. Questo antichissimo popolo, zoroastriano prima buddhista poi, di cui in molte nostre pagine abbiamo trattato, così come abbiamo organizzato testimonianze di piazza e uffici stampa per denunciare il perpetrarsi del loro genocidio, questo popolo affonda direttamente le sue radici in quella leggendaria stirpe degli Arii, a cui gli europei devono l'origine di gran parte della propria importanza storico-culturale, nonché della propria evoluzione. Caratteristiche queste comprensibili a chi conosce quei mondi ed interessanti per chi, stimolato da conoscenza altrui, possa intravedere un certo percorso di geni che, di tanto in tanto, nell'attualità, si manifesta aggiungendo tasselli esplicativi di azioni contemporanee spesso belliche, a volte storicamente incomprensibili.
Le giovani hazara "guerriere" Shaholin di Kabul, stanno riscattando la propria storia, che tra l'altro annovera per discendenza genealogica, anche l'Impero Moghul. La stanno riscattando in grembo alla Storia dei popoli e alla storia interna al paese stesso, che per anni, anni ed anni si è mossa secondo la diceria creata dai Pashtun, sull'origine mongola degli Hazara, sì da declassare, depotenziare, distruggere l'apertura di pensiero, tipico retaggio buddista di questo popolo ora sciita, rispetto all'ortodossia del credo musulmano sunnita dei Pashtun. In realtà il popolo Hazara si è ribellato da sempre ad ogni costrizione, tanto da resistere per oltre un secolo persino all'avvento dell'Islam, ed accettarlo poi, preservando il proprio costume e la propria singola storia. Caratteristica di libertà, la loro, che nel XIX secolo sfociò nella persecuzione ordinata dall'Emiro, sunnita ortodosso, Abdul Rahman. Da qui il graduale silenzioso declino del popolo Hazara.
Ma noi, oggi, davanti alla coraggiosa azione di dieci ragazze "guerriere" Shaholin, che si presentano al mondo con il nome collettivo: "Shaolin Wushu Club", linguistico incontro tra oriente e occidente, e che tra mille pericoli, operano a Kabul, vediamo il rivivere di quei geni che caratterizzarono un tempo il loro antichissimo popolo. E non è un caso che i geni di quell'antica stirpe si manifesti, oggi, nell'arte marziale del Wushu, nell'arte marziale antesignana di tutte le arti marziali, tenuta in vita dai monaci buddhisti Shaholin.
Il costume storico-sociale degli Hazara, come accennato, ha sempre rispettato e mantenuto una certa libertà, una spregiudicatezza, una docilità all'interno dell'essere guerriero, propri all'elemento buddhista, il che li rende diversi dalle altre etnie. Ed è conoscendo la loro storia, il loro costume emancipato, la loro sfida ai pregiudizi, che ci piace immaginare queste dieci ragazze, il cui numero ci si augura possa moltiplicarsi e superare ogni reticenza anche etnica, immaginarle lassù, tra le montagne dell'Hindu Kush, nell'arrampicata rosa delle loro divise, a fendere l'aria con le spade lucenti nelle lame affilate, sì da rispecchiare il sole, il candore delle nevi, sì da frantumare, nell'eleganza dei gesti, nella potenza, la tragedia che da troppo tempo incombe sul corpo e sull'anima della loro terra. E vogliamo pensare, ci piacerebbe vaticinare, se fosse in nostro potere la veggenza, che il coraggio di queste ragazze, manifesto nelle figurazioni del Wushu, possa essere di auspicio al riscattare l'indipendenza, la libertà, il futuro dell'Afghānistān. Che l'Afghanistan merita riprendersi.
Marika Guerrini
nota
(1) Marika Guerrini, "Afghanistan passato e presente"-storia- Jouvence, Milano 2014
immagine: Barat Alì Batoor
Il costume storico-sociale degli Hazara, come accennato, ha sempre rispettato e mantenuto una certa libertà, una spregiudicatezza, una docilità all'interno dell'essere guerriero, propri all'elemento buddhista, il che li rende diversi dalle altre etnie. Ed è conoscendo la loro storia, il loro costume emancipato, la loro sfida ai pregiudizi, che ci piace immaginare queste dieci ragazze, il cui numero ci si augura possa moltiplicarsi e superare ogni reticenza anche etnica, immaginarle lassù, tra le montagne dell'Hindu Kush, nell'arrampicata rosa delle loro divise, a fendere l'aria con le spade lucenti nelle lame affilate, sì da rispecchiare il sole, il candore delle nevi, sì da frantumare, nell'eleganza dei gesti, nella potenza, la tragedia che da troppo tempo incombe sul corpo e sull'anima della loro terra. E vogliamo pensare, ci piacerebbe vaticinare, se fosse in nostro potere la veggenza, che il coraggio di queste ragazze, manifesto nelle figurazioni del Wushu, possa essere di auspicio al riscattare l'indipendenza, la libertà, il futuro dell'Afghānistān. Che l'Afghanistan merita riprendersi.
Marika Guerrini
nota
(1) Marika Guerrini, "Afghanistan passato e presente"-storia- Jouvence, Milano 2014
immagine: Barat Alì Batoor