... frammento: "... allora, oltre lo spazio e il tempo, una stella soleva in disparte osservare quel che altri astri andavano nella danza a formare. Forme seguivano precedendo forme, più o meno luminose, più o meno dense. Man mano che le forme si delineavano nel cosmo lasciando impronta di se stesse, nuovi mondi venivano a crearsi come da un armonico nulla di quel tempo senza tempo. Così, da quella cosmica danza nacquero, frammenti d'astro, sole, luna e terra. Così, in quel tempo senza tempo, la stella fu rapita da quella vista, conquistata.
Sull'ultimo di quei frammenti corpi andavano delineando le stesse forme della danza astrale. Quel che la stella aveva scorto nel suo cielo, ora, benché rimpicciolito, benché densificato, lo andava scorgendo su quel frammento d'astro, su quel corpo celeste dall'immobile luce.
Anche lì forme seguivano precedendo forme. Tra esse alcune fatte di luci colori e armonie come tutto ciò che nell'universo era, si muovevano avvolte in involucri mai visti prima. Strani involucri. negli involucri non cessavano di danzare allo stesso modo che gli astri. In quella loro segreta danza andavano scoprendo le cose del corpo celeste su cui si trovavano. Tutto era nuovo. Tutto antico. La stella osservava le strane creature che nel loro scoprire inventavano la vita.
Luci e tenebre iniziarono ad alternarsi, iniziarono a sorgere aurore, a spegnersi tramonti, sì che giorni precedessero seguendo notti, sì che tutto si scandisse in precisi ritmi, esatti, anche il soggiornare delle creature sul pianeta.
Le creature inventarono il tempo.
Nel tempo la memoria, nella memoria diedero nome a se stessi, lo diedero al corpo celeste che li ospitava, alle cose, che fossero su di esso o nel cielo di esso. Fu allora che la stella lasciò il suo canto. Entrò nel loro cielo, sfiorò il loro tempo.
Nel farlo frantumò parte della sua luce, formò una scia. Si trasformò in cometa. Dagli involucri le creature la scorsero, le diedero un nome, un nome da cometa.
pronunciarono quel nome da allora. Da allora l'eco di quel nome s'espanse nell'universo giungendo alla stella. Sempre. Sempre a quell'eco la stella lasciava il suo canto, illuminava il pianeta. Trascorsero millenni del nostro tempo. Umani millenni finché l'eco più non giunse alla stella. Le creature, che tra loro si chiamavano uomini, immerse nel loro tempo avevano perso la memoria della sua esistenza, con la memoria il suo nome.
Le creature avevano dimenticato.
La dimenticanza avvolse la stella, nube carceriera la costrinse. Non poté che tornare nel suo canto. Tornò, ma sempre cercò uno spiraglio, acuì lo sguardo, sempre sperò che qualcosa la liberasse. Qualcuno. Forse.
Nulla accadde.
Nulla accadde.
Trascorsero terrestri anni di silenzio, di nulla, poi, un attimo.
In un attimo del suo non tempo, la stella s'avvide d'un soffio sottile, sottile come un desiderio che s'alzava fino al suo cielo. Laggiù qualcuno pronunciava il suo nome. Cantilena, preghiera, poesia, chissà.
Sull'eco del soffio si mosse la stella, s'avvicinò al pianeta, guardò: stretta in un involucro una creatura seduta a un tavolo, con tra le dita una penna, dinanzi a un foglio bianco.... la stella avvertì una fitta sconosciuta, proprio lì, al centro della sua luce. Una fitta che s'espandeva fino a raggiungere il pianeta. Pur non sapendo cosa fosse si fece guidare, si fece guidare finché si trovò sospesa in un'atmosfera anch'essa sconosciuta, in un luogo sconosciuto anch'esso. Fu lì che ebbe paura di perdersi..." La stella, affascinata dalla Terra, dalla sua bellezza, sperimenterà, così come le umane creature, la dimenticanza del cielo, delle origini, poi, qualcuno le passerà accanto, una figura esile, quasi fragile, e la stella: " Riconobbe la creatura, era la stessa del soffio, del desiderio, del richiamo. La stella ricordò il motivo della sua venuta..." e fu allora che, in un tempo che sulla terra si fermò facendosi sospeso, la stella prese a narrare al poeta: "La stella narrava. Armonie di spazi celesti in cui tutto è presente sempre, affioravano ai pensieri del poeta. Tutto narrò la stella... tutto si mostrò al poeta, gli si svelarono sì grandi misteri ch'egli stentava a riconoscere se stesso ed i suoi simili.... Soltanto una cosa la stella non disse al poeta, non disse della dimenticanza. Di quella degli uomini. La lasciò alla libertà...".
Marika Guerrini
frammenti tratti da "Massoud l'Afghano il tulipano dell'Hindu Kush" dello stesso autore, Venexia, Roma 2005;
fonte immagine Chome Temporary
frammenti tratti da "Massoud l'Afghano il tulipano dell'Hindu Kush" dello stesso autore, Venexia, Roma 2005;
fonte immagine Chome Temporary
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