.. dinanzi all'oceano che si apre col suo mistero e la sua solitudine, dinanzi a quelle Colonne d'Ercole, limite estremo del conosciuto mondo, Ulisse parla ai compagni, ricorda i perigli attraversati e superati con coraggio, rileva il loro esser giunti da oriente ad incontrare un occidente ancora in parte ignoto, li sprona a portarsi oltre il limite, immergersi in quell'inconosciuto e misterioso mondo, lì dove Europa ed Africa si fronteggiano, quel passo obbligato che avrebbe preso nome di Gibilterra. Parlando ai compagni, parla in realtà agli uomini tutti, come se fosse lui giunto ad una tale altezza spirituale da permettersi una visione d'insieme. Ulisse è ora al di sopra della stessa vita, la domina dall'alto e a quel vertice vuole attrarre l'intera Umanità, consapevole di una coscienza morale che sola può condurre alla canoscenza di cui sopra, quell'amore per la sapienza che sola, lasciandosi incontrare, può portare l'uomo a se stesso, condurlo alla parte più alta e profonda di sé. Ed è a questo proposito che alfine dice: fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.
In questo brevissimo accenno di discorso che lo stesso eroe definisce orazion picciola, Ulisse tocca i più alti valori e sentimenti umani richiamando al contempo la fugacità della vita. Fa intendere come e quanto questa sia vana se non si ponga quale dardo teso verso ideali conquiste.
E' un volo quello che Ulisse chiede ad ogni uomo, verso cui lo sprona, un ideale volo che prende vita nel cuore degli uomini tutti. E il volo si palesa ancor più folle, ancor più ardito, perché gli uomini hanno sprezzato quei limiti che facevano da monito a tutti i mortali. Ora, gli uomini sono chiamati a non aver paura di oltrepassare quel limite che la società, ormai lungi da ogni rispetto per l'essere umano e la sacra libertà, ha posto e pone all'armonico scorrere della vita, ha posto e pone agli stessi umani sensi, al loro essere desti, al loro agire secondo se stessi, come se la stessa vita non fosse più tale, ma morte, in cui i sensi non sono più desti.
Ecco perché in quel folle volo c'è l'orgoglio di tentare una così sublime follia che si ponga in opposto a chi vorrebbe fermare la vita che, sola, attraversata in libertà, può portare alla conoscenza. E noi, nel cammino dell'eroe, nei suoi uomini, in quegli uomini che aveva spronato con tale appassionato discorso, scorgiamo un così assoluto ardore nel cammino che a stento lo stesso Ulisse avrebbe potuto trattenere, se avesse voluto.
Ed ecco che il cammino figurato per mare a portarsi oltre le Colonne d'Ercole, immergersi nell'inconosciuto senza alcuna paura di lasciarsi alle spalle i limiti della società, persino delle leggi da essa volute e rese inique, per giungere attraverso coscienza alla virtù e alla conoscenza, si fa metafora di vita, oggi più che mai, a ricordare ancora una volta agli uomini tutti, le iniziali parole di Ulisse che ci si ripresentano: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. Ove in virtute sta la coscienza delle proprie ed altrui azioni senza di cui è impossibile giungere alla virtù, indi alla conoscenza, indi alla Libertà. E se accade che il raggiungimento di quest'ultima comporti la disobbedienza al nefando limite, a quelle Colonne d'Ercole poste dalla società ad impedire il cammino verso la conoscenza, ebbene, si attraversino, le si lascino alle spalle, sì che il tragitto dell'uomo possa riprendere a seguire il corso del sole, per quanto periglioso possa mostrarsi ed essere, possa continuare la navigazione da oriente all'ostacolante occidente secondo libertà, agognata meta nel percorso conoscitivo dell'Umanità.
Così, cari lettori, ancora una volta quel Sommo Poeta che la Storia e il destino d'una terra vollero italiano, ci viene in soccorso indicando, stavolta per voce di Ulisse, la via che conduce dalla costrizione del limite alla libertà, via che sola, scevra d'ogni paura, può condurre dalla tenebra alla luce.
Marika Guerrini
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