"...io sono nel coro di chi non vi parla, perché siete nati. Io che nato non sono..."
Mazar-i-Sharif /piazza della Moschea |
La luce era nel cielo, ancora. E l'aria tersa. E il desco preparato per la sera. E silenzio. Una casa come tante laggiù. Piccola, di fango e paglia, non lontana dalla grande moschea. E un piatto di verdure e kebab, lì sul desco, al centro del tappeto. E due cuscini. E un uomo e una donna. Giovani, giovanissimi. Diciotto anni lei ventidue lui. E un bambino, piccolo, invisibile ad occhi esterni, visibile a loro, nell'immagine. Presente in lei, nei loro cuori. Un bambino da far nascere. Poi rombi come di tuoni improvvisi. Come dal nulla. E la terra che trema.
Sta arrivando un temporale, dice Abdul. Si alza Marjan, va alla finestra. Piccola, stretta in quel muro di fango e paglia. Non ci sono nuvole, dice. E torna al desco. Ma il rombo ritorna, vicino, ancora di più e di più. E la terra trema ancora di più e di più. E il tempo si ferma. All'istante. In una frazione di istante finisce. Il tempo finisce per Marjan. Per il suo bambino. Alì, sarebbe stato il suo nome se fosse stato maschio, Sonja se fosse stata femmina.
Non so se sia stato il solo angelo a volare quella sera. M'ha detto Abdul. Ha parlato in dari. Ho capito. Sette anni dopo. Qui, in occidente. Un ragazzo fra tanti che sono giunti poi. Qui, in occidente. Senza più casa né patria. Senza più amore.
Questa è solo una di migliaia di storie saltate in aria da quel sette di ottobre del 2001. Un anno da dover dimenticare se non fosse per il suo quotidiano ripetersi da allora. Moltiplicarsi.
L'occidente nella sua calcolata razionale follia attaccò allora un paese inerme. Dispiegando vili forze di cielo poi di terra. I suoi figli presero a saltare in aria come corpi leggeri sollevati dal vento. E non hanno più smesso.
Marika Guerrini
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