domenica 17 febbraio 2013

l'URLO HAZARA continua

...di nuovo qui, di nuovo ad urlare l'urlo hazara, di nuovo dopo una diretta telefonica interrotta ma non ripristinata, stavolta. Diretta che ci ha lasciati sospesi nell'angoscia dell'inconosciuto. Di nuovo qui a constatare l'inutilità d'ogni segnalazione, d'ogni richiesta, d'ogni umana preghiera, d'ogni appello, compresa la recente lettera voluta da 271 rappresentanti del mondo letterario internazionale, indirizzata ai soliti noti: Ban Ki-moon, Diritti Umani, Obama etc. perché qualcuno fermi il genocidio del Popolo Hazara. Lettera firmata anche da chi scrive, il cui indirizzo occiriente ha già segnalato, che riporta in calce.
Un urlo possente che occiriente accoglie e accompagna dall'aprile del 2012, da prima. Ma a nulla è valso nulla: ieri nella città baluchi, lì a Quetta, nella zona sud ovest dal nome Hazara Town, le strade si sono di nuovo macchiate di sangue, Sangue hazara. Ancora. Una motobomba è esplosa nel mercato principale. Donne, bambini, le vittime in maggior numero, numero ancora oscillante, in crescita, che dava circa 79 morti e 200 feriti venti minuti fa. Tra loro più di 10, ad ora, sono arsi vivi.  Firmatario della strage, il solito l'Lej, ossia Lashkar-e-Jhangvi, a solo un mese e sei giorni dall'ultima strage che aveva falciato oltre cento hazara tra cui molti ragazzi. Stessa città, zona, stessa firma, stesso motivo addotto: settario. Ma ora, oggi, da parecchio ormai, che questo genocidio porti sempre, o quasi, la stessa firma, non interessa il popolo Hazara, non più, come non interessa occiriente. La firma ha perso ogni valore, sia di responsabilità tantomeno di verità. E non interessa più il come, il perché, né v'è alcuna parola, dichiarazione, ammissione che possa placare la rabbia del popolo hazara. Alcuna promessa di protezione che sia governativa o altro. Nessuna rimozione di responsabilità né ammissione di responsabilità, che sia governativa o altro. Quella rabbia che il popolo hazara sta urlando, da troppo e ora, non è metafora, è quel che ieri, poche ore fa, la comunità hazara di Quetta ha fatto: urlato. Ancora una volta urlato. Urlato a chiunque la propria rabbia, chiunque rappresentasse il Governo, la sicurezza, che fosse esponente della classe dirigente e fac-simile.  Quella sacrosanta rabbia che nasce dal dolore, quella di quando il dolore è profondo, disperato e la rabbia esplode possente. Ed è profondo, disperato, il dolore del popolo hazara. 
Da tempo occiriente analizzata i motivi nazionali pakistani ed internazionali, che nelle quinte del teatro baluchi muovono il genocidio degli Hazara. Basta scorrere le sue pagine. Da tempo si pronuncia sui fantomatici, benché effettivi, gruppi "terroristici", sui perché, i per come della loro esistenza, attivazione, formazione, sui perché questi gruppi siano spinti a seminare terrore e morte. Da tempo si esprime su argomenti spesso schivati dai media occidentali perché impopolari o ignorati nella struttura storica della regione, ora occiriente come ha accolto da tempo l'urlo, accoglie la rabbia hazara, l'accoglie e in silenzio l'accompagna. Senza indugio né remore né professionale pudore, ritenendo professionale solo il senso di verità. L'accoglie e l'accompagna pur nella consapevolezza che il gioco, il Grande Gioco, giocato in quella terra ha una tale internazionale portata, segue un tale preciso disegno assetato di potere dalle mille facce, che l'urlo hazara, né alcun altro urlo, potrà fermare, non per ora, benché possente possa essere la sua rabbia, il suo dolore. La loro sacrosanta giustezza.
 Marika Guerrini
foto dal web
http://www.hazarapeople.com/openletter/

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