mercoledì 31 dicembre 2014

le macerie d'occidente e il signore distinto: i bambini non si toccano

... F. Dostoevskij: I Fratelli Karamazov, parte IV- libro undicesimo- protagonisti Ivàn Fedorovic e il signore distinto... incubo fantasia allucinazione... forse ti vidi solo in sogno e non da sveglio... che altri non è se non il diavolo e, allo stesso tempo l'alter ego di Ivàn. Ed è il signore distinto che dopo aver detto: io amo i sogni dei miei giovani amici esuberanti, assetati di vivere,  ricorda ad Ivàn le parole da quest'ultimo pronunciate, ascoltiamo:  
Là c'è della gente nuova... essi si propongono di distruggere tutto e di ricominciare dall'antropofagia. Stupidi, non mi hanno consultato! Secondo me non c'è bisogno di distruggere proprio nulla, basta solo cancellare dall'umanità l'idea di Dio, ecco da che parte bisogna cominciare! Da questo, sì, da questo dobbiamo cominciare, ciechi che non capite nulla! Una volta che l'umanità in massa abbia rinnegato Dio ( e io credo che una tale epoca, parallelamente alle epoche geologiche, verrà), tutta la vecchia concezione del mondo cadrà da sé, senza bisogno di antropofagia, e soprattutto cadrà la vecchia morale, e ogni cosa si rinnoverà. Gli uomini si riuniranno per prendere dalla vita tutto ciò che essa può dare, ma lo faranno unicamente ed esclusivamente per avere la gioia e la felicità in questo mondo. L'uomo si esalterà in un orgoglio divino, titanico, e allora apparirà l'uomo-dio. Trionfando di continuo e senza più barriere sulla natura, grazie alla propria volontà e alla scienza, l'uomo, appunto per questo, proverà un godimento di continuo così elevato  che esso prenderà per lui il posto di tutte le antiche speranze di godimenti celesti. Ognuno saprà di essere mortale per intero, senza possibilità di resurrezione, e accetterà la morte con tranquilla fierezza, come un dio. Nella sua fierezza capirà ch'egli non deve lamentarsi se la vita è un attimo e amerà il proprio fratello senza nessuna ricompensa. L'amore riempirà solamente quell'attimo di vita, ma la consapevolezza della sua fugacità basterà da sola a ravvivarne tanto la fiamma, quanto, invece, tale fiamma si disperdeva prima nelle speranze di un amore ultraterreno e infinito... a questo punto il diavolo commenta le parole di Ivàn esclamando il superlativo:  Bellissimo! mentre Ivàn: se ne stava lì seduto con le mani sulle orecchie e con gli occhi bassi...
E il tempo è giunto, quel tempo intuito da Ivàn, applaudito dal signore distinto, e noi l'abbiamo sotto gli occhi, quotidianamente, ma non vogliamo scorgerlo, eppure basterebbe   riflettere sui bambini, sulle azioni da noi perpetrate su di loro, sulla nostra volontà di strappare all'infanzia i valori che le sono propri, quindi distruggere l'infanzia. Basterebbe questo per vedere quel che abbiamo sotto gli occhi, quel che si vuole sia: distruggere l'idea di Dio nell'uomo. 
Molte sono le vie per intraprendere il percorso di distruzione, questo percorso, la distruzione dell'infanzia è la più diretta, la più efficace perché la più infida, subdola. Non concorrono ad essa coloro che uccidono fisicamente l'infanzia nei corpi dei bambini, che siano bombe o patologie infettive diffuse ad hoc, o provocazioni d'aborto a scopo "sociale" per sovrappopolazione che negano a milioni di esseri umani il naturale destino di nascere,  no, non solo, concorrono tutti coloro, tutti, che distruggono i valori dell'infanzia, i naturali punti di riferimento atti da sempre in natura, compreso il mondo animale, allo sviluppo psicofisico dell'essere vivente. Si può uccidere in due modi: nel corpo o nell'anima, quest'ultimo è, paradossalmente e tristemente, il più efficace al fine di cancellare dall'umanità l'idea di Dio. 
Questo si sta muovendo in occulto tra le quinte del nostro occidente diretto protagonista o mandante, attraverso guerre e distruzioni di popoli, dell'azione di cui sopra: cancellare dall'umanità l'idea di Dio. Questo si sta muovendo anche quando, custodendo e propagandando  la menzogna, attacca l'unico paese, non a caso d'occidente e d'oriente, che stia preservando l'infanzia, con essa l'idea di Dio, paese in cui negli ultimi 20 anni hanno preso vita più di 800 monasteri ed oltre 30.000 chiese ortodosse si sono aperte, lo stesso paese patria dell'autore di cui sopra il frammento: la Russia, la Grande Madre Russia. 
Paese unico in occidente che preservi anche e non solo, dalle manipolazioni genetiche che altrove stanno assemblando eserciti di cloni di signore distinto, unico paese del "civile" occidente che preservi da termini quali genitore 1 e genitore 2 in sostituzione degli insostituibili madre e padre, sì da avallare il gender-bender, ovvero il sessualmente invertito, e con esso spronare i bambini verso quelle persone che trasgrediscono, rinnegando, il loro stesso genere di nascita. No, non è solo questione di valore cristiano, attribuendo a questo  aggettivo l'universalità oltre ogni credo consona al termine stesso nella sua accezione originaria, no, è questione di Natura visto che anche gli animali hanno un padre, occasionale o stanziale che sia, ed una madre. E l'infanzia viene allontanata così dallo svolgere il compito che la Natura gli ha affidato nella e per la vita. 
Follia, pura assoluta malefica follia degna del signore distinto e suo parto, follia a costituire, formare le macerie d'occidente con cui ci stiamo soffocando, macerie che attraverso l'azione d'annullamento di cui sopra, proiettano nel futuro il loro ampliarsi, il loro fortificarsi. Ma non staremo qui a dibattere sui motivi né speculeremo su di essi, lasciando a prossime pagine di libro il tutto, ché questa sede sarebbe inadeguata, ci limitiamo solo a sottolineare la patologia sociale del tutto è permesso, come sostiene Ivàn in accordo con il signore distinto, per cui: all'uomo nuovo è lecito organizzarsi come gli pare, secondo i propri princìpi. E ancora: anche se un'epoca simile non dovesse avverarsi mai, tuttavia, poiché Dio e l'immortalità comunque non esistono, all'uomo nuovo, fosse pure uno in tutto il mondo, è lecito diventare l'uomo-dio e, naturalmente nella sua nuova qualità gli è lecito scavalcare a cuor leggero tutte le barriere morali dell'antico uomo-schiavo, se ciò dovesse essere necessario. Al di sopra di Dio non ci sono leggi! Dove si mette Dio lì è il suo posto! E dove mi metterò io quello sarà subito il primo posto. Così svelandosi e confessando se stesso il diavolo, signore distinto, si esprime e conclude: Tutto è permesso e basta!
Marika Guerrini

  

mercoledì 24 dicembre 2014

la stella e il poeta

... frammento: "... allora, oltre lo spazio e il tempo, una stella soleva in disparte osservare quel che altri astri andavano nella danza a formare. Forme seguivano precedendo forme, più o meno luminose, più o meno dense. Man mano che le forme si delineavano nel cosmo lasciando impronta di se stesse, nuovi mondi venivano a crearsi come da un armonico nulla di quel tempo senza tempo. Così, da quella cosmica danza nacquero, frammenti d'astro, sole, luna e terra. Così, in quel tempo senza tempo, la stella fu rapita da quella vista, conquistata.
Sull'ultimo di quei frammenti corpi andavano delineando le stesse forme della danza astrale.  Quel che la stella aveva scorto nel suo cielo, ora, benché rimpicciolito, benché densificato, lo andava scorgendo su quel frammento d'astro, su quel corpo celeste dall'immobile luce.
Anche lì forme seguivano precedendo forme. Tra esse alcune fatte di luci colori e armonie come tutto ciò che nell'universo era, si muovevano avvolte in involucri mai visti prima. Strani involucri. negli involucri non cessavano di danzare allo stesso modo che gli astri. In quella loro segreta danza andavano scoprendo le cose del corpo celeste su cui si trovavano. Tutto era nuovo. Tutto antico. La stella osservava le strane creature che nel loro scoprire inventavano la vita.
Luci e tenebre iniziarono ad alternarsi, iniziarono a sorgere aurore, a spegnersi tramonti, sì che giorni precedessero seguendo notti, sì che tutto si scandisse in precisi ritmi, esatti, anche il soggiornare delle creature sul pianeta.
Le creature inventarono il tempo.
Nel tempo la memoria, nella memoria diedero nome a se stessi, lo diedero al corpo celeste che li ospitava, alle cose, che fossero su di esso o nel cielo di esso. Fu allora che la stella lasciò il suo canto. Entrò nel loro cielo, sfiorò il loro tempo.
Nel farlo frantumò parte della sua luce, formò una scia. Si trasformò in cometa. Dagli involucri le creature la scorsero, le diedero un nome, un nome da cometa. 
pronunciarono quel nome da allora. Da allora l'eco di quel nome s'espanse nell'universo giungendo alla stella. Sempre. Sempre a quell'eco la stella lasciava il suo canto, illuminava il pianeta. Trascorsero millenni del nostro tempo. Umani millenni finché l'eco più non giunse alla stella. Le creature, che tra loro si chiamavano uomini, immerse nel loro tempo avevano perso la memoria della sua esistenza, con la memoria il suo nome. 
Le creature avevano dimenticato. 
La dimenticanza avvolse la stella, nube carceriera la costrinse. Non poté che tornare nel suo canto. Tornò, ma sempre cercò uno spiraglio, acuì lo sguardo, sempre sperò che qualcosa la liberasse. Qualcuno. Forse. 
Nulla accadde. 
Trascorsero terrestri anni di silenzio, di nulla, poi, un attimo. 
In un attimo del suo non tempo, la stella s'avvide d'un soffio sottile, sottile come un desiderio che s'alzava fino al suo cielo. Laggiù qualcuno pronunciava il suo nome. Cantilena, preghiera, poesia, chissà.
Sull'eco del soffio si mosse la stella, s'avvicinò al pianeta, guardò: stretta in un involucro una creatura seduta a un tavolo, con tra le dita una penna, dinanzi a un foglio bianco....  la stella avvertì una fitta sconosciuta, proprio lì, al centro della sua luce. Una fitta che s'espandeva fino a raggiungere il pianeta. Pur non sapendo cosa fosse si fece guidare, si fece guidare finché si trovò sospesa in un'atmosfera anch'essa sconosciuta, in un luogo sconosciuto anch'esso. Fu lì che ebbe paura di perdersi..." La stella, affascinata dalla Terra, dalla sua bellezza, sperimenterà, così come le umane creature, la dimenticanza del cielo, delle origini, poi, qualcuno le passerà accanto, una figura esile, quasi fragile, e la stella: " Riconobbe la creatura, era la stessa del soffio, del desiderio, del richiamo. La stella ricordò il motivo della sua venuta..." e fu allora che, in un tempo che sulla terra si fermò facendosi sospeso, la stella prese a narrare al poeta: "La stella narrava. Armonie di spazi celesti in cui tutto è presente sempre, affioravano ai pensieri del poeta. Tutto narrò la stella... tutto si mostrò al poeta, gli si svelarono sì grandi misteri ch'egli stentava a riconoscere se stesso ed i suoi simili.... Soltanto una cosa la stella non disse al poeta, non disse della dimenticanza. Di quella degli uomini. La lasciò alla libertà...".
Marika Guerrini 

frammenti tratti da "Massoud l'Afghano il tulipano dell'Hindu Kush" dello stesso autore, Venexia, Roma 2005; 
fonte immagine Chome Temporary

venerdì 19 dicembre 2014

Peshawar e la pietà del Natale

... non per dimenticanza né distrazione abbiamo taciuto sulla strage di Peshawar consumatasi tre giorni fa. Abbiamo osservato il silenzio, per i tre giorni, perché trascorressero, si affievolissero in essi le fiammelle delle lampade, i singhiozzi perdessero il moto iniziale, si facessero silenziosi, sprofondando ancor più nell'anima a farsi indelebili. Sì, è per rispetto che abbiamo fino ad ora taciuto, e per le parole, ci sono venute meno le parole e ci hanno infastidito le altrui, quelle dei media, ci hanno infastidito contro ogni lecito diritto alla comunicazione, ogni necessità, mentre noi si preferiva guardare in alto, ad una realtà che non è della terra. Nulla c'è da dire quando il mondo ti porta incontro storie come questa dei bambini, 132 tra i dodici e i sedici anni, bambini sì, che la vita non aveva ancora toccato, bambini rei di nulla. Ma i bambini così come i ragazzi non sono mai rei. 
E il senso di responsabilità, quest'atroce senso di responsabilità, quest'assurdo, a farsi sempre più grande, ogni giorno di più, e più acuto, insostenibile per il solo fatto di vivere nell'emisfero di questo nostro occidente. Quest'occidente che in maniera diretta ha creato, a suo tempo le mostruosità che ora vanno da Islamabad a Tripoli, da Kabul ad Al Bayda passando per Damasco, per Bagdad e ancora e ancora, a seminare morte e distruzione, annientando popoli tramite uccisione o esilio, non fa differenza. Ed ora, ancora una volta, questo stesso occidente, quello del far west, urla la propria ipocrisia. E la menzogna continua.
Non vi sarebbe questo stato di sporca guerra al "terrore" e nel "terrore", se questo terrore non l'avessimo voluto, creato, alimentato, non lo usassimo. Il "nemico" che si chiami Isis o al-Qaeda o tutte le loro ramificazioni, tutte, agisce in un disegno e sotto copertura e viene armato da noi e alla luce del sole e alcun mistero li avvolge che non sia farsa, e sappiamo tutto questo. E lo sappiamo tutti.
A chi fa gioco tutto questo, è quel che bisogna chiedersi. A chi fa gioco ancor più ora che le truppe Nato stanno "per lasciare" l'Afghanistan compresa la storica quanto da sempre controversa linea Durand, a chi fa gioco. Il "terrore" presente in quelle terre, con saltuarie minacce ad alcune d'occidente, ad una sola cosa porta, oltre che alla tragicità delle sue nefande azioni assassine, porta a dimostrare la "necessità" di presenza occidentale armata in quelle terre. Vale a dire: controllo occidentale armato di e su quelle terre. Geopolitica. Strategia. Patologico senso di supremazia mondiale. E si sta facendo l'impossibile per crearlo anche in Europa, sui suoi confini, si sta facendo da anni, agendo all'inverosimile per azzerare la Russia: due piccioni con una fava, dice il proverbio, lì dove le fave sono Russia ed Europa. E a Bruxelles non si lavora per la fantomatica quanto inesistente Europa Unita, ma contro, e il motivo è lo stesso di cui sopra. Chi non lo vede è orbo. 
Cosa vedranno invece di questa terra quelle 132 anime che hanno messo le ali. Cosa penseranno. Elaboreranno per noi la pietà sotto il nostro albero di Natale?
Marika Guerrini
immagine da web

domenica 14 dicembre 2014

Afghanistan e non solo: i colori della tortura

...ed ora, ora hanno chiuso il carcere di Bagram, sì, due giorni dopo lo "scandalo". Bagram, quell'inferno che più e più volte le nostre pagine, a partire dal 2012, hanno segnalato, denunciato, quel luogo di abusi d'ogni tipo, torture d'ogni fattura a cui venivano sottoposti i prigionieri "di guerra al terrore", compresi centinaia di bambini di cui il più grande aveva si e no tredici anni. E colori, sì con colori venivano e vengono segnalati nei rapporti i luoghi delle prigioni segrete della Cia, quelle in cui s'aprivano le porte dell'inferno. E quattro erano i colori-codice riguardanti l'Afghanistan: grigio, blu cobalto, arancio e marrone. Già, quattro colori a nascondere indicibili sofferenze. Ma non solo lì, non solo in quella terra si consumava e si consuma questa crudele danza colorata, vi sono paesi come la Romania il cui colore in codice è il nero, come la Thailandia il cui colore è verde, come la Lituania il cui colore è violetto, mentre l'azzurro corrisponde alla Polonia, tutte prigioni segrete a marchio Cia. E' il colorato quadro in codice delle nefandezze subumane statunitensi. Sì, statunitensi perché la Cia è solo il braccio nascosto, neanche troppo, di quel paese, dei suoi governanti, qualunque sia il nome, da anni in qua. Non si diventa presidenti Usa se non si è pronti a far eseguire  anche questo genere di azioni, e, quando e se accade che qualcuno si ribelli, fosse presidente o non, si viene assassinati. Eppure nulla accadrà agli esecutori di tutto questo, tanto meno ai mandanti e comandanti, nulla accadrà, tutt'al più qualche parvenza di punizione, tutt'al più qualche capro espiatorio pagherà per tutti o si fingerà che paghi, mentre l'ipocrisia continuerà a regnare sovrana.
Dov'erano gli attuali urlatori dell'Human Rights Watch, dov'erano tutti i media, anche nostri, che come loro ora urlano indignati appellandosi all'organizzazione di cui sopra, al suo dovere di tutelare i diritti umani anziché rendersi complice con il suo silenzio. Dov'erano tutti mentre noi e pochi altri si urlava all'obbrobrio denunciando quelle stesse prigioni. Dov'erano i Governi d'occidente, quando nel 2013 si rese noto che medici militari Usa torturavano i prigionieri, che lo facevano in Afghanistan come in Iraq, come a Guantanamo, altro inferno a cielo aperto che il Nobel "per la pace" Obama, consapevole di mentire, promette di chiudere dal tempo del suo primo insediamento alla Casa Bianca. Dov'erano tutti costoro che sapevano, che hanno sempre saputo. Sì abbiamo speso intere pagine su queste atrocità passate sotto silenzio ed ora ci vengono a dire cosa, cosa ci vengono a svelare, i metodi della Cia? E a cosa serve questo dire, a cosa serve questo svelare della stessa Cia circa i propri "metodi perfezionati d'interrogatorio", perché così si chiamano le torture, così si esprimono al proposito i vari John Brennan, i vari James Clapper, rispettivamente direttore della Cia e capo dell'intelligence nazionale Usa, cosa ci vengono a svelare, le aberrazioni di cui sono affetti i loro uomini, dato che non ci si presta a tutto questo se non si sia affetti da ben precise patologie psichiche e psichiatriche? E noi dovremmo credere alla buona fede di questo svelare? Dovremmo stare ancora una volta al loro gioco? No, noi non ci stiamo. Eppure, un moto di pietà va indirizzato verso questi esseri, tutti, anche torturatori, perché "non sanno quel che fanno". Forse.
Marika Guerrini
fonte immagine : The Washington Post

lunedì 1 dicembre 2014

la Grande Madre Russia: Dostoevskij

da taccuino ottobre 2014
...la via che ieri brulicava di genti, razze, etnie, molti ceceni, oggi s'adagia nel biancore della prima neve in questo fine d'ottobre di San Pietroburgo. Il quartiere è quello "dei mercati", la prospettiva è quella di Nevskij, il vicolo è il Kuznecnij, il numero civico il 5/2, l'edificio è un museo. Un museo speciale custode d'una casa, una casa di sei stanze, non più, sei stanze ricomposte esattamente come al tempo della loro vita. Sei stanze ricomposte così tanto bene da permettere la comunione con quel padrone di casa che le aveva animate con il suo genio, un genio a nome Dostoevskij, Fjodor Michailovic Dostoevskij.
E ti senti camminare in esse come scaturito dal pennino, attraverso l'inchiostro segnato sul foglio prima immacolato come la neve che respriri. E ti senti personaggio delle sue pagine, uno qualunque anche se Aljosha è quello che ami di più, come lui l'ha amato. Ma potresti chiamarti Nàstenka, Ivàn o in qualsiasi altro suo modo. E, suo personaggio, guardi la città con occhi raccontati e vedi la pace delle cupole d'oro innalzarsi dalle acque, la regalità  delle architetture dai colori pastello e vedi tutto questo sposarsi, come in ossimoro verbale, con le sue parole: " ... luogo di mezzi pazzi. Difficilmente si potranno trovare tanti influssi cupi, repentini e strani sull'anima umana come qui...", in questa splendida città "estrema".
E, personaggio, varchi la soglia dello studio, il suo, e lì, sulla scrivania dal ripiano verde, intatta nel suo tempo andato, ti trovi accanto la piccola risma di cartelle manoscritte, l'ordine dei libri impilati, i candelieri come fossero accesi e il bicchiere del tè. E allora, sempre personaggio, ti senti denudato nella tua stessa anima, mentre la penna, la sua, scorre sul foglio a comporre, a comporti. E solo allora puoi lasciare la stanza a chi dopo di te sarà personaggio diverso da te, sarà altro, se avrà la fortuna di entrare in comunione con lui, con Fjodor Michajlovic.
E varcherai al contrario la porta, e non ti parrà di farlo, e lo sguardo, il tuo, cadrà sull'immagine della Madonna Sistina, la Madonna del vento, come tu la chiami, e cadrà sul divano su cui essa posa, lo stesso divano fiorato che ospitò l'ultimo sonno di lui, il sonno del genio in quel gennaio innevato del 1881. E mentre uscirai da quella casa ricomposta e vera, rintocchi di campane ti giungeranno vicini dalla Chiesa della Madonna di Vladimir. E allora, solo allora, ti tornerà alla mente una sua frase letta tanto tempo fa, un pensiero tracciato in una lettera: " Se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità". E incontrerai lo Spirito russo. Ancora, oggi, ora. E vi entrerai.
Marika Guerrini