Eneide, Libro Sesto versi 336-383
Enea con la sacerdotessa Sibilla nella palude Stigia, scorge le anime insepolte.
"...s'arrestò il figlio di Anchise e fermò i passi pensando e commiserando in cuor suo l'iniqua sorte. Ma ecco che si fa avanti Palinuro, il nocchiero da poco caduto da poppa tra le onde, mentre durante la navigazione libica, guardava le stelle. Quando (Enea) nella nera ombra a stento lo riconobbe, per primo così gli parlò: -O Palinuro, quale dio ti ha strappato a noi e ti sommerse nel profondo del mare? Orsù, parla. Apollo, che mai prima d'ora ho trovato bugiardo, col suo responso ha deluso il mio animo, quando ha profetizzato che saresti scampato al mare e saresti giunto sulle terre di Ausonia. E' questa forse la fede promessa? E Palinuro rispose: - Né il tripode di Apollo ti ingannò, o duce figlio di Anchise, né un dio mi sommerse nel mare. Allora, strappato con forza il timone a cui ero aggrappato, che mi era stato dato da custodire e con cui governavo la navigazione, lo trascinai con me. Giuro sui mari tempestosi di non aver mai provato un così grande spavento, tanto per me quanto per la tua nave, che, spogliata degli strumenti e privata del nocchiero avrebbe potuto naufragare allo scatenarsi di così grandi marosi. Noto, il violento, per tre tempestose notti mi trascinò sulle acque degli immensi mari, poi, al primo sorgere della quarta alba, sollevato in cima ad un'onda, scorsi l'Italia. M'avvicinavo lentamente a nuoto alla terra, in salvo l'avevo già raggiunta se col ferro una gente crudele non mi avesse assalito e, ignara non mi avesse giudicato facile preda, gravato com'ero dalla veste bagnata mentre cercavo di afferrare con le mani adunche le aspre sporgenze d' una rupe. Ora mi tiene l'onda e sul lido mi rivoltano i venti. Quindi ti prego, per lo splendore giocondo del cielo e per le brezze, per il genitore e per le speranze di Iulo che cresce, ti invito, strappami da questi mali, ricoprimi di terra e cerca i porti di Velia. Oppure, giacché non credo che ti prepari a traversare così grandi fiumi e la palude Stigia senza la volontà degli dei, segui quel che la divina tua madre ti suggerisce e porgi la destra a un infelice e conducimi con te sulle onde affinché almeno nella morte io possa riposare in una dimora tranquilla.
Enea con la sacerdotessa Sibilla nella palude Stigia, scorge le anime insepolte.
"...s'arrestò il figlio di Anchise e fermò i passi pensando e commiserando in cuor suo l'iniqua sorte. Ma ecco che si fa avanti Palinuro, il nocchiero da poco caduto da poppa tra le onde, mentre durante la navigazione libica, guardava le stelle. Quando (Enea) nella nera ombra a stento lo riconobbe, per primo così gli parlò: -O Palinuro, quale dio ti ha strappato a noi e ti sommerse nel profondo del mare? Orsù, parla. Apollo, che mai prima d'ora ho trovato bugiardo, col suo responso ha deluso il mio animo, quando ha profetizzato che saresti scampato al mare e saresti giunto sulle terre di Ausonia. E' questa forse la fede promessa? E Palinuro rispose: - Né il tripode di Apollo ti ingannò, o duce figlio di Anchise, né un dio mi sommerse nel mare. Allora, strappato con forza il timone a cui ero aggrappato, che mi era stato dato da custodire e con cui governavo la navigazione, lo trascinai con me. Giuro sui mari tempestosi di non aver mai provato un così grande spavento, tanto per me quanto per la tua nave, che, spogliata degli strumenti e privata del nocchiero avrebbe potuto naufragare allo scatenarsi di così grandi marosi. Noto, il violento, per tre tempestose notti mi trascinò sulle acque degli immensi mari, poi, al primo sorgere della quarta alba, sollevato in cima ad un'onda, scorsi l'Italia. M'avvicinavo lentamente a nuoto alla terra, in salvo l'avevo già raggiunta se col ferro una gente crudele non mi avesse assalito e, ignara non mi avesse giudicato facile preda, gravato com'ero dalla veste bagnata mentre cercavo di afferrare con le mani adunche le aspre sporgenze d' una rupe. Ora mi tiene l'onda e sul lido mi rivoltano i venti. Quindi ti prego, per lo splendore giocondo del cielo e per le brezze, per il genitore e per le speranze di Iulo che cresce, ti invito, strappami da questi mali, ricoprimi di terra e cerca i porti di Velia. Oppure, giacché non credo che ti prepari a traversare così grandi fiumi e la palude Stigia senza la volontà degli dei, segui quel che la divina tua madre ti suggerisce e porgi la destra a un infelice e conducimi con te sulle onde affinché almeno nella morte io possa riposare in una dimora tranquilla.
Aveva detto queste parole, quando la veggente così gli rispose:
- Da dove ti giunge, o Palinuro, un così empio desiderio? Come puoi pensare di vedere, insepolto, le acque Stigie, il crudele fiume delle Eumenidi e di raggiungere la riva senza aver ricevuto l'ordine di Caronte? Smettila di sperare che i decreti degli dei si possano mutare pregando. Piuttosto, riconoscente ascolta queste parole a conforto della tua dura sorte. I popoli vicini, infatti, spinti in lungo e in largo per le città da prodigi celesti, cercheranno di placare le tue ossa e innalzeranno un tumulo e sulla tua tomba condurranno vittime sacre e il luogo avrà in eterno il nome di Palinuro.
Rimuovono queste parole gli affanni e scacciano per un po' la tristezza dal cuore. Si rallegra Palinuro per il nome dato alla terra..."
Un attimo d'immersione nei miti degli dei. Qui, al fragore dei marosi rapidi ad imbiancare l'alta costa. Dei marosi forieri del prossimo autunno. Qui dove i delfini ancora s'incurvano nelle acque. E l'eco delle guerre si fa lontano. Un attimo. Un lungo eterno attimo d'immersione. Soltanto.
Marika Guerrini
versi in traduzione originale
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