martedì 27 maggio 2014

Bagram e il Memorial Day

Bagram- Contrasto
... Memorial Day, 25 maggio 2014, Bagram Air Field, Afghanistan 

"E' un ricordo del perché siamo qui" queste le parole, la voce è del presidente degli Stati Uniti d'America, il luogo è un hangar, lì, in Afghanistan, nella base Nato più grande, e un manifesto delle Twin Towers distrutte, sollecita, alle truppe riunite, il ricordo. E noi sappiamo che il compito futuro dell'immagine, la stessa o le simili che verranno, si protrarrà per decine e decine di anni, sarà un novello "per non dimenticare", sarà il tormento degli anni futuri e sarà servo di menzogne e misfatti che l'accompagneranno, mentre la sua presenza li giustificherà.
L'Air Force One partito da Washington, è atterrato a Bagram avvolto dalle tenebre della notte, è giunto senza alcun avviso, alcun avvertimento, senza che alcuno tra chi fosse del seguito presidenziale o dell'equipaggio, avesse potuto comunicare la destinazione, alla partenza come in volo, ma all'arrivo, soltanto. E' questa la modalità dei recenti viaggi presidenziali in zone di guerra, la Casa Bianca non annuncia l'arrivo del presidente, sono solo visite a sorpresa. 
"Per molti di voi questo sarà l'ultimo tour e la guerra americana in Afghanistan arriverà ad una fine responsabile", sì, "guerra americana", è quel che Obama ha detto, lasciando alle parole il loro corso a prescindere dalle intenzioni dell'attore. E poi: "L'impegno dell'America per il popolo afghano resisterà" e: "Dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto, vogliamo conservare i guadagni realizzati in quasi tredici anni di combattimenti, e fare in modo che mai più l'Afghanistan possa essere usato per compiere un attacco al nostro paese". Sul termine "guadagni" si può intendere anche, progressi, ma si sa l'angloamericano non è certo una lingua esatta, del resto non potrebbe essendo ogni Lingua sempre espressione di pensieri e di popoli, ma non vogliamo addentrarci in argomentazioni linguistiche né antropologiche né storiche. 
Poi il pensiero di Obama va anche ai veterani, ai "guerrieri" feriti. E non è un caso visto che negli States è in atto una crescente indignazione circa il trattamento dei veterani in patria, il trattamento dei feriti, il rispetto dei defunti al di là delle retoriche di bandiera. Visto che maggiore controllo è stato chiesto dai cittadini, dalle famiglie delle vittime, controllo sul Dipartimento Affari dei Veterani. Visto che la situazione è critica, molto, e qui a Bagram ci sono le truppe, veterani del futuro, e feriti, e futuri possibili defunti e le famiglie sono in patria, lì, con l'indignazione. E allora il viaggio, e le pacche sulle spalle e i sorrisi e le promesse e le parole di aiuto e giustizia: "Non è solo una promessa" ha detto riferendosi agli aiuti in patria: " E' un obbligo sacro". E ha portato con sé Brad Paisley, cantante e chitarrista country, per il diletto delle truppe in attesa del suo discorso. Quattro ore, solo quattro ore lì a Bagram.
Molti i motivi della visita a sorpresa nella base americana di Bagram, quella tentacolare,  nota per le atrocità, le blasfemie messe in atto da soldati Usa e negate da comandanti Usa del momento. Quella che non si conosce per quel che era, così diversa un tempo Bagram, antica storica città a nord di Kabul. Ma pagine e pagine abbiamo già speso sull'argomento. Il fatto è che Hamid Karzai non c'era, alla kermesse, Hamid Karzai ha declinato l'invito, l'ha capovolto, ha invitato Obama a Kabul, nel suo palazzo, ma Obama ha fatto altrettanto, di rimando ha declinato l'invito con un motivo addotto: "evitare d'essere coinvolto nella politica afghana". No, non una battuta spiritosa, è il "serio" motivo addotto dal presidente degli Stati Uniti, o, forse, una dèfaillance della memoria: sono tredici anni, senza contare la preparazione, che lui e prima il suo collega Bush, altro non hanno fatto in quella terra che intromettersi, guidare, compromettere, deviare, la politica interna a proprio uso e consumo, ad iniziare dalle manovre pro invasione dei taliban, all'elezione I e II di Karzai e ancora e ancora, eppure questo è stato detto, comunicato per telefono a Kabul, dall'Air Force One sulla via di rientro negli States. 
Il ballottaggio delle elezioni in Afghanistan si terrà a metà giugno tra  Abdullah Abdullah, con il 45% dei voti e Ashraf Ghani, con il 31%. Abdullah è favorito da Karzai e dalla sua influente famiglia. Le incognite sono molte, sgradevoli agli Usa, anche, molte. Intanto l'uscente Karzai continua a lasciare interdetto il Governo d'oltre oceano, continua nel rifiuto di firmare l'accordo bilaterale di sicurezza, necessario per mantenere le truppe nel paese dopo il 2014. Motivo questo di irritazione oltre che di ritardo per  gli States, costretti a tenere in sospeso la decisione di restare in Afghanistan, come, con quanti uomini, se. A questo il falso ventilare di Obama  al Pentagono circa un rientro completo, mentre si continua a parlare di 10.000 uomini, forse più, da lasciare nel paese: "L'impegno dell'America per il popolo afghano resisterà", sì l'abbiamo già riportato, lo riportiamo. Ma ancora una dimenticanza: alla mancata firma di Karzai per l'accordo, il governo americano ha dimezzato del 50% gli aiuti civili al paese, quelli "umanitari", oh, sì, sappiamo cosa abbiano comportato e comportino, ma in ogni caso sono facciata. Ricatto, punizione, avvertimento... cosa? 
Intanto tre mesi fa Karzai ha incontrato i taliban, per un trattato di pace, ma gli attentati non sono terminati. Anche questo ovvio data l'ultima natura degli "incidenti" la cui origine, quando non è locale per via d'esasperazione e avversione allo straniero, è ben  diversa da quel che viene denunciato. Ma  anche questa è storia stantia. Intanto i droni  continuano a bombardare e uccidere civili. Intanto il Governo afghano ha minacciato di chiudere Tolo, importante emittente televisiva afghana: trasmette annunci che promuovono accordi di sicurezza con gli Usa, annunci pagati da impresa americana. Intanto nel paese si è manifestato esigendo processi per le continue, ancora, profanazioni del sacro Corano da parte delle truppe ISAF. Intanto all'inizio di quest'anno il tribunale di Kabul ha liberato 72 detenuti sospettati di morte e ferimento di soldati della coalizione Nato: non colpevoli per assenza di prove incriminanti. Anche questo non è piaciuto agli States d'oltre oceano.
Entro mercoledì 28 c.m. si dovrebbe avere notizia circa la firma di Karzai sul contratto, ricordiamo la Lloya Jirga, a suo tempo favorevole, anche qui da capire, in base alla risposta, se ci sarà,  Obama articolerà il discorso di commiato  presso l'Accademia Militare di West Point, New York. 
Cosa accadrà staremo a vedere. Ora ci fermiamo qui, in attesa, ci fermiamo consapevoli che tutto ciò che verrà dichiarato ufficialmente sarà verità solo per il 30% , tutto il resto sarà ben lungi dal volere essere raccontato o conosciuto dagli stessi media. Aspettiamo. 
Marika Guerrini
foto dal Web

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