mercoledì 11 dicembre 2013

"All'Italia" un melanconico sguardo

... nulla v'è d'imprevisto, non v'è stupore meraviglia sorpresa. Pagine d'ogni tipo d'allerta sono state segnate da tempo. Ma nulla. E non v'è nulla che si possa dire, ora, nulla che non sia stato detto, che non sia stantio, nulla. Resta la poesia dei suoi figli. E non si sa per quanto ancora. Episodi occorsi ieri, oggi, ora, fanno disperare. Episodi come in Sicilia, lì dove liceali hanno fatto irruzione, arrabbiati, in uno di questi supermercati del libro, questi che vanno di moda, questi in cui, sostituito da ogni tipo d'orpello da mercato, l'odore della carta della polvere dell'inchiostro è sparito con il silenzio. Hanno fatto irruzione urlando: bruciate i libri e chiudete le saracinesche! Non il: chiudete le saracinesche, dato il motivo di rivolta, ma il: bruciate i libri. Questo fa male. Questa logica conseguenza della nostra protratta ignoranza che negli anni altro non ha partorito, e continua a partorire, se non ignoranza o pseudo intellettualismi sotto spoglie di pseudo cultura, ché di conoscenza non v'è ombra. Questo fa male.
..." O patria mia, vedo le mura e gli archi 
e i simulacri e l'erme 
torri degli avi nostri,
ma la gloria non vedo,
non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
i nostri padri antichi. Or fatta inerme, 
nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
formosissima donna! Io chiedo al cielo
e al mondo: dite dite;
chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
che di catene ha carche ambo le braccia;
sì che sparte le chiome e senza velo
siede in terra negletta e sconsolata,
nascondendo la faccia
tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
le genti a vincer nata
e nella fausta sorte e nella ria.
    Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive, mai non potrebbe il pianto
adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
che, rimembrando il tuo passato vanto,
non dica: già fu grande, or non è quella?
Perché, perché? dov'è la forza antica,
dove l'armi e il valore e la costanza?
chi ti discinse il brando?
chi ti tradì? qual'arte o qual fatica
o qual tanta possanza
valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
da tanta altezza in così basso loco?
nessun pugna per te? non ti difende
nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo
combatterò, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
agl' italici petti il sangue mio.
    Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
e di carri e di voci e di timballi:
in estranee contrade pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
un fluttuar di fanti e di cavalli,
e fumo e polve, e luccicar di spade
come tra nebbia lampi.
Né ti conforti? e i tremebondi lumi
piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
l'itala gioventude? o numi, o numi:
pugnan per altra terra itali acciari.
Oh misero colui che in guerra è spento,
non per li patrii lidi e per la pia
consorte e i figli cari,
ma da nemici altrui
per altra gente, e non può dir morendo:
Alma terra natia,
la vita che mi desti ecco ti rendo...." Giacomo Leopardi
... altro non v'è da dire.
Marika Guerrini


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